di Stefano Carluccio
Iniziano lunedì i primi incontri tra le presidenze dei gruppi parlamentari della Camera e del Senato e gli avvocati del pool anti-Italicum che hanno promosso il ricorso contro la legge elettorale, in larga parte accolto dalla Corte costituzionale.
Su quali siano i primi gruppi che hanno accettato il confronto c’è, alla vigilia, un impegno di riservatezza. Lo scopo in vista della riforma elettorale è quello di trovare, come auspica il presidente Mattarella, la strada per “armonizzare” le leggi per la formazione delle assemblee di Camera e Senato. Ogni gruppo, subito dopo l’incontro con i legali del pool anti-Italicum, farà un suo comunicato sull’esito della riunione.
Per ora si sa che sono quattro i primi gruppi in calendario, di cui tre della Camera e uno del Senato.
Tra questi, un gruppo della maggioranza di governo e tre dell’opposizione. Un giro di “consultazioni extraparlamentari” che intende evitare che nella fretta si finisca per varare una nuova legge elettorale che ripeta gli errori compiuti dopo il Porcellum da cui nacque l’Italicum, anch’esso bocciato dalla Consulta.
Inoltre una “spada di damocle” pende sulla riforma elettorale: la convocazione tra febbraio e marzo di ben otto nuove udienze da parte dei Tribunali Civili di Roma, Bari, Lecce, Potenza, Brescia, Trento, Salerno e Catania, tutte città capoluogo dei distretti di Corte d’Appello. Udienze che potrebbero concludersi con nuove ordinanze di rinvio dell’Italicum alla Consulta, contro le altre parti su cui la Corte non si è espressa.
A questo punto, secondo il regolamento della Camera (art. 108), la Commissione Affari Costituzionali dovrebbe tenerne conto nell’ iter di avvio di riforma elettorale in Parlamento, per esaminare le eccezioni di costituzionalità, anche da parte di uno solo degli otto Tribunali con udienza già fissata.
Di qui l’avviso del pool degli avvocanti anti-Italicum ai gruppi parlamentari: “Se si continua a confezionare leggi in fretta - dice Felice Besostri, l’avvocato che ha coordinato il ricorso alla Corte costituzionale - e leggi confezionate su misura secondo il momento politico, noi faremo il terzo ricorso che vinceremo. Meglio riflettere, quindi, sui cardini di costituzionalità già indicati per la seconda volta dalla Consulta. E tenere conto delle altre osservazioni che saranno oggetto dell’esame di otto Tribunali che si pronunceranno nei prossini sessanta giorni. E potrebbero inviare nuove Ordinanze alla Consulta su altri punti controversi”, sottolinea.
Besostri guiderà da lunedì la delegazione che con gli avvocati Anna Falcone, Pietro Adami, Giuseppe Sarno, Michele Ricciardi, incontrerà i primi gruppi parlamentari. La proposta di ragionare assieme è stata comunque estesa anche ai segretari di partito. Finora hanno risposto in due: Ferrero (Rifondazione) e Fratoianni (Sinistra Italiana). “Aspettiamo Renzi”, aggiunge.
Ironico? “No. Sono molto serio. Abbiamo scritto a tutti. Siamo a disposizione di tutti. E proprio l’incontro con Renzi mi pare con tutta evidenza molto significativo. Se accetta di incontrarci”.
Sono sei i punti segnati negli appunti pronti per gli incontri.
“Le leggi elettorali non si fanno con procedure speciali come quelle utilizzate dal governo che ha posto il voto di fiducia. In materia elettorale e costituzionale le leggi devono essere varate con procedura normale. Questo va ricordato ai partiti subito”.
Poi si passa dal metodo ai principi, che verranno ribaditi ai parlamentari a soli fini collaborativi:non vogliamo imporre un nostro punto di vista, ma solo dialogare..
“Il voto è sempre diretto. La Costituzione fa divieto di vincolo di mandato, il voto è sempre personale e uguale, così come uguali sono i diritti dell’elettorato passivo, dei candidati”.
Quali sono ancora i punti scivolosi, a vostro parere, in una riforma elettorale in questa situazione?
“Il premio di maggioranza è dinamite, per chi lo maneggia. E’ accaduto persino all’Avvocatura dello Stato, la controparte nella vertenza davanti alla Corte Costituzionale. Proprio gli Avvocati del Governo, che si è opposto al ricorso, replicando alla nostra obiezione sul sacrificio della rappresentanza che il maggioritario determina, soprattutto in presenza anche di uno sbarramento di accesso, hanno inciampato sul principio del cosiddetto mandato imperativo che la Costituzione vieta. Infatti, abbiamo osservato, “perchè il premio di maggioranza è previsto fino a quota 340 deputati, se per avere una maggioranza bastano 316 seggi?”. L’Avvocatura dello Stato ha risposto che la differenza in più non costituiva un problema poiché ogni deputato, una volta in Parlamento, può votare secondo coscienza, cioè come gli pare. “Allora abbiamo chiesto - ricorda Besostri - a che servono tutti questi deputati in premio? Non certo a garantire il governo, se ognuno poi vota come vuole, senza mandato imperativo”. Si imponeva cioè una sofferenza inutile al principio di rappresentanza senza assicurare governabilità. Una contraddizione che lascia un problema aperto. Questa sofferenza va tolta. Ma grazie anche all’Avvocatura dello Stato, questa contraddizione è stata involontariamente resa ancor più chiara. E decisiva per l’abolizione del ballottaggio”.
