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lunedì 22 luglio 2013

Corte Costituzionale: sentenza n. 203 del 18 luglio 2013 (Congedo per i parenti o affini di terzo grado)

 ECCO LA SENTENZA N. 203/2013
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Franco GALLO; Giudici : Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nel procedimento vertente tra F.U. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 7 novembre 2012, iscritta al n. 5 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 il Giudice relatore Marta Cartabia.

Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza del 7 novembre 2012, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
L’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» prevede, nel testo in vigore, che: «Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».
Ad avviso del Tribunale rimettente, la norma contrasterebbe con i citati parametri costituzionali «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata».
1.1.– Il giudizio principale ha a oggetto il ricorso promosso da F.U., assistente capo di Polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Palmi, contro due decreti del Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Direzione generale del personale e della formazione.
Con il primo decreto l’amministrazione ha rigettato l’istanza di trasferimento, presentata da F.U., ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per poter assistere il proprio zio materno S.A., nominato nel 1985 protutore e fattosi carico del mantenimento del ricorrente, rimasto orfano, con lui convivente. La domanda di annullamento di questo primo decreto è stata definita con sentenza parziale.
Con il secondo decreto l’ufficio dell’organizzazione delle relazioni del personale e della formazione del Ministero della giustizia aveva annullato ex tunc due provvedimenti con i quali il ricorrente era stato collocato in congedo straordinario per assistenza a disabile in situazione di gravità per un totale di 120 giorni. Con lo stesso decreto era stata disposta nei confronti del sig. F.U. la contestuale decadenza da ogni trattamento economico.
L’istanza è stata rigettata, afferma il TAR, innanzitutto, per il fatto che S.A. non era il padre, come affermato dal ricorrente, ma il marito della sorella della madre; in secondo luogo, poiché S.A., essendosi rivelato lo zio, non rientrava nel novero dei congiunti disabili, per i quali l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 prevede il beneficio del congedo straordinario a favore del lavoratore che con lui convive.
Il sig. F.U. afferma di aver utilizzato l’appellativo di padre e non di zio per un’abitudine basata su un legame affettivo rafforzato dalle particolari vicende della sua vita, e comunque sottolinea che la diversità dei cognomi escludeva ogni possibilità di equivoco per l’amministrazione. Ciò premesso sostiene che la particolare posizione di S.A. potrebbe farsi rientrare nell’ambito dei soggetti individuati dall’art. 42 del d.lgs. n. 151 del 2001, tenuto conto anche del fatto che nessun altro familiare può farsi carico dell’assistenza dello zio. In subordine, il ricorrente eccepisce l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 per violazione degli artt. 2, 3, 29 e 32 Cost.
2.– Il Tribunale rimettente, premesso che gli elementi evidenziati nel ricorso inducono a ritenere che vi sia stato un involontario errore materiale, indotto dalle particolari vicissitudini della sua vita, non aderisce alla proposta del ricorrente secondo cui dovrebbe essere accolta un’interpretazione estensiva della disposizione richiamata, in modo da ricomprendere, tra i soggetti che possono fruire del beneficio, in assenza di parenti o affini espressamente inclusi nel comma 5 dell’art. 42, anche i nipoti conviventi. Tale beneficio, infatti, determinerebbe una deroga rispetto alla disciplina generale del rapporto di lavoro, cosicché le ipotesi di congedo straordinario retribuito contemplate dalla legge sarebbero da considerarsi tassative.
Esclusa la possibilità di una interpretazione estensiva, capace di portare all’ammissione di detto beneficio a favore di un ulteriore soggetto non previsto ex lege, il Tribunale ritiene che sussistano i presupposti per dubitare della legittimità costituzionale della norma in esame.
2.1.– Il giudice a quo ravvisa la rilevanza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in quanto la pretesa azionata dal ricorrente deve essere esaminata necessariamente in riferimento alla disposizione censurata che – così come formulata e stante l’impossibilità di attribuirle un significato diverso e più ampio – non gli consentirebbe di mantenere il congedo parentale retribuito, espressamente previsto solo per coniuge, genitore, figlio, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, laddove il provvedimento impugnato si regge proprio sulla mancata inclusione del nipote (affine di terzo grado in via collaterale) nel novero dei lavoratori legittimati.
Il TAR precisa, inoltre, che il testo dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 nella sua formulazione attuale non contiene, con riguardo ai soggetti legittimati a chiedere il congedo, previsioni rilevanti in relazione alla posizione del ricorrente nemmeno in seguito all’inserimento, tramite il decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), dei commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies, finalizzati a recepire gli interventi additivi della Corte costituzionale.
Alla luce di tale quadro normativo, il giudice a quo ritiene che il ricorso dovrebbe essere rigettato, conseguendone la rilevanza della prospettata questione di costituzionalità.
2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente osserva che la disposizione impugnata viola gli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, Cost.
Il TAR ricorda che la Corte costituzionale, con le sentenze n. 233 del 2005, n. 158 del 2007 e n. 19 del 2009, ha esteso il novero dei soggetti legittimati al beneficio, sottolineando che la ratio dell’istituto in esame consiste essenzialmente nel favorire l’assistenza al disabile grave in ambito familiare e nell’assicurare continuità nelle cure e nell’assistenza.
3.– Alla luce di tali premesse, secondo il giudice, l’esclusione del nipote convivente del disabile dal novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo, previsto dall’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, in mancanza di altre persone idonee ad occuparsi dello stesso, contrasterebbe, in primo luogo, con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa, una volta che siano insorte malattie, come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le relative cure e l’assistenza più opportuna.
In secondo luogo, sempre ad avviso del giudice a quo, detta esclusione violerebbe l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’adempimento dei medesimi, nonché, in terzo luogo, l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, tale assistenza permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione nell’ambito del nucleo familiare. A parere del giudice rimettente, dalla lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost. emergerebbe una legittimazione della famiglia nel suo insieme a divenire strumento di assistenza del disabile.
In quarto luogo, secondo il TAR, sussiste anche la violazione dell’art. 118, quarto comma, Cost., inteso come espressione del principio di sussidiarietà orizzontale. Una lettura combinata degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. indurrebbe, infatti, a valorizzare la famiglia anche come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». In quest’ottica l’attuale formulazione dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fissando in modo rigoroso e restrittivo i soggetti lavoratori che possono fruire del congedo straordinario, frustrerebbe quella prospettiva sussidiaria e dinamica nella quale, a parere del giudice a quo, si è andata inserendo a pieno titolo anche la famiglia.
In quinto luogo, appaiono violati anche gli articoli 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità.
Infine, il TAR rileva anche la violazione dell’art. 3 Cost., poiché «di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria».
4.– In conclusione, il Tribunale ritiene che il rispetto dei medesimi principi costituzionali esige che la norma sia emendata con una previsione di chiusura, operante in via residuale, tale che, in mancanza dei parenti e degli affini già annoverati nel testo normativo, si consenta ad altro parente o affine convivente di fruire del congedo straordinario. In via subordinata, solleva la questione di legittimità costituzionale limitatamente al mancato riconoscimento del beneficio del congedo straordinario agli affini di terzo grado conviventi (ai quali peraltro è consentito fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992).
5.– Il Presidente del Consiglio dei Ministri non è intervenuto in giudizio.

