Caro
Presidente della Regione Siciliana,
Caro Ministro
Martina,
Cari Colleghi
Ministri, Rappresentanti della Commissione Europea e Capi Delegazione,
Signore e
Signori,
Desidero,
anzitutto e in particolare, ringraziare l’amico e collega Ministro Maurizio
Martina per aver sollecitato l‘insolita o, quanto meno, non scontata, presenza
di un Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in questo
consesso.
Si tratta, a
parer mio di un segnale straordinario, che sottolinea quanto profonda e diffusa
sia la percezione che, qualunque sia l’ambito tematico di applicazione
(industria, servizi, pubblica amministrazione o agricoltura), solo dalla
ricerca e dalla sua traduzione in innovazione si possa generare l’energia
necessaria per una crescita vigorosa e sostenibile nel tempo che comporti anche
un rilancio dell’occupazione, in particolare di quella giovanile.
Altrettanto
significativo mi pare che questo si verifichi in un incontro che ha un profilo
geo-politico definito, quello del Mediterraneo, e che si svolge in una
collocazione baricentrica per quest’area vitale, quella di Palermo e della
Sicilia, una città e una regione in cui il tema della ripresa dell’economia e
dei livelli occupazionali è certamente avvertito come priorità assoluta.
Il Mediterraneo
sta occupando – e non poteva essere diversamente per la collocazione geografica
dell’Italia nell’ambito dell’Unione – un posto di elezione nei programmi del
semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea e,
consentitemelo, lo occupa anche nella mia sensibilità personale di studiosa,
prima ancora che di Ministro della Repubblica. Pagina 2 di 7
Con l’attitudine che mi viene da una vita di studi su questi
temi, di fronte agli impegni che, come Governo (ricorderete che la prima missione
all’estero del Presidente del Consiglio è stata in Tunisia) e poi come
Presidenza dell’Unione, stiamo assumendo nel Mediterraneo con una prospettiva
di medio-lungo termine, mi sono posta un primo quesito: il Mediterraneo è
realmente un’area culturale?
E’ cioè
definibile come un territorio geografico ben delimitato nello spazio,
caratterizzato da disomogeneità interna (come somma e aggregazione di tratti
diversi che si intersecano) e da tratti (patterns) simili, ripetitivi,
determinati dall’ambiente e ben riconoscibili all’esterno?
Tre famiglie
linguistiche insistono sul bacino, a partire almeno dalle grandi migrazioni che
si diramarono dal Caucaso agli albori del V millennio: l’indoeuropeo sulla
sponda Nord (dai Balcani alla Penisola Iberica), il semitico sulla sponda Sud
(dal Medioriente al Maghreb) e il turco nella penisola anatolica, a cerniera
naturale e culturale fra le due e come ponte naturale con l’Asia centrale e con
l’Oriente.
Tre famiglie
linguistiche e altrettanti modelli culturali, in cui già si riconoscono,
tuttavia, alcuni tratti costanti, ripetuti e comuni.
Nella società:
la centralità della famiglia fondata sul nesso honour and shame.
Nei sistemi di
governo politico e religioso: l’affermazione delle grandi religioni monoteiste
come perno dell’organizzazione sociale, nelle forme distinte e differenziate
dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam.
Infine, anche
nell’economia e nell’ecosistema originario - e qui m’immergo nei temi di questa
Conferenza - emergono tratti comuni estremamente significativi: il carattere
agricolo dominante e la produzione delle due fondamentali colture dell’olio e
del vino.
Le vicende di
contatto e di conflitto, che hanno segnato con continuità la storia del bacino
e il suo sviluppo (dalla conquista araba del sud d’Italia e Spagna,
all’espansione ottomana dentro e fuori i confini europei), sono ben note.
Le stesse
tormentate vicende di contatto e conflitto, etnico, politico e religioso, ci
consegnano il Mediterraneo di oggi, questo originale “mosaico a geometria Pagina 3 di 7
variabile” (la definizione è di Michael Frendo), che rende
ormai intuitiva, accettabile e, mi pare, accettata l’idea di un’unità
geopolitica e culturale che va dall’Anatolia al Portogallo.
Lo stereotipo
di un “Sud” emotivo e imprevedibile, contrapposto a un “Nord” cognitivo e
strutturato, tanto caro anche al Freud dei ripetuti viaggi in Italia, sembra
finalmente tramontato.
Indubbiamente
è superato nelle sue sfumature più romantiche e mitologiche (il Mediterraneo
terra di sostrato alle grandi civiltà di epoca storica), nella nuova visione
che sta alla base dei moderni processi di integrazione politica e istituzionale
- i lavori di questa Conferenza ne sono prova - ma anche economica, scientifica
e culturale.