Al punto 3, “Capilista bloccati”. Non è sufficiente il sorteggio per ripristinare il rapporto con il collegio elettorale, sottraendolo così dall’arbitrio della scelta dell’eletto?
“Assolutamente no. Il voto è personale e non può ammettere che se ad esempio io intendo dare la preferenza a un candidato in lista, automaticamente il mio voto si “trasmette” al capolista che non intendo votare, ma che è “in allegato” al simbolo della lista. Non intendo votare il capolista, ma il candidato “x”. Tuttavia, il mio voto va a finire anche chi non ho votato. Il capolista non è eletto quindi sulla base di un voto personale. E questa è una violazione di un principio costituzionale. Proprio su questi altri punti si attendono decisioni, che la sentenza della Consulta ha reso più facili.. La partita non è ancora finita”.
Perché non sarebbe un cavillo questo rilievo? Nella riforma elettorale che incidenza potrebbe avere in pratica?
“Aggiungo che in un sistema elettorale costituzionale non sono obbligatorie le preferenze. Si può votare anche un unico candidato per collegio. Ma questo significa che se il concorrente vince, chi perde resta fuori. Ecco allora che il capolista bloccato è in realtà un candidato uninominale portato a spalla dai candidati in coda di lista. Le preferenze in realtà sono così uno specchietto per elettori-allodole”.
Quindi che devono fare i gruppi?
“Eliminare i capilista bloccati se vogliono le preferenze. Sennò meglio i collegi uninominali. Gli elettori non sono, appunto, allodole”.
Contestate anche la varietà di soglie per l’accesso al Parlamento tra Camera e Senato, tra lista e coalizione.
“Certamente questa varietà rende il voto diseguale. E questo è contrario al principio del voto uguale e personale previsto dalla Costituzione. Infatti a parità di risultato elettorale, una lista alla Camera e al Senato vede entrare i propri eletti da una soglia del 3 per cento alla Camera ad una dell’8 per cento al Senato. Significa che fino a da partire 25 anni (età per votare per il Senato, ndr) i voti non sono uguali agli altri. Ma serve una differenza del 5 per cento in più di elettori ultra-venticinquenni per avere un risultato di eletti che sia in equilibrio con quello della Camera. E’ questa una “disarmonia” tra Camera e Senato (riconfermato dal No al referendum) che penalizza la rappresentanza e ancora una volta la governabilità”.
Per le coalizioni?
“L’ ingiusta rappresentanza è moltiplicata per 20 (soglia di accesso al Senato per le coalizioni, ndr)
Punto 5. “Liste alla Camera e Coalizioni al Senato”. Che signfica?
“Al Senato restano previste le coalizioni, ma per formarle non ci sono più norme applicabili, perché la loro costituzione rinvia agli articoli 14, 14 bis e 15 del DPR 361/1957 che regolano la formazione delle coalizioni alla Camera e che non ci sono più dal 2015, cioè da quando la Legge 52 le esclude! I gruppi parlamentari, quindi, facciano attenzione ai “cavilli”. Questi si possono cambiare, ma l’impianto della nuova legge deve risultare coerente in se stesso e con la Costituzione”.
Infine chiedete il riequilibrio della rappresentanza di genere tra Camera e Senato.
“Al Senato le circoscrizioni sono regionali, dunque assai ampie per un solo candidato, cui dare la preferenza. Alla Camera invece 100 circoscrizioni sono più piccole e battute da candidati in coppia, uomo e donna. Questo viola il diritto di uguaglianza dell’elettore passivo al Senato rispetto a quello della Camera. Il candidato al Senato ha una campagna elettorale più difficile e costosa di quella del candidato alla Camera che ha il vantaggio dell’abbinamento e di un collegio elettorale più piccolo”.
Ecco dunque in breve un’anticipazione della scaletta già pronta e che il pool anti-Italicum presenterà ai gruppi per “armonizzare” Camera e Senato, come chiede il Presidente Mattarella. “Come si vede - dice Besostri - le questioni sul tappeto per gli otto Tribunali, che hanno già convocato le udienze sul ricorso contro l’Italicum, non mancano. Basta che un solo Giudice invii alla Consulta una nuova Ordinanza di rinvio per l’esame di costituzionalità su uno di questi punti e il lavoro di riforma in Parlamento ne deve tener conto e se la Corte Costituzionale fissasse una nuova udienza persino interrompersi.. Quindi è impossibile procedere con fretta per definire le norme che regolano il processo di formazione della rappresentanza popolare nell’ordinamento dello Stato".
Un’ultima osservazione: "Certamente l’art. 88 della Costituzione consente al Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Ma sarebbe una forzatura sciogliere il solo Senato dove la maggioranza è più labile, perché la maggioranza alla Camera è il frutto di una legge elettorale incostituzionale e applicata anche dopo la sentenza del 2014 sul Porcellum, per fare surroghe ”.
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