Considerato in diritto
1.– Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», ovvero, solo in via subordinata, «nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona» in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, quarto comma, nonché 4 e 35 della Costituzione.
Ad avviso del giudice rimettente, infatti, la norma censurata si porrebbe in contrasto con l’art. 32 Cost., poiché la tutela del diritto alla salute va intesa come predisposizione degli strumenti necessari per rendere possibili le cure e l’assistenza più opportuna; con l’art. 2 Cost., in quanto esso, nel richiedere il rispetto dei doveri inderogabili di solidarietà, implica la conseguente messa a disposizione di misure che consentano l’esercizio dei medesimi; con l’art. 29 Cost., poiché l’assistenza rappresenta anche una forma di tutela della famiglia e i soggetti ammessi a fruire del congedo sono tutti in rapporto di parentela con la persona affetta da patologie. Del resto, l’assistenza prestata da parenti e affini conviventi permette al soggetto bisognoso di cure la sua più piena e duratura integrazione in ambito familiare. A parere del giudice a quo, in virtù di una lettura combinata degli artt. 2, 29 e 32 Cost., la famiglia costituirebbe un ambito privilegiato di assistenza del disabile, anche alla luce del combinato disposto degli artt. 29 e 118, quarto comma, Cost. in base al quale andrebbe valorizzata la famiglia intesa come «strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale». La norma in questione contrasterebbe anche con gli artt. 4 e 35 Cost., poiché il congiunto del disabile, per poter garantire a quest’ultimo cure ed assistenza, è costretto a rinunciare alla propria attività lavorativa o a ridurne il numero di ore, o a sceglierne una diversa, maggiormente compatibile con detta finalità; infine, sarebbe leso anche l’art. 3 Cost., poiché di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma e ad una pari esigenza di tutela della salute psico-fisica della persona affetta da handicap grave e di promozione della sua integrazione nella famiglia, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria.
2.– Il TAR rimettente sottopone all’esame di questa Corte una richiesta di pronuncia additiva, volta a colmare una lacuna nella legislazione, ritenuta contraria ai principi costituzionali invocati. Due sono le questioni prospettate, in via gradata, dal giudice a quo.
2.1.– La prima mira ad una declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata «nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario».
Tale questione non può essere considerata ammissibile, in ragione del fatto che esigerebbe dalla Corte una pronuncia volta ad introdurre nella disposizione impugnata una previsione di chiusura, di contenuto ampio e indeterminato, in quanto mirante ad estendere la fruibilità del congedo straordinario ad una platea indefinita di soggetti.
La questione va dichiarata, pertanto, inammissibile.
Come questa Corte ha già avuto modo di evidenziare in altri giudizi analoghi per oggetto, una tale questione, oltre ad eccedere dai limiti della rilevanza nel caso di specie, avrebbe un petitum indeterminato e chiederebbe alla Corte un intervento additivo, in assenza di una soluzione costituzionalmente necessitata (sentenza n. 251 del 2008 su oggetto diverso, ex plurimis, sentenze n. 301 e n. 134 del 2012, n. 16 del 2011, n. 271 del 2010, ordinanze n. 138 e n. 113 del 2012).
2.2.– La seconda questione, avente ad oggetto il medesimo art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, debitamente accertata, è fondata.
3.– Per un adeguato inquadramento della questione sollevata, occorre, preliminarmente, ricostruire la ratio legis dell’istituto del congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, alla luce dei suoi presupposti e delle vicende normative e giurisprudenziali che lo hanno caratterizzato.
3.1.– Il congedo straordinario oggi all’esame di questa Corte costituisce uno sviluppo o, meglio, una gemmazione di analoga provvidenza, originariamente prevista dall’art. 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città). La suddetta disposizione, al comma 2, ha riconosciuto per la prima volta ai lavoratori dipendenti pubblici e privati la possibilità chiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale il dipendente conserva il posto di lavoro, senza diritto alla retribuzione. Detta previsione è tuttora in vigore.
Successivamente, l’art. 80, comma 2, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2001), ha aggiunto all’art. 4 della legge n. 53 del 2000 il comma 4-bis in base al quale i genitori, anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata, hanno diritto a fruire del congedo previsto all’art. 4, comma 2, percependo un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione.
In tal modo, dalla previsione generale del congedo straordinario non retribuito, per gravi motivi familiari, di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000, è derivato un analogo, ma autonomo, congedo per l’assistenza a persone in situazione di handicap grave, assistito dal diritto di percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, nonché coperto da contribuzione figurativa e fruibile alternativamente da parte dei genitori (anche adottivi, o, dopo la loro scomparsa, da uno dei fratelli o delle sorelle conviventi) lavoratori, dipendenti pubblici o privati, i cui figli si trovassero in situazione di disabilità grave da almeno cinque anni, ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).
A seguito dell’emanazione del d.lgs. n. 151 del 2001, l’istituto del congedo straordinario fu inserito al comma 5 dell’art. 42, rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» e, con la modifica operata dall’art. 3, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il beneficio fu riconosciuto a prescindere dal presupposto della permanenza da almeno cinque anni della situazione di disabilità grave.
3.2.– Giova ancora ricordare che il congedo straordinario per l’assistenza a persone portatrici di handicap grave, così come si è venuto configurando a seguito dei ripetuti interventi del legislatore fin qui ricordati, è stato più volte portato all’esame di questa Corte che, con successive pronunce, ha progressivamente ampliato il novero dei soggetti aventi diritto al beneficio.
Ad un primo vaglio della problematica, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, nella parte in cui non prevedeva il diritto di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi con un disabile grave di fruire del congedo straordinario ivi indicato, nell’ipotesi in cui i genitori fossero impossibilitati a provvedere all’assistenza del figlio affetto da handicap, perché totalmente inabili (sentenza n. 233 del 2005).
In una seconda occasione, è stata poi dichiarata l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione, nella parte in cui non includeva, in via prioritaria rispetto agli altri congiunti già indicati dalla norma, il coniuge convivente della persona in situazione di disabilità grave (sentenza n. 158 del 2007).
Da ultimo, l’illegittimità costituzionale ha colpito la medesima disposizione nella parte in cui non includeva nel novero dei soggetti beneficiari il figlio convivente, anche qualora questi fosse l’unico soggetto in grado di provvedere all’assistenza della persona affetta da handicap grave (sentenza n. 19 del 2009).
3.3.– Successivamente alle ricordate decisioni della Corte costituzionale, il legislatore è intervenuto nuovamente nella materia dei congedi spettanti per l’assistenza a persone con disabilità grave, in sede di attuazione della delega contenuta nell’art. 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro). Tale delega è stata attuata dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 119 (Attuazione dell’articolo 23 della legge 4 novembre 2010, n. 183, recante delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi), in particolare dagli artt. 3 e 4.
Il testo oggi in vigore dell’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 119 del 2011, ha ampliato la platea dei soggetti a cui tale diritto è riconosciuto, recependo gli interventi della giurisprudenza costituzionale succedutesi in questi anni, poco sopra ricordati, ma altresì individuando un rigido ordine gerarchico tra i possibili beneficiari, che non può essere alterato in base ad una libera scelta della persona disabile.
Va ricordato che il d.lgs. n. 119 del 2011 ha inciso anche sugli istituti indiretti della retribuzione, che in passato erano riconosciuti anche in relazione ai periodi di fruizione del congedo, stabilendo che il periodo straordinario di congedo non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto. Il legislatore ha inoltre stabilito un tetto massimo all’indennità dovuta al lavoratore e alla relativa contribuzione figurativa. D’altra parte il datore di lavoro privato detrae l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti.