E come non
citare a questo proposito la creazione, per iniziativa francese, di un
organismo specifico come l’Union pour la Mediterranée, che ha rilanciato
nel 2008 il partenariato regionale, col coinvolgimento di 16 stati del vicinato
europeo orientale e meridionale, accanto agli allora 27 stati membri dell’UE?
Altrettanto
importante è ricordare il riferimento al patrimonio di valori che la
Dichiarazione di Barcellona ha recuperato dal passato e proiettato nel futuro:
pace, stabilità, sicurezza, pieno rispetto dei diritti umani e promozione del
dialogo interculturale, a fondamento della moderna regione Euro-Mediterranea.
In direzione
di un “partenariato” sempre più stretto e convinto per un’iniziativa comune e
forte sui temi che rappresentano le maggiori sfide per la Regione hanno spinto,
dopo le Presidenze francese e spagnola, quella cipriota e, nel primo semestre
di quest’anno quella greca, dalla quale abbiamo, con piacere, raccolto il
testimone.
In questi
mesi, cercando di superare non poche difficoltà, cercando di instaurare un
clima di reciproca fiducia, anche con i paesi membri dell’Unione che
geograficamente si trovano fuori dalla Regione, abbiamo esercitato il nostro
ruolo di presidenti di turno per portare in primo piano le priorità legate a quest’area,
ispirandoci al modello di quel “potere morbido e intelligente” che l’allora
Segretario di Stato Hillary Rodham Clinton indicava come riferimento della
politica estera del suo paese. Pagina
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Soft power significa anche esercizio di una capacità di attrazione verso
l’esterno, basata sulla cultura, sui valori e sul modello politico.
Ne sono
strumenti privilegiati la diplomazia, gli aiuti economici, le comunicazioni e,
vorrei dire soprattutto, il sistema dell’istruzione, dell’alta formazione e della
ricerca, nel più ampio contesto della diplomazia culturale.
L’Italia si è
impegnata, si sta impegnando e continuerà naturalmente anche dopo la fine del
suo semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione, a creare nuove
sensibilità e terapie di intervento nei settori scottanti per tutti: povertà e
inclusione sociale, salute e cambiamento demografico, energia e ambiente, e,
naturalmente, risorse idriche e alimentari sane e sicure per tutti.
Le nostre
Università e i nostri Enti Pubblici di Ricerca, come quelli di tutti i vostri
Paesi, incarnano con generoso impegno, pur in tempi di gravi difficoltà
economiche, questa missione che coniuga, a livello internazionale,
programmazione e progettazione congiunta nella ricerca e nell’alta formazione,
che trasforma in capitale sociale il capitale umano dei nostri paesi e
contribuisce alla loro crescita e al loro sviluppo sostenibile e inclusivo.
In questo
contesto, mi fa particolarmente piacere citare un esempio concreto di “progetti
di sistema”, ad oggi in fase di avanzata elaborazione: l’iniziativa del Marocco
di creare un’Università Euro-Mediterranea e quella egiziana per realizzare
un’università italo-egiziana.
Si tratta di
progetti strategici che possono, insieme a quelli analoghi condotti da altri
paesi, contribuire al consolidamento di un sistema educativo nell’area
Euro-Mediterranea, in cui le università partner forniscono docenza, competenze
scientifiche, know-how tecnologico.
Si tratta
anche di un modello riproducibile, efficace soprattutto in aree geo-politicamente
e storicamente contigue, come quella mediterranea.
Illustri
Colleghi, caro Maurizio, nel corso del mio intervento ho fatto spesso
riferimento all’importanza della diplomazia culturale e della cooperazione
interuniversitaria, nel moderno paradigma della “prossimità” e della politica
di partenariato. Pagina
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Una nuova prospettiva che stimola e impone la ricerca di
codici e punti di vista comuni, per affrontare le emergenze ormai condivise da
Nord a Sud, da Est a Ovest e certamente condivise tra i paesi della Regione
Euro-Mediterranea.
Carenze
alimentari, deficit educativo e sanitario, mancanza d’acqua e crisi energetica
sono piaghe antiche per alcune regioni, ma stanno diventando mali incombenti
per altre, sia pure in forme e misure differenziate.
E’ per questo
che, sulla scia di idee lanciate quasi vent’anni orsono con il Comitato per il
monitoraggio della cooperazione Euro-Mediterranea su ricerca, tecnologia e
sviluppo e progressivamente affermatesi attraverso le tappe che ho ricordato in
precedenza, l’Italia è oggi determinatissima a condurre in porto l’iniziativa
per un “Partenariato per la Ricerca e l’Innovazione nell’Area Mediterranea”,
iniziativa che probabilmente molti fra voi conoscono con l’acronimo PRIMA.
Il
“Programma”, che nei prossimi giorni sarà oggetto di Conclusioni del Consiglio
Competitività e sarà subito dopo formalmente presentato al Commissario Moedas,
è frutto di un lungo e paziente lavoro. Un lavoro iniziato durante la
presidenza cipriota, sviluppato e accelerato durante la presidenza greca e
completato durante il semestre italiano, grazie al contributo di esperti dei
Paesi partecipanti - Stati Membri e Partner mediterranei - coordinati dalla
nostra squadra guidata dal Professor Angelo Riccaboni, Rettore dell’Università
di Siena che oggi è qui con noi. Grazie Angelo per questo eccezionale lavoro!
E’ un
Programma fondato su due pilastri, tra loro indissolubilmente collegati:
“risorse idriche” e “sistemi alimentari”, coniugate principalmente
nell’accezione relativa alla rispettiva sicurezza, salubrità e sostenibilità.
E’ un
programma che, definito con chiarezza il proprio obiettivo di “sviluppare
soluzioni innovative e promuovere la loro applicazione da parte degli utenti
finali, in primo luogo gli agricoltori per migliorare l’efficienza e la
sostenibilità delle produzioni alimentari e delle risorse idriche”, ha saputo
raccogliere rapidamente un’impressionante massa critica: sono, infatti, 14 i
paesi che si sono già impegnati anche finanziariamente a sostenere il Programma
e l’Unione per il Mediterraneo ha già indicato la propria disponibilità ad
ospitarne il Segretariato (Dedicated Implementing Structure). Pagina 6 di 7
E’ un programma che rappresenta un evidente valore aggiunto
per la costruzione dello Spazio Europeo della Ricerca, contribuendo a ridurre
la frammentazione in piccoli e spesso inefficaci programmi e a eliminare le
duplicazioni nemiche dell’efficienza.
E’ un
programma che vede nell’art. 185 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione
Europea (TFUE) la sua ottimale cornice giuridica, perché è l’unica che
garantisce un impegno di lungo termine; l’unica che assicura un chiaro impegno
politico di tutti i membri dell’Unione; l’unica che, con il coinvolgimento
pieno del Parlamento Europeo, assicura al programma la forza necessaria per
esercitare il ruolo che vogliamo attribuirle di potente strumento di science
diplomacy.
E’, infine, un
programma che può costituire la “prima pietra” di un rinnovato partenariato
Euro-Mediterraneo, finalizzato a favorire una crescita sociale ed economica
inclusiva e giusta nell’intera Area e, quindi, strumentale a un’ambiziosa
politica di cooperazione Europea che possa efficacemente contribuire allo
sviluppo della Regione in un clima di crescente pace e stabilità.
Cari Colleghi,
lasciatemi dire, cari amici,
Lo sviluppo
economico e sociale e la stabilità dell’area Mediterranea hanno storicamente
rappresentato un interesse vitale per l’Italia, un “hub” che collega l’Europa
all’Africa Settentrionale e al Medio Oriente, giocando un ruolo fondamentale
per il dialogo e la cooperazione mediterranea.
Negli ultimi
tre anni, la Regione ha sperimentato un’evoluzione drammatica e una
trasformazione dello scenario politico e sociale. Abbiamo di fronte nuove
sfide, ma anche nuove opportunità.
Il nostro
obiettivo prioritario è creare una rinnovata relazione privilegiata, basata sui
valori condivisi della democrazia e della dignità umana, sulla sicurezza e
sulla stabilità, sullo sviluppo economico e sociale.
In questa
prospettiva, l’Area Mediterranea rappresenta oggi un ideale “test bed” per una
crescita “basata sulla ricerca” dove la scienza possa efficacemente Pagina 7 di 7
fornire un contributo per favorire l’innovazione, la
creazione di posti di lavoro e la valorizzazione del nostro unico patrimonio
naturale e culturale.
C’è bisogno,
indubbiamente, di una logica cooperativa per fronteggiare le emergenze e
garantirsi un futuro di sviluppo.
C’è bisogno
di quell’inclinazione naturale all’innovazione e al cambiamento che soprattutto
nelle università - dallo Studium medioevale al campus urbano - ha
trovato nella storia e continua a trovare nel presente condizioni ideali per
alimentare lo sviluppo: curiosità intellettuale e libertà di pensiero al
servizio dei nostri paesi e dell’Europa, in una società globale che conservi la
persona umana e la sua dignità come stella polare che ne guidi la direzione.