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venerdì 12 luglio 2013

Consiglio di Stato conferma annullamento concorso DS in Lombardia



Il prossimo anno 355 scuole della Lombardia
non avranno un dirigente scolastico titolare.

ECCO LA SENTENZA -N. 03747/2013REG.PROV.COLL. N. 05836/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5836 del 2012, proposto da:
Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, in persona del Ministero pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Rosaria Brusaferri, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Mariotti e Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;
Vincenzo Alessi, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Mariotti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;
Lorenzo Enzo Valentino, Eliana D'Alò, Daniela Catenacci, Luigi Ernesto Gaudio, Marina Campertolio, Mario Antonuzzi, Marina Porta, Enzo Manno, Milena Mammani, Sabina Stefano, Nadia Maria Plebani, Silvia Imi, Giovanna Laura Sala, Stefania Battaglia, Ida Sassi, Francesco Marchese, Patrizia Salemi, Maria Descrovi, Grazia Floris, Bianca Loretta Gheza, Paolo Gheza, Maria Chiara Norcia, Rosa Di Rago, Mariagrazia Fornaroli, Maria Teresa Bonizzoni, Marcella Pasotti, Lucia Catelani, Chiara Valeria Meloni, Lucia Rosa Mor, Giuseppa Francone, Antonella Verzilli, Marina Bertin, Donata Graziella Scotti, Andrea Mario Caspani, Maria Grazia Demaria, Giuseppe Scaglione, Semira Iarussi, Monica Barbara Mansi, Annamaria Maltagliati, Alessandra Lieto, Stefano Bertone, Anna Francesca Marelli, Silvana Sugliano, Stefania Strignano, Daniela Figini, Luisa Rita De Vita, Carmela De Vita, rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Barboni e Anna Nardone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marina Messina in Roma, via Monte Santo 10a;
Francesco Gatto, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Nardone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marina Messina in Roma, via Monte Santo 10a; Carmen Lanzotti, Michela Maddalena, Silvio Zenoni, Stefania Bettin, Petrilla Simona Settembrini, Anna Polliani, rappresentati e difesi dagli avvocati Anna Nardone e Domenico Barboni, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marina Messina in Roma, via Monte Santo 10a;
Anna Andolfi, rappresentato e difeso dagli avvocati Donatella Resta e Mario Violetta, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Donella Resta in Roma, via Cicerone, 44;
Sandro Armenio, Antonella Bignami, Giuseppe Bonelli, Salvatore Borsella, Augusta Brambilla, Luisa Broli, Baldassarre Aldo Chiofalo, Rita Contarino, Nicoletta Danese, Giorgio Ragusa, Davide Marrazzo, Sabrina Pozzi, Virginia Rizzo, Rosa Elena Salomone, Alessandra Siragusa, Carlo Soldano, Annalisa Wagner, rappresentati e difesi dagli avvocati Mario Violetta e Donella Resta, con domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultima in Roma, via Cicerone, 44;
Luigi Airoldi, Catia Di Gennaro, Elvira Ferrandino, Annalaura Marchetto, Giuseppina Pelella, Donatella Piccirilli, Carolina Sangiuliano, Laura Turotti, rappresentati e difesi dall’avvocato Vittorio Angiolini, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Sergio Vacirca in Roma, via Flaminia 195;
Valeria Bassi, Tommaso Perruccio, rappresentati e difesi dagli avvocati Vittorio Angiolini, Luca Formilan e Sergio Vacirca, con domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultimo in Roma, via Flaminia 195;
Massimo Lo Giacco, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Vacirca, Luca Formilan e Vittorio Angiolini, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, via Flaminia 195;
Rossana Irene Marina, rappresentato e difeso dall'avvocato Sergio Vacirca, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Flaminia 195;
Alfredo Marcello Maurizio Mancuso, Paola Guaschi; Daniela Liliana Bonacina, Francesco Cicciù, Milena Piscozzo, rappresentati e difesi dall'avvocato Maria Elena Allanda, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Piero Benito Panariti in Roma, via Celimontana 38;
Raffaella Chiodini, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Elena Allanda, Laura Elia e Paolo Panariti, con domicilio eletto presso lo studio legale di quest’ultima in Roma, via Celimontana, 38;
Angelo Filippo Di Gregorio, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Stefania Masini e Stefano Nespor, con domicilio eletto presso lo studio legale della prima in Roma, via Antonio Gramsci, 24;
Ornella Zagami, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Nespor e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Antonio Gramsci, 24;
Stefania Pigorini, Gabriele Rizzato, Aldo Rampello, Silvia Maria Omodeo Zorini, Marco Maffei, Renata Mentasti, Roberto Olivieri, rappresentati e difesi dall'avvocato Francesco Bertone, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