In tal modo, lo Stato eroga una provvidenza sociale in forma indiretta, sostenendo gli oneri relativi al congedo straordinario retribuito, che consentono al lavoratore di farsi carico dell’assistenza di un parente disabile grave, percependo un’indennità commisurata alla retribuzione.
3.4.– Da quanto fin qui esposto, si può osservare che l’istituto dei congedi per assistere familiari portatori di handicap grave ha subito una profonda trasformazione, sotto un duplice profilo: il primo riguarda gli aspetti economici e il secondo i soggetti destinatari della norma.
Sotto il primo profilo, la disposizione impugnata, nel testo oggi in vigore, delinea un beneficio che assicura al lavoratore una entrata per tutto il periodo in cui è esonerato dall’attività lavorativa; detta indennità è commisurata all’ultima retribuzione percepita, anche se non del tutto coincidente con la stessa, entro un tetto massimo annuale e per una durata non superiore ai due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa; d’altra parte, l’onere economico non resta totalmente a carico del datore di lavoro, in particolare di quello privato, il quale a sua volta lo deduce dagli oneri previdenziali. In tal modo il legislatore ha istituito una forma indiretta o mediata di assistenza per i disabili gravi, basata sulla valorizzazione delle espressioni di solidarietà esistenti nel tessuto sociale e, in particolare, in ambito familiare, conformemente alla lettera e allo spirito della Costituzione, a partire dai principi di solidarietà e di sussidiarietà di cui agli artt. 2 e 118, quarto comma, Cost. Il legislatore ha inteso, dunque, farsi carico della situazione della persona in stato di bisogno, predisponendo anche i necessari mezzi economici, attraverso il riconoscimento di un diritto al congedo in capo ad un suo congiunto, il quale ne fruirà a beneficio dell’assistito e nell’interesse generale. Il congedo straordinario è, dunque, espressione dello Stato sociale che si realizza, piuttosto che con i più noti strumenti dell’erogazione diretta di prestazioni assistenziali o di benefici economici, tramite facilitazioni e incentivi alle manifestazioni di solidarietà fra congiunti.
Sotto il secondo profilo, il congedo straordinario di cui si discute, benché fosse originariamente concepito come strumento di tutela rafforzata della maternità in caso di figli portatori di handicap grave e sia tuttora inserito in un testo normativo dedicato alla tutela e al sostegno della maternità e della paternità (come recita il titolo del d.lgs. n. 151 del 2001), ha assunto una portata più ampia. La progressiva estensione del complesso dei soggetti aventi titolo a richiedere il congedo, operata soprattutto da questa Corte, ne ha dilatato l’ambito di applicazione oltre i rapporti genitoriali, per ricomprendere anche le relazioni tra figli e genitori disabili, e ancora, in altra direzione, i rapporti tra coniugi o tra fratelli.
Al fine di adeguare le misure di assistenza alle emergenti situazioni di bisogno e alla crescente richiesta di cura che origina, tra l’altro, dai cambiamenti demografici in atto, questa Corte ha ritenuto che il legislatore avesse illegittimamente trascurato quelle situazioni di disabilità che si possono verificare in dipendenza di eventi successivi alla nascita o in esito a malattie di natura progressiva o, ancora, a causa del naturale decorso del tempo. Anche per tali situazioni, come nel caso di figli portatori di handicap, vale il principio che la cura della persona disabile in ambito familiare è in ogni caso preferibile e, ciò che più rileva, più rispondente ai principi costituzionali, indipendentemente dall’età e dalla condizione di figlio dell’assistito (sentenza n. 158 del 2007).
Nella sua formulazione attuale, dunque, il congedo straordinario di cui all’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, fruibile per l’assistenza delle persone portatrici di handicap grave, costituisce uno strumento di politica socio-assistenziale, basato sia sul riconoscimento della cura prestata dai congiunti sia sulla valorizzazione delle relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale, di cui la famiglia costituisce esperienza primaria, in attuazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
3.5.– Del resto, tale evoluzione si pone in linea con i principi affermati nella giurisprudenza di questa Corte, la quale ha da tempo chiarito che la tutela della salute psico-fisica del disabile postula anche l’adozione di interventi economici integrativi di sostegno delle famiglie «il cui ruolo resta fondamentale nella cura e nell’assistenza dei soggetti portatori di handicap» (sentenze n. 19 del 2009, n. 158 del 2007 e n. 233 del 2005), tra cui rientra anche il congedo in esame.
Sottolineando l’essenziale ruolo della famiglia nell’assistenza e nella socializzazione del soggetto disabile (ex plurimis sentenza n. 233 del 2005, che si richiama a principi già affermati sin dalle sentenze n. 215 del 1987 e n. 350 del 2003), la Corte vuol mettere in rilievo che una tutela piena dei soggetti deboli richiede, oltre alle necessarie prestazioni sanitarie e di riabilitazione, anche la cura, l’inserimento sociale e, soprattutto, la continuità delle relazioni costitutive della personalità umana.
4.– Alla luce dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sin qui esposta, della ratio legislativa che ne è emersa e, soprattutto, dei principi costituzionali che il congedo straordinario concorre ad attuare, consegue la fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente – nonché, per evidenti motivi di coerenza e ragionevolezza, gli altri parenti e affini più prossimi all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado – in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine di priorità, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, Cost.
La limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente può infatti pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, allorché nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso. La dichiarazione di illegittimità costituzionale è volta precisamente a consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico.
D’altra parte occorre ricordare che il congedo straordinario di cui si discute è fruibile solo per l’assistenza alle persone portatrici di handicap in situazione di gravità debitamente accertata ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, cioè a quelle che presentano una minorazione tale da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
Infine, non è superfluo rammentare che il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile, ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
Di conseguenza, l’ordinamento già assicura un rilievo giuridico ai legami di parentela e di affinità entro il terzo grado a determinati fini legati alla cura e all’assistenza di persone disabili gravi, qualora si verifichino alcune condizioni, che sono del tutto assimilabili a quelle stabilite dal legislatore per la fruizione del congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001, cioè a dire che la persona disabile sia in situazione di gravità accertata, non sia ricoverata a tempo pieno e esclusivamente in caso di mancanza, decesso o patologie invalidanti di parenti o affini più prossimi. Né si può comprendere perché il riconoscimento dell’apporto dei parenti e degli affini entro il terzo grado all’assistenza dei disabili gravi debba essere circoscritto ai permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104 del 1992; tale asimmetria normativa costituisce un ulteriore argomento a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’omessa menzione di tali soggetti tra quelli legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato nella disposizione impugnata.
5.– Restano assorbiti gli altri motivi di censura.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto, e alle condizioni ivi stabilite, il parente o l’affine entro il terzo grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave.
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32, 35 e 118, quarto comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, nella parte in cui «in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona con handicap in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario», con ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2013.
F.to:
Franco GALLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI
 
fonte: Corte Costituzionale

mercoledì 17 luglio 2013

Tar Abruzzo – Sentenza n. 710 del 11 luglio 2013

ECCO LA SENTENZA N. 00710/2013 REG.PROV.COLL. - N. 00565/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 565 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Davide Angrilli, Silvia Barracchini, Barbara Bernardone, Maura Bonanni, Maria Orsola Boschiero, Sabrina Brandiferro, Laura Caronna, Antonio Domenico Caruso, Costantina Chessa, Ada Ciampini, Paola Silvana Cianciosi, Mariano Cifone, Giorgio Colantonio, Benedetta Colella, Daniela Colella, Domenica Coletti, Brigida Cristallo, Anna Maria De Arcangelis, Rosanna De Nobile, Maria De Sanctis, Ernesta De Simone, Liliana De Vincentiis, Raffaella Giovanna Maria Dell'Erede, Rosanna Di Berardino, Emanuela Di Fabio, Tiziana Di Fabio, Francesco Di Girolamo, Anna Rita Di Paolo, Nicola Faraone, Rita Fazio, Marina Fiacchi, Elisabetta Filograsso, Cristina Freund, Assunta Fusco, Rossana Gentilini, Annelisa Giansante, Concetta Maria Giuliante, Nadia Graziani, Maria Italia, Cinzia Lely, Roberta Leone, Federica Lizzi, Valeria Maiorani, Elvira Mancini, Maura Massari, Giovanni Mastronardi, Colomba Mazza, Alessandra Camilla Medoro, Remo Michelangeli, Pamela Nardicchia, Manuela Nerone, Carlo Niscola, Fabiola Ortolano, Maria Pacchione, Elvira Pagliuca, Nicla Pantoli, Gabriella Paolucci, Tiziana Patriarca, Floriana Peracchia, Rossana Petricola, Fausta Pietrolungo, Giuseppina Pimpini, Maria Cristina Proia, Pasqualina Quaglieri Tonelli, Carlo Quartapelle, Sabatino Quieti, Ines Ricci, Antonino Scutti, Lucia Sinibaldi, Francesca Tempesta, Manuela Trapasso, Pietro Trematore, Margherita Trua, Maria Emilia Uras, Livia Valletta, Margherita Verratti, Paola Visone, Giuseppina Volpe, Maria Paola Valeria Zaino, Paola Zolfo, Antonella Zuccarini, rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Colagrande, con domicilio eletto presso Roberto Avv. Colagrande in L'Aquila, via Ulisse Nurzia 26 - Pile;
contro
Ministero Dell'Istruzione Dell'Universita' E Della Ricerca - Ufficio Scolastico Regionale Per L'Abruzzo -, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico;
nei confronti di
Achille Volpini, rappresentato e difeso dagli avv. Giuseppe Gliatta, Giulio Guidarelli, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in L'Aquila, via Salaria Antica Est; Maristella Fortunato, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Sanino, Fabrizio Viola, Francesco Camerini, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, via Garibaldi,62; Elena Marullo, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Camerini, Mario Sanino, Fabrizio Viola, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, via Garibaldi,62; Antonella Sanvitale, rappresentato e difeso dagli avv. Fabrizio Viola, Mario Sanino, Francesco Camerini, con domicilio eletto presso Francesco Avv. Camerini in L'Aquila, via Garibaldi,62; Sandra Renzi, Ivana Marroncelli, Daniela Marsibilio, Maria Venuti, Pierluigi Bandiera, Monica Di Marcello, Sabrina Del Gaone, Adriana Pisciella, Angela Pallini, Paola Angeloni, Rossella Rodorico, Irene Frida Consiglia Vizzarri, Mauro Scorrano, Nicoletta Paolini, Giuliano Perilli, Angela Mancini, Emanuela Salvischiani, Giovanna Maria Santini, Raffaella Cocco, Daniela Morgione, Angela Potenza, Fabiana Iacovitti, Daniela Bianco, Carlo Cappello, Angela Serafini, Emilia Galante, Fausta Vivarelli, Maria Teresa Vitale, Silvia Recchiuti, Maria Letizia Fatigati, Silvana Romeo, Ester Castaldo, rappresentati e difesi dagli avv. Vincenzo Cerulli Irelli, Emanuela Stipa, con domicilio eletto presso Tullio Avv. Buzzelli in L'Aquila, via San Basilio, 3; Maria Chiara Marola, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Colagrande, con domicilio eletto presso Maria Avv. Colagrande in L'Aquila, via Colle Pretara, 33/B; Clara Moschella, Grazia Angeloni, Agata Nonnati, Maria Grazia Angelini, Anna Elisa Barbone, Vincenza Medina, Antonella Conio, Liberata Colanzi, Gabriella Liberatore, Renzina Ciocca, Alessandro Battistella, Maria Pia Lentinio, Eleonora Magno, Simona Marinelli, Mariella Centurione, Maria Teresa Marsili, Daniela Massarotto, Iside Lanciaprima, Maria Assunta Michelangeli, Mirella Orlandi, Patrizia D’Ambrosio, Marco De Marinis, Maria Paola De Angelis, Eleonora Dell’Oso, Rossella Di Donato, Rosanna D’Aversa, Nadia Di Gaspare, Manuela Divisi, Patrizia Corazzini, Serenella Ottaviano, Stefania Petracca, Domenica Pagano, Angela Pizzi, Anna Orsatti, Antonella Pupillo, Caterina Provvisiero, Barbara Rastelli, Adriana Sigismondi, Michela Terrigni, Lia Valeri, Nicoletta Del Re, Anna Paola Sabatini, Teresa Ascione, Alessandra Di Pietro, Mirella Spinelli, Concetta Delledonne, Giovanna Falconi, rappresentati e difesi dagli avv. Emanuela Stipa, Vincenzo Cerulli Irelli, con domicilio eletto presso Tullio Avv. Buzzelli in L'Aquila, via San Basilio, 3;
per l'annullamento
del decreto del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per l'Abruzzo di approvazione dell'elenco dei candidati ammessi a sostenere la prova orale" del concorso per il reclutamento di 2386 dirigenti scolastici , da cui risultano esclusi i riccorrenti.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Dell'Istruzione Dell'Universita' E Della Ricerca - Ufficio Scolastico Regionale Per L'Abruzzo - e di Achille Volpini e di Maristella Fortunato e di Elena Marullo e di Antonella Sanvitale e di Sandra Renzi e di Maria Chiara Marola e di Clara Moschella e di Grazia Angeloni e di Agata Nonnati e di Maria Grazia Angelini e di Anna Elisa Barbone e di Vincenza Medina e di Antonella Conio e di Liberata Colanzi e di Gabriella Liberatore e di Renzina Ciocca e di Alessandro Battistella e di Maria Pia Lentinio e di Eleonora Magno e di Simona Marinelli e di Mariella Centurione e di Maria Teresa Marsili e di Daniela Massarotto e di Iside Lanciaprima e di Maria Assunta Michelangeli e di Mirella Orlandi e di Patrizia D’Ambrosio e di Marco De Marinis e di Maria Paola De Angelis e di Eleonora Dell’Oso e di Rossella Di Donato e di Rosanna D’Aversa e di Nadia Di Gaspare e di Manuela Divisi e di Patrizia Corazzini e di Serenella Ottaviano e di Stefania Petracca e di Domenica Pagano e di Angela Pizzi e di Anna Orsatti e di Antonella Pupillo e di Caterina Provvisiero e di Barbara Rastelli e di Adriana Sigismondi e di Michela Terrigni e di Lia Valeri e di Nicoletta Del Re e di Anna Paola Sabatini e di Teresa Ascione e di Alessandra Di Pietro e di Mirella Spinelli e di Concetta Delledonne e di Giovanna Falconi e di Ivana Marroncelli e di Daniela Marsibilio e di Maria Venuti e di Pierluigi Bandiera e di Monica Di Marcello e di Sabrina Del Gaone e di Adriana Pisciella e di Angela Pallini e di Paola Angeloni e di Rossella Rodorico e di Irene Frida Consiglia Vizzarri e di Mauro Scorrano e di Nicoletta Paolini e di Giuliano Perilli e di Angela Mancini e di Emanuela Salvischiani e di Giovanna Maria Santini e di Raffaella Cocco e di Daniela Morgione e di Angela Potenza e di Fabiana Iacovitti e di Daniela Bianco e di Carlo Cappello e di Angela Serafini e di Emilia Galante e di Fausta Vivarelli e di Maria Teresa Vitale e di Silvia Recchiuti e di Maria Letizia Fatigati e di Silvana Romeo e di Ester Castaldo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 giugno 2013 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con determinazione dirigenziale del 13.7.2011, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha indetto un concorso per il reclutamento di 2.386 dirigenti scolastici (di cui 68 riservati alla Regione Abruzzo) per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e gli Istituti Educativi, ripartiti fra 18 Regioni.
A tale procedura hanno partecipato i ricorrenti nominati in epigrafe.
Lo svolgimento di tutte le fasi concorsuali ha avuto rilevanza regionale, in quanto ai diversi Uffici Scolastici Regionali è stata demandata l’intera organizzazione del concorso, con distinte graduatorie regionali approvate dal competente Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale.
All’esito delle prove, in data 16.7.2012, è stato pubblicato l’elenco degli ammessi alla prova orale.
Gli odierni ricorrenti –esclusi da tale elenco- hanno proposto il presente gravame deducendo articolate doglianze in ordine:
-alla variegata composizione della commissione, a seguito dell’intenso avvicendarsi di Presidenti e Commissari;
-alla determinazione dei criteri di valutazione, ritenuti illogici, incoerenti e fittizi;
-alla discontinuità e non omogeneità dei tempi di correzione;
-alla non originalità delle tracce assegnate.
-alla mancanza del requisito di “tecnico esperto nelle materie oggetto del concorso” in capo al Presidente Marsilio;

Con due successivi atti di motivi aggiunti è stata inoltre dedotta:
-la non originalità delle tracce assegnate;
-l’incompatibilità dei Presidenti Marsilio e Di Plinio.
Parimenti con motivi aggiunti è stata estesa l’impugnazione alla graduatoria definitiva, medio tempore approvata.
Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato.
Si sono poi costituiti i soggetti controinteressati nominati in epigrafe.
Le parti resistenti, a mezzo dei rispettivi patroni, hanno eccepito l’inammissibilità del gravame e dei motivi aggiunti, sostenendone comunque l’infondatezza nel merito.
Con ordinanza n. 284 del 25.10.12 è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione, mentre alla pubblica udienza del 26.6.13 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Va preliminarmente dato atto della dichiarata sopravvenuta carenza di interesse al gravame da parte della ricorrente sig.ra Valeria Maiorani, come da comunicazione del 13.3.13, depositata agli di causa.
Vanno poi respinte le eccezioni di inammissibilità del presente gravame collettivo, basate sul fatto che sussisterebbero rendimenti concorsuali necessariamente differenziati in capo ai vari candidati esclusi (rendimenti neanche illustrati in ricorso), che caratterizzerebbero comunque in modo conflittuale le stesse posizioni giuridiche dei vari concorrenti, coalizzati, per l’occasione, nell’unica impugnativa avverso le sfavorevoli risultanze concorsuali.
In realtà, il ricorrente patrono ha puntualizzato come tutte le censure dedotte afferiscono a profili di illegittimità che, se condivisi, determinerebbero la caducazione dell’intera procedura (composizione della Commissione, determinazione criteri di valutazione, discontinuità e non omogeneità dei tempi e modalità di correzione, non originalità delle tracce assegnate etc.), senza che pertanto rilevino doglianze basate sul merito valutativo delle singole prove sostenute dai vari concorrenti-ricorrenti, ai fini di un loro subentro fra i vincitori (doglianze che se interpretate in tal senso determinerebbero invece la loro fatale declaratoria di inammissibilità, in conformità ai principi di diritto rammentati dai patroni resistenti).
Parimenti infondata è l’eccezione di tardività collegata all’impugnativa della lex specialis di gara, trattandosi di disposizioni non escludenti, da poter pertanto contestare all’esito delle infruttuose procedure di gara, secondo i noti insegnamenti dell’adunanza plenaria del consiglio di Stato n. 1/2003 (senza sopravvenuti revirement, in disparte il pendente riesame rimesso alla stessa Adunanza con ord. 634/13 della VI sez. del Consiglio).
Per economia processuale ritiene poi il collegio di non esaminare le eccezioni di tardività sollevate dall’Avvocatura Distrettuale dello stato di L’Aquila unitamente ad alcuni controinteressati, a proposito dell’impugnativa mediante motivi aggiunti operata dai ricorrenti, circa la presunta incompatibilità del Prof. Di Plinio a presiedere la Commissione giudicatrice; come meglio potrà vedersi in seguito, trattasi infatti di una delle doglianze che, agli esiti del giudizio, risulteranno assorbite e quindi prive di rilievo ai fini della presente decisione.
Nel merito trova infatti assorbente rilievo l’accoglimento delle censure relative all’anomalo avvicendarsi dei Presidenti e dei commissari nella commissione giudicatrice.
Sul punto, va premesso che:
-in data 11.10.2011 l’Ufficio Scolastico Regionale costituiva la commissione esaminatrice così composta: Prof. Leonardo Della Salda (Presidente) Prof. Agnello Scura (componente dirigente scolastico), prof.ssa Concetta Pulejo (componente dirigente tecnico MIUR);
-in data 12.10.2011 si svolgeva la prova preselettiva che i ricorrenti sostenevano e superavano;
-in data 25.11.2011 veniva costituita la commissione supplente ex art. 10 DPR 140/08, presieduta dal dott. Michele De Gregorio;
-in data 8.12.2011 il Presidente della Commissione esaminatrice Prof. Leonardo Della Salda, rassegnava le proprie dimissioni (“per personali motivi di salute”), e veniva sostituito , in data 12,12.2011, dal Prof. Michele De Gregorio;
-in data 14.12.2011 i ricorrenti sostenevano la prima prova, seguita in data 15.12.2011 dalla seconda prova scritta;
-in data 27.1.2012 il Presidente De Gregorio rassegnava le proprie dimissioni (“per gravissimi motivi di salute”); al suo posto veniva nominato il Prof. Franco Eugeni, inserito due giorni prima nella lista nell’elenco degli aspiranti Presidenti;
-il 14.2.2012 si dimetteva però anche il Prof. Franco Eugeni (“per sussistenza di incompatibilità con un candidato”), così che il 17.2.2012 la presidenza veniva assunta dal Prof. Concezio Ezio Sciarra;
-a seguito di ennesime dimissioni –non pubblicizzate- del Presidente di turno (prof. Sciarra), il 23.2.12 l’USR pubblicava altro avviso per la presentazione di nuove candidature al ruolo di Presidente;
-in data 1.3.2012 “vista la dichiarazione di disponibilità, pervenuta nei termini, da parte del Prof. Giampiero Di Plinio”, l’USR conferiva la presidenza a quest’ultimo (la quinta in cinque mesi e la quarta in poco più di due);
-in data 5.3.2012 iniziavano le operazioni di correzione degli elaborati;
-in data 10.5.2012 si dimetteva anche la commissaria Dott.ssa Concetta Pulejo (“per gravi motivi di salute”), sostituita il 21.5.2012 dalla dott.ssa Angiolina Ponziano;
-in data 7.6.2012 si dimetteva anche il quinto Presidente, prof. Di Plinio (“per motivi sia di salute che istituzionali”), al quale succedeva in data 11.6.2012 il Prof. Fulvio Marsilio, ordinario di Malattie Infettive degli Animali, presso la Facoltà di Veterinaria dell’università di Teramo;
-infine il 16.7.2012 veniva pubblicato l’elenco degli ammessi alla prova orale.
Premesso in fatto quanto sopra, osserva in via generale il Collegio che l’interesse pubblico a che una commissione giudicatrice possa iniziare ed ultimare i suoi lavori con la medesima composizione resta logicamente connaturato all’esigenza di consentire che l’intera attività di giudizio si svolga con le migliori garanzie di continuità e di coerenza valutativa, evitando –per quanto possibile- sostituzioni e subentri in corsa di nuovi commissari, con i conseguenti adattamenti collegiali che ogni volta un nuovo innesto comporta all’interno della commissione stessa.
Ciò non di meno, le normative di settore (come quelle in rilievo nella vertenza) prevedono e pianificano a monte le ipotesi di supplenze, con la finalità di escludere che eventuali dipartite di singoli componenti, nel corso delle complesse procedure di valutazione, possano compromettere le fasi procedurali medio tempore ultimate, soprattutto quando tali fasi abbiano già riguardato lo svolgimento di verifiche ad opera dei candidati, il cui gravoso impegno finirebbe per essere vanificato nel caso di integrale riedizione del concorso.
Tale principio non può tuttavia essere applicato ad oltranza e senza alcun vaglio di proporzionalità, nei casi in cui circostanze del tutto anomale determinino l’uscita sistematica ed insistita –uno dopo l’altro- anche degli stessi supplenti che erano stati chiamati a sostituire il componente titolare, tanto da dover provvedere in corsa ad interpelli mirati a reperire disponibilità di altri soggetti disposti a subentrare, per aver esaurito tutte le alternative fra i membri supplenti (al di là della poca trasparenza con cui, come si vedrà meglio in seguito, i nuovi supplenti sono stati reclutati).
Detto discorso vale a maggior ragione nel caso di specie, ove l’impressionante sostituzione seriale ha direttamente riguardato la Presidenza del collegio, vale a dire la carica più delicata chiamata a regolamentare il modus operandi delle operazioni valutative (basti pensare all’approccio dei commissari alla correzione degli elaborati scritti, governato da sensibilità e priorità di metodo che possono variare in relazione alle direttive, che volta per volta il Presidente in carica può impartire).
Del resto, la funzione presidenziale qui in rilievo –pur non “specializzata” sulle discipline di esame (presidiate dagli altri commissari, con le rispettive competenze di settore)- attiene proprio all’indirizzo valutativo di metodo, mediante cui poter verificare la propensione del candidato alla direzione di uffici dirigenziali.
Ora, sembra al collegio che collida con principi logici prima ancora che giuridici l’ostinato modus operandi seguito dalla PA scolastica intimata, durante l’intera catena di “infortuni” che a vario titolo hanno visto succedersi in pochi mesi –in una surreale catena di dimissioni- sei presidenti all’interno della stessa procedura concorsuale, con una correzione “intermittente” degli scritti caratterizzata dalle continue new entry. Quanto sopra, senza neanche aver indagato o verificato (dando conto di averlo fatto) su eventuali ragioni di fondo anche di tipo ambientale, magari sottintese dai Presidenti dimissionari, e che potrebbero aver quantomeno concorso a determinare forti disagi nell’espletamento dei vari mandati.
Deve in proposito precisarsi che l’art. 9 del DPR 487/1994 esige in via generale che i commissari supplenti possono essere nominati titolari solo “nelle ipotesi di impedimento grave e documentato degli effettivi”.
Non vi è chi non veda come il ricorso a locuzioni telegrafiche sui motivi di salute (a prescindere dalla privacy sui dettagli clinici) non possa affatto formalizzare ex se il vaglio di documentata gravità, al quale l’amministrazione è invece tenuta prima di passare ad ogni surrogazione del componente effettivo, specie in un contesto –torna ad insistersi sul punto- via via caratterizzato dalla progressiva anomalia delle citate dimissioni a catena. Né l’autorità scolastica ha inteso dare un pur minimo cenno su interlocuzioni qualificate eventualmente intercorse sul punto, non ultimo al fine di dissuadere il Presidente di turno dall’abbandono dell’incarico. Anzi, nel censurato contesto di disinvolta “normalizzazione” degli avvicendamenti de quibus, l’amministrazione ha finanche omesso di formalizzare le dimissioni del Presidente Concezio Ezio Sciarra, visto che con propria nota del 23.2.12 –senza aver allegato alcun atto a firma del Prof. Sciarra- la PA stessa si è limitata ad una laconica premessa in tal senso, solo per spiegare la solita ricerca del sostituto (“…si informa che a seguito delle dimissioni del Presidente della commissione esaminatrice di cui in oggetto, la scrivente deve procedere alla sostituzione del Presidente stesso….”).
Pertanto anche le dimissioni del Prof. Sciarra (intervenute per motivi mai esplicitati o mai resi pubblici) sono state “recepite” dall’Ufficio Scolastico procedente, senza alcun sindacato di legge sulla gravità dell’impedimento, e stavolta senza neanche potersi basare sulla locuzione telegrafica relativa ai motivi di salute.
Ancor più grave è il comportamento di superficialità istruttoria tenuto dalla PA intimata in occasione delle dimissioni del prof. Di Plinio; queste ultime venivano infatti motivate anche da ragioni “istituzionali”, espressione quest’ultima che non avrebbe potuto e dovuto passare inosservata, specie per il fatto che in quel momento si stava consumando il sesto avvicendamento presidenziale in pochi mesi; eppure il prof. Di Plinio, con l’allegato motivo “istituzionale”, ha inteso dare un significativo segnale di discontinuità rispetto alle motivazioni rese dai predecessori, scegliendo così di non fermarsi al motivo di salute, parimenti allegato (come avrebbe potuto ben fare alla luce dei citati precedenti).
Ora, anche a voler concedere che l’amministrazione si sia ritenuta in precedenza vincolata alle laconiche dichiarazioni degli altri Presidenti uscenti (sul merito delle quali ovviamente il collegio non può e non intende esprimere alcuna riserva), resta il fatto che una volta allegata dall’ultimo Presidente dimissionario una motivazione diversa –seppur altamente criptica- in grado di far percepire come altamente probabile la compresenza di fattori ambientali e/o istituzionali di disturbo al buon andamento delle procedure in corso, sarebbe stata a quel punto una provvidenziale opportunità in mano all’amministrazione stessa quella di indagare –finalmente con doverosi approfondimenti istruttori- su di un indizio troppo generico, e nel contempo troppo importante, per essere lasciato cadere nel vuoto della solita acritica presa d’atto delle dimissioni di turno.
Ma anche in questa che poteva essere un’utile occasione per fare chiarezza su di un quadro progressivo di così spiccata anomalia, l’Ufficio Scolastico ha avuto invece la sola premura di procedere all’ennesimo reperimento dell’ennesimo supplente, tra l’altro con modalità irrituali estranee alle procedure previste dall’art. 10 del DPR 140/2008, secondo cui per ogni nomina di un effettivo avrebbe dovuto essere indicato il suo eventuale sostituto, a sua volta previamente incluso a domanda in un apposito elenco (nella specie sia il Prof. Di Plinio che il prof. Marsilio sono stati invece immessi nella funzione, attraverso la frettolosa acquisizione di irrituali “disponibilità”, quando ormai il posto del predecessore era già diventato vacante).
Anche tale ultimo rilievo non appare secondario, nel delineato contesto di affollata successione di componenti dell’Organo valutativo; resta infatti evidente che, se ai continui strappi procedurali dovuti a tali avvicendamenti, si aggiunge l’irritualità con la quale volta per volta si è proceduto alle sistematiche sostituzioni, emerge uno scenario che conduce a ritenere compromesse anche le garanzie, per i candidati, di vedersi scrutinati da personale scelto in virtù di trasparenti procedure di nomina.
In buona sostanza, l’amministrazione scolastica, con il censurato modus operandi, è incorsa in un triplice ordine di illegittimità:
Non ha effettuato alcun controllo che pure la legge le imponeva (art. 9 DPR 487/94), per valutare l’ineluttabilità dei vari impedimenti che hanno portato i componenti in carica alle loro dimissioni seriali, ed alle conseguenti nomine dei supplenti; nelle vicende in cui venivano (tout court) rappresentati motivi di salute, è stata peraltro omessa qualsiasi interlocuzione mirata, quantomeno, a persuadere il componente dimissionario di ritornare suoi passi, almeno nei casi (tutti da verificare nella omessa sede istruttoria) in cui la prosecuzione dell’incarico avrebbe potuto affiancarsi, con opportuni adattamenti, alle terapie e cure mediche di riferimento, specie nei casi non aggettivati dalla gravità; ancor più evidenti appaiono poi le lacune di mancata verifica dell’impedimento grave e documentato, nel caso del Prof. Sciarra, in cui non sono stati neanche resi pubblici l’atto di dimissioni ed i motivi che lo hanno sorretto, ovvero nel caso delle dimissioni del Prof. Di Plinio, ove sono stati da quest’ultimo denunciati motivi “istituzionali” senza aver indagato (dandone contezza pubblica) su cosa in concreto si sia inteso denunciare con tale grave ma ermetica espressione;
Nel corso dell’illustrata girandola di titolari dimissionari e di supplenti, a loro volta divenuti prima effettivi e poi dimissionari, si è violata anche la normativa di settore (art. 10 DPR 140/08), preordinata a dare garanzie procedurali nella nomina dei supplenti, mediante utilizzo di un elenco pubblico (procedura radicalmente omessa nel caso dei Professori Di Plinio e Marsilio);
In stretta conseguenza di tali violazioni formali, l’Autorità scolastica è incorsa poi in ulteriori vizi logici nella conduzione delle fasi concorsuali, ostinatamente portate avanti nonostante le inquietanti defezioni all’interno della Commissione giudicatrice (con un unico componente originario rimasto in carica), senza aver mai ritenuto di operare –man mano che si sviluppavano le dimissioni a catena, e comunque al più tardi allorquando l’ennesimo Presidente dimissionario aveva delineato frizioni “istituzionali”- una motivata verifica di fondo in ordine alle possibili ricadute di tali dimissioni sull’attendibilità e sulla continuità valutativa delle procedure in atto. Il tutto secondo criteri precauzionali mirati a stabilire l’eventuale superamento di ogni limite di tollerabilità e di proporzionalità entro il quale poter applicare il rimedio della supplenza ed il salvataggio dell’intero concorso.
Quanto appena detto postula pertanto l’illegittimità degli atti impugnati, a prescindere dallo specifico vaglio giudiziario (al quale comunque il patrono ricorrente non si è sottratto) sugli effetti distorsivi che in concreto il censurato modus operandi avrebbe determinato sull’andamento generale delle procedure de quibus e sulla discontinuità valutativa della Commissione.
Rilevano infatti in modo assorbente gli illustrati deficit istruttori (associati a violazioni frontali di leggi di settore) che impongono l’azzeramento della procedura concorsuale in esame, in virtù di una loro incidenza lesiva, capace “in astratto” di viziare le concludenze della selezione, minando in radice i legittimi affidamenti dei candidati non vincitori.
In conclusione, previa declaratoria di improcedibilità per la ricorrente sig.ra Valeria Maiorani, il gravame trova accoglimento per gli altri ricorrenti sulla base dei profili censori sviluppati in motivazione, assorbita ogni altra doglianza proposta nello stesso gravame introduttivo e nei motivi aggiunti, con l’intesa che l’azzeramento delle procedure concorsuali determina comunque in via conseguenziale anche l’annullamento dell’atto di approvazione della graduatoria definitiva.
Sussistono ragioni per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Unica), definitivamente pronunciandosi sul ricorso collettivo in epigrafe (come compendiato da motivi aggiunti):
-lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nei confronti della sig.ra Valeria Maiorani;
lo accoglie, nei sensi e per gli effetti di cui in motivazione, quanto ai restanti ricorrenti.
Compensa le spese, eccetto che per il rimborso (a carico della PA intimata) del contributo unificato,
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Corasaniti, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
Maria Abbruzzese, Consigliere




 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

USP Milano e RSU, verbale del 25 maggio2011

ECCO IL VERBALE

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia
Ufficio
XVII
– Milano


Area “E” – Settore gestione risorse umane

VERBALE DELL’INCONTRO SINDACALE
 DEL 25 MAGGIO 2011

Il giorno 25/05/2011, alle ore 11.30, presso la sede dell’U.S.P. di Milano, si è tenuto un incontro con le rappresentanze sindacali per trattare i seguenti punti posti all’ ordine del giorno:

1.    F.U.A. Anno 2010;

2.    Pagamento lavoro straordinario anno 2010;

3.    Competenze dell’U.S.T. di Monza e Brianza;

4.    Ipotesi organizzative UST di Milano.

 Sono presenti:

per l’UST di Milano: Dr. Petralia – Dirigente UST, Pezzolla M. (con funzioni di segretario verbalizzante);

per la parte sindacale:

      le R.S.U.: Carrubba, Meroni, Pace, Pugliese, Spanò, Valenza, Velonà;

      i rappresentanti delle OO.SS. territoriali: Cavaliere (FP-CGIL), Pastino (CISL-FPS),  Palese (UIL-PA), Favata (CONFSAL-SNALS), Mancuso (FLP).

Introduce l’incontro il Dirigente dell’UST, dr. Petralia, verificando la regolarità della riunione, convocata su espressa richiesta di parte sindacale; dà la parola alla Sig.a Pezzolla, affinché riferisca in ordine ai primi due punti all’o.d.g.

Pezzolla: Per quanto attiene il 1° punto, relativo al FUA 2010, riferisce che in data 13/5/2011 l’Ufficio ha ricevuto dall’USR Lombardia la comunicazione circa le assegnazioni a favore dell’UST di Milano e dell’UST di Monza e Brianza, comprensiva della tabella di riparto dei fondi a livello regionale; la tabella che sarà trasmessa alle rappresentanze sindacali. Ricorda che nel corso del 2010 si era aperto il confronto tra l’allora dirigente, dott.ssa Pupazzoni, e le parti sindacali sui criteri di ripartizione del FUA 2010, si erano condivisi alcuni aspetti, senza giungere ad un accordo formalmente sottoscritto. Alla fine del 2010, a conclusione delle attività programmate, l’Ufficio ha acquisito le relazioni finali di verifica del lavoro svolto, redatte dai vari funzionari responsabili dei settori. Informa che da quest’anno i pagamenti di tutti i compensi accessori saranno effettuati secondo la nuova procedura del “cedolino unico”, disposta dal MEF, con le modalità che saranno stabilite dal Ministero.

Dr. Petralia: In riferimento al 1° punto, fa presente che, trattandosi di compensi accessori relativi all’anno 2010 e, quindi, ad un periodo antecedente alla sua nomina a dirigente dell’UST di Milano, non è suo intendimento discostarsi dalle precedenti intese; pertanto, l’Amministrazione procederà quanto prima ad elaborare una proposta di ripartizione della quota assegnata, sulla base delle intese precedentemente intercorse e della documentazione acquisita; la proposta sarà sottoposta all’esame delle parti sindacali, ai fini della successiva contrattazione di sede.

Pezzolla: Per quanto riguarda il 2° punto, relativo al pagamento del lavoro straordinario dell’anno 2010, comunica di aver già inviato a mezzo posta elettronica a tutti i rappresentanti sindacali il prospetto analitico delle ore di lavoro straordinario – anno 2010, corredato da una nota esplicativa (v. allegato). I pagamenti ai singoli dipendenti saranno effettuati anche in questo caso con la procedura del “cedolino unico”. L’Ufficio rimane a disposizione per eventuali ulteriori informazioni e chiarimenti.

Cavaliere (FP-CGIL): Chiede l’inversione dei punti posti all’o.d.g., per trattare prima l’argomento della riorganizzazione dell’UST di Milano, per l’importanza e l’impatto che esso riveste per tutto il personale; ciò in considerazione soprattutto degli ultimi provvedimenti adottati dal Dirigente di assegnazione agli uffici e di diversa articolazione del Settore Pensioni e ricostruzioni di carriera, che pongono alcuni problemi di tipo formale, sostanziale e professionale e che stanno creando disturbo all’attività lavorativa degli uffici e delle persone. Tale osservazione si riferisce in particolare al fatto di aver attribuito posizioni di responsabilità a dipendenti appartenenti all’Area B, pur in presenza nello stesso settore di personale appartenente all’Area C.

Dr. Petralia: Fa presente che la sua preoccupazione maggiore in questa fase dell’anno è quella di predisporre un piano di lavoro per lo smaltimento delle migliaia di pratiche pensionistiche da lungo tempo in arretrato e, nel contempo, garantire la gestione delle pratiche correnti; si tratta di esigenze del tutto prioritarie, in quanto occorre dare risposte concrete all’utenza. Da una valutazione oggettiva dello stato di fatto e delle competenze reali dei singoli dipendenti, a fronte dei numerosi pensionamenti del personale, si è proceduto ad affidare i conseguenti incarichi, che consentano nell’immediato di far funzionare gli uffici e di rispettare le scadenze fissate. Sottolinea che non sempre la posizione contrattuale dei singoli dipendenti coincide con capacità e competenze adeguate (il saper fare le cose) e che ci sono dipendenti appartenenti all’Area C, anche in posizione apicale (C3S), non sempre all’altezza del proprio compito.

Spanò (RSU): Ribadisce la preoccupazione per la situazione venutasi a creare negli uffici del Settore Pensioni, che sta determinando la rottura di equilibri consolidati, con il rischio reale che vengano meno le condizioni di lavoro sereno per il personale, al quale va invece riconosciuto il merito di aver sempre raggiunto gli obiettivi di lavoro fissati negli anni passati (la definizione nei termini delle pratiche di pensione a tutto il personale scolastico cessato al 1° settembre). Per quanto riguarda le situazioni pregresse, pone l’accento sulle numerose pratiche di richiesta di riscatto, ancor oggi rimaste inevase.

Dr. Petralia: A fronte di tutte le questioni emerse nella discussione, chiede a tutte le rappresentanze dei lavoratori di farsi parte attiva e di formulare proposte concrete di intervento volte a dare soluzione agli annosi problemi del settore pensionistico.

Palese (UIL-PA): Il punto posto all’o.d.g. riguarda la riorganizzazione di tutto l’UST di Milano e non solo il Settore Pensioni. Evidenzia lo stato di criticità generale dell’Ufficio e non può che convenire sui problemi emersi, sulle esigenze di servizio e sulla necessità di dare risposte all’utenza, in quanto cittadini. Va tuttavia rilevato che, a seguito dei numerosi pensionamenti, il personale rimasto in servizio si è notevolmente ridotto e se il lavoro continua ad andare avanti è proprio grazie al personale che se ne fa carico. I settori che in questo momento sono in situazione di maggiore criticità sono sicuramente il Settore Pensioni e quello delle Graduatorie ad esaurimento. Le professionalità presenti nell’Ufficio devono essere utilizzate al meglio, specie quelle di livello più alto, a cui corrisponde anche stipendio più alto. Pone infine l’accento sulle competenze dell’UST di Monza, evidenziando che, a distanza di quasi un anno dalla sua formale istituzione, il lavoro grava ancora sul personale di Milano, e questo non fa che aumentare le difficoltà esistenti e rendere ancor più critica la situazione.

Pastino (CISL-FP): Riprende l’affermazione fatta dal Dirigente, circa l’esistenza di personale di livello C3S non all’altezza del proprio compito, che ritiene di particolare gravità. Esprime forti perplessità sull’utilità dell’Ufficio Studi e Programmazione, recentemente istituito, di cui non si conoscono le effettive competenze, a fronte di interi settori scoperti o affidati alla responsabilità di dipendenti dell’Area B. Ritiene, invece, che il personale di livello più alto deve essere utilizzato al meglio, messo alla prova di saper assumere la responsabilità di settori operativi dell’ufficio. Propone di articolare l’UST in alcune macro-aree: Affari Generali (comprensivo dell’Ufficio Esami di Stato), Organizzazione di tutti i Servizi Interni (da unificare), Graduatorie ad esaurimento personale docente (da affidare ad un funzionario C3S di comprovate capacità), Settore Pensioni e ricostruzioni di carriera, Area di Supporto all’Autonomia Scolastica (che dovrebbe prevedere la presenza di un funzionario amministrativo). Sollecita l’Amministrazione di farsi carico di assegnare la responsabilità del Settore Graduatorie ad esaurimento, in sostituzione dell’attuale funzionario in pensione dal prossimo 1° luglio. Esprime perplessità sui recenti incarichi di collaborazione conferiti ad alcuni colleghi collocati in pensione. Rileva, infine, la mancanza di informazione preventiva sul pagamento del lavoro straordinario – anno 2010.

Favata (CONFSAL-SNALS): Fa notare che l’incontro odierno è stato fissato dopo circa due mesi dalla prima richiesta di parte sindacale. Concorda con i precedenti interventi, in particolare con quello dei colleghi Spanò e Palese estendendo a tutti i settori dell’Ufficio lo stato di malessere e di disagio vissuto dal personale. Esprime sorpresa e disappunto, per la comunicazione diramata a tutto il personale circa il divieto di consumare il pasto in ufficio e  confida in una rapida soluzione del problema della consumazione del pasto vissuto dalla gran parte dei lavoratori.e nel contempo si compiace  per  l’encomio fatto al settore personale ata per la pubblicazione della graduatoria permanente. Ribadisce che per quanto riguarda la riorganizzazione dell’ ufficio, non si deve organizzare “tamponando” le assenze dei colleghi andati in pensione, ma è necessaria una capillare organizzazione delle risorse umane in funzione soprattutto in funzione dei carichi di lavoro. Sollecita, infine, la definizione di un accordo preliminare per individuare le attività che daranno accesso al FUA 2011 ed i relativi criteri di ripartizione.

Dott. Petralia: Fornisce chiarimenti sulle diverse questioni evidenziate. Tutti i provvedimenti adottati fino ad ora sono da intendersi come interventi-tampone, presi mentre il “treno è in corsa”, e come tali del tutto provvisori, disposti nell’esclusivo intento di garantire nell’immediato il funzionamento degli uffici proprio nella fase in cui si concentrano i maggiori adempimenti e le scadenze. L’obiettivo comune è quello di portare a compimento le funzioni assegnate all’UST, di assicurare il corretto funzionamento degli uffici e di risolvere i problemi “storici” dell’Ufficio di Milano (cita ad esempio il caso dell’archivio generale), non senza difficoltà. In questo contesto vanno visti anche gli incarichi di collaborazione affidati ad alcuni dipendenti in pensione (come nel caso del sig. Ficara). Preannuncia di aver individuato nella Sig.a Marina Pezzolla la persona alla quale affidare il Settore graduatorie ad esaurimento, in sostituzione della Dott.ssa D’Alessandro, ormai prossima alla pensione. E’ tuttavia convinto che esistono altre professionalità qualificate e competenze da valorizzare (tra queste cita ad esempio la Sig.a Panariello). Ben consapevole dei vincoli esistenti sulle materie trattate e che anche in questa sede sono stati evidenziati, tiene a precisare che questi interventi sono stati assunti per consentire di arrivare al prossimo mese di settembre, momento in cui sarà attuata una generale e complessiva riorganizzazione dell’UST di Milano, a cui sta già lavorando, nella quale a ciascun dipendente sarà data giusta collocazione; a tale fine ci saranno incontri con i singoli settori, per elaborare una proposta che sarà sottoposta alle parti sindacali per le osservazioni ed un reciproco confronto; la materia, comunque, non è oggetto di trattativa sindacale, in quanto prerogativa esclusiva del dirigente. Nel quadro di riorganizzazione degli uffici, saranno inoltre individuati compiti ed obiettivi da raggiungere, anche ai fini della valutazione che dovrà essere fatta per ciascun dipendente. Per quanto riguarda in particolare il Settore Pensioni, l’obiettivo è quello di predisporre un piano di lavoro per lo smaltimento delle migliaia di pratiche in arretrato nell’arco di un paio di anni, anche attraverso l’impiego di personale esterno all’UST di Milano (per il quale si stanno anche recuperando risorse). Spiega che la comunicazione diramata a tutto il personale per il consumo del pasto in ufficio, aveva il solo intento di limitare alcuni comportamenti verificati e ritenuti eccessivi, pur comprendendo che molti impiegati sono soliti mangiare un panino in ufficio; al fine di risolvere il problema si stanno individuando spazi idonei da adibire al consumo del pasto da parte del personale. Infine, per quanto riguarda le competenze dell’UST di Monza, fa presente che sino ad ora non è stato possibile rendere autonoma la sede, a causa dell’assenza della Prefettura e della mancata separazione dei codici delle istituzioni scolastiche; pertanto, il Direttore Generale è stato rassicurato che per tutti gli adempimenti riguardanti il territorio di Monza e Brianza continuerà a farsi carico l’Ufficio di Milano fino al 31 agosto 2011; oltre tale termine, altri dovranno individuare diverse soluzioni organizzative.

Palese (UIL – PA): Prende atto che gli i provvedimenti adottati hanno carattere temporaneo e non è certo volontà del sindacato fermare “il treno in corsa”, purchè non si rischi di “andare su un binario morto”. Conviene sulla situazione di emergenza in cui si trova l’Ufficio per far fronte ai molteplici adempimenti ed alle scadenze, ragione in più per utilizzare al meglio tutto il personale presente in ufficio, ivi compresi i dirigenti scolastici, i quali potrebbero farsi carico della responsabilità di settori su cui gravano impegni ed attività di assoluta priorità per l’intero UST.

Velonà (RSU): Evidenzia la necessità di valutare gli effettivi carichi di lavoro di ciascun dipendente ed una loro ripartizione più equa.

Pastino (CISL-FP): Osserva che ancora una volta, come spesso è avvenuto in passato con altri dirigenti, si procede con interventi provvisori, che poi nel tempo diventano definitivi.

Carrubba (RSU): Pone l’accento sul fatto che, come ogni anno, siamo giunti nella fase in cui si concentra la maggior mole di lavoro per tutti i settori, con scadenze che si accavallano e che gravano sempre sullo stesso personale, per giunta quest’anno in numero ridotto; ancora una volta è sempre il personale che si deve fare carico dei problemi e delle difficoltà, che spesso comporta impegni che vanno ben oltre i limiti contrattuali. Tutto ciò deve trovare giusto riconoscimento per i dipendenti. Sollecita, inoltre, alcuni interventi strutturali, promessi da tempo, volti a migliorare le condizioni di lavoro del personale.

Pace (RSU): Concorda sulla necessità di utilizzare al meglio tutti i funzionari in servizio, ricordando che tutti i funzionari appartenenti all’Area C sono equiparati ai fini dell’assegnazione delle mansioni, come più volte ribadito durante gli incontri sindacali.

Spanò (RSU): Manifesta la massima disponibilità da parte sindacale a collaborare per elaborare a settembre la nuova organizzazione interna dell’UST, purchè sia un processo condiviso. Esprime perplessità circa la situazione riferita dal dirigente in merito alla situazione dell’UST di Monza, in quanto si tratta della stessa identica situazione presentata un anno fa, non è stato fatto alcun passo avanti.

Meroni (RSU): Interviene per meglio illustrare le condizioni di lavoro del personale assegnato all’UST di Monza, di cui fa parte.

Conclude il Dirigente, dr. Petralia, per rinviare a settembre il confronto sulla riorganizzazione dell’Ufficio.

L’incontro si conclude alle ore 13.15.

IL SEGRETARIO VERBALIZZANTE (f.to Marina Pezzolla)