Marina Rossi, rappresentato e difeso dall’avvocato Ileana Alesso, con domicilio eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
nei confronti di
Pierluigi Tadi, Milca Fiorella Granese, Maria Margherita Panza, rappresentati e difesi dall'avvocato Mario Zenga, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Marina Milli in Roma, via Marianna Dionigi 29;
e con l'intervento di ad adiuvandum:
Marina Acquati, Mirka Agostinetti, Silvia Alberti, Clara Lucia Alemani, Luca Alessandri, Anna Maria Alghisi, Salvatore Alvaro, Maria Vittoria Amantea, Oscar Annoni, Raimondo Antonazzo, Caterina Archetti, Francesca Armanni, Lorenza Badini, Bruna Baggio, Carla Barbi, Lucia Barbieri, Marco Barbisotti, Catia Caterina Baroncini, Ornella Barre, Massimo Nunzio Barrella, Davide Basano, Natalia Basilico, Elena Bassi, Silvia Bassi, Paola Bellini, Giovanna Bernasconi, Alessandra Bertolini, Marcello Bettoni, Fiorenza Bevilacqua, Salvatore Biondo, Anna Bobba, Mariaelisa Bonaglia, Annalisa Bonazzi, Paola Bonazzoli, Davide Bonetti, Annamaria Borando, Norna Bortolotti, Maddalena Brigatti, Demetrio Caccamo, Giuseppina Calzavacca, Massimo Camola, Manuela Campeggi, Claudio Cancelli, Pietro Cappelletto, Roberto Capuzzo, Maria Carfagno, Maria Grazia Casagrande, Adamo Castelnuovo, Marilia Cattaneo, Valeria Cattaneo, Simonetta Cavalieri, Giuliana Cavallo Guzzo, Elena Centemero, Marcella Ceradini, Laura Ceresa, Luisella Cermisoni, Ivan Achille Cervesato, Riccardo Cesarotti, Maria Cesati, Maurizio Adamo Chiappa, Marta Chioffi, Gabriella Cicolini, Patrizia Cocchi, Francesco Cocquio, Gabriella Maria Sonia Conte, Eleonora Coppola, Laura Lucia Corradini, Giulio Corticelli, Antonino Costa, Raffaella Maria Crimella, Clelio Crippa, Dario Maria Crippa, Antonella Maria Cutro, Wilma De Pieri, Angela De Sario, Silvia Della Moretta, Paolo Della Porta, Aldo Delpari, Rossana Di Gennaro, Sara Di Nunzio, Giancarlo D'Onghia, Cristiana Ducoli, Anna Farina, Enrico Fasoli, Fabio Favento, Margherita Fazio, Alberto Ferrari, Alessandra Ferrari, Nicoletta Ferrari, Vittorina Ferrari, Armanda Ferrarini, Armanda Ferrario, Federica Festa, Laura Maria Forlin, Giorgio Foti, Elda Frojo, Gabriella Fumagalli, Rita Fumagalli, Paola Gajotti, Eleonora Galli, Valentina Gambarini, Sabrina Gaspari, Lucia Gasperini, Carola Zelika Gavazzi, Luciano Gerri, Maria Emilia Gibellini, Fabiana Ginesi, Emanuele Giordano, Fabio Giovanetti, Ferancesca Giuranna, Aurora Annamaria Gnech, Giancarlo Gobbi Frattini, Sefano Gorla, Donatella Gozzi, Angelo Grassi, Lucia Grassi, Angela Graziani, Marilena Gritti, Rosa Gualandris, Gregoria Loredana Guccione, Angelo Gueli, Caterina Guerini, Domenico Guglielmo, Barbara Gusmini, Riccardo Ielmini, Vito Ilacqua, Angela Serena Ildos, Maria Giaele Infantino, Salvatore Inglima, Livia Ispano, Angela Izzuti, Nicolò La Rocca, Federica Lautizi, Maria Lucia Lecchi, Patrizia Leorati, Elisabetta Libralato, Cristina Locatelli, Maria Teresa Lopez, Carmela Lugani, Elena Maffioletti, Catia Marina Magnini, Cristina Magnoni, Fernando Magri, Francesco Maieron, Laura Maineri, Silvia Maniscalchi, Maria Rita Marchesotti, Gaetano Marciano, Monica Marelli, Alberto Mariani, Mariarosa Marinaro, Giuseppina Martinelli, Alberto Martinuz, Marialuisa Mastrogiovanni, Marta Mattiotti, Barbara Mazzoleni, Francesco Meneghello, Stefania Menin, Claudio Mereghetti, Maria Grazia Merlina, Enzo Michelangeli, Veronica Migani, Sabina Minardi, Massimo Minnai, Vincenzo Mita, Maria Pia Moceri, Eugenio Gaetano Mora, Daniele Morandini, Marco Paolo Morini, Orsola Moro, Sandra Moroni, Elena Daniela Motta, Susanna Musumeci, Michele Negro, Patrizia Nesticò, Incoronata Nigro, Roberto Vicini, Giovanna Viganò, Gabriella Villa, Primula Visconti, Nicoletta Vitali, Silvana Vitella, Raffaella Zanardini, Celestina Zandonai, Daniele Zangheri, Elisabetta Zani, Mauro Agostino Donato Zeni, Elisabetta Zonca, Luisa Zuccoli, rappresentati e difesi dagli avvocati Federico Tedeschini e Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso lo studio legale de primo in Roma, largo Messico, 7; Cinzia Dall'Asta, Umberto Dallocchio, Paolo D'Alvano, Francesca D'Anna, Antonella Daoglio, Romano Dasti, Piermichele De Agostini, Antonia De Felice, Alessandra De Fiori, Marco De Giorgi, rappresentati e difesi dagli avvocati Pierpaolo Salvatore Pugliano e Federico Tedeschini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, largo Messico, 7; Corrado Giulio Del Buono, rappresentato e difeso dagli avvocati Federico Tedeschini e Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, largo Messico, 7; Giuseppe Scateni, Raffaella Fumi, Laura Metelli, Raffaella Piatti, Giuseppe Iacona, Daniela Frittitta, Patrizia Ferri, rappresentati e difesi dagli avvocati Federico Tedeschini e Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, largo Messico, 7;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata 18 luglio 2012, n. 2035 del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, Milano, Sezione IV.



Visti i ricorsi in appello, principale e incidentale, e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati dello Stato Basilica, nonché gli avvocati Pafundi, Barboni, Resta, Angiolini, Ardizzi, per delega dell'avvocato Panariti, Masini, Bertone, Pugliano e Zenga.



FATTO
1.– Con decreto del direttore generale per il personale scolastico del 13 luglio 2011, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha bandito il «concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici per la scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado e per gli istituti educativi».
La procedura concorsuale – che si è svolta, in tutte le sue fasi, a livello regionale – si articolava, una volta superata una prova preselettiva a carattere culturale e professionale, nella seguenti fasi: i) due prove scritte e una prova orale; ii) valutazione dei titoli; iii) periodo obbligatorio di formazione e tirocinio per i candidati utilmente collocati nelle graduatorie generali di merito e dichiarati vincitori nei limiti dei posti messi a concorso (artt. 2, 8 e 9 del bando). In particolare, per quanto interessa in questa sede, la prima prova scritta è consistita nello svolgimento di un elaborato su una o più tra le aree tematiche individuate. La seconda prova scritta è consistita nella soluzione di un caso relativo alla gestione dell’istituzione scolastica. Sono stati ammessi alla prova orale coloro che hanno ottenuto un punteggio non inferiore a 21/30 in ciascuna prova scritta (art. 10 del bando).
In Lombardia sono stati messi a concorso 355 posti di dirigente scolastico.
Una volta espletate le prove preselettive, la commissione di concorso, suddivisa in due sottocommissioni, ha avviato la fase di correzione degli elaborati consegnati da 996 candidati. I candidati ammessi alla prova orale sono stati 476.
2.– Taluni concorrenti, che non avevano superato la prova scritta, hanno proposto tredici autonomi ricorsi al Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, Milano. In particolare, sono stati fatti valere una serie di motivi, che possono essere suddivisi in tre gruppi, relativi: i) alle modalità di svolgimento delle prove; ii) alle modalità di correzione degli elaborati; iii) alla composizione della commissione.
In relazione al primo gruppo sono state dedotte le seguenti illegittimità: i) l’elaborazione delle tracce sarebbe di competenza dell’amministrazione statale e non di quella regionale; ii) i criteri di valutazione risultano redatti nella riunione del 9 gennaio 2012, successivamente all’effettuazione degli scritti; inoltre, nel predetto verbale si afferma che il documento di valutazione era stata già predisposto dalla commissione «e successivamente rielaborato» nel corso della predetta riunione; iii) i criteri di valutazione non sarebbero congrui nella parte in cui fanno riferimento, per la valutazione della prima traccia, alla «originalità critica» (che sarebbe sproporzionata rispetto alla finalità perseguita) e alla «competenza negoziale e relazionale» (che non sarebbe valutabile in sede di correzione di un elaborato scritto); iv) la prima traccia, oltre ad essere generica, prescriveva di elaborare una «offerta formativa» facendo riferimento ad un «grado e ordine di scuola più confacente alla propria esperienza», il che vanificherebbe le garanzie dell’anonimato.
In relazione al secondo gruppo, si è dedotta: i) la violazione del principio dell’anonimato, avendo l’amministrazione utilizzato buste, contenenti il cartoncino per l’indicazione dei dati anagrafici, non idonee, per la loro consistenza, a garantire il rispetto di tale principio; ii) l’inosservanza della regola del collegio perfetto, in quanto, nel verbale del 9 gennaio 2012, n. 16, era previsto che «ciascuna commissione correggerà le prove in modo indipendente dall’altra mentre il presidente sarà sempre presente nel momento della valutazione»; in particolare, si è stabilito che il presidente assiste alla correzione e valutazione degli elaborati nell’ambito di una sottocommissione mentre nell’altra, dopo avere letto le prove, le valuterà collegialmente (si cita la sentenza 29 maggio 2009, n. 477 del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana che, in relazione ad una fattispecie analoga alla presente relativa al concorso per dirigenti che si è espletato in Sicilia, ha affermato che viola le regole relative alla composizione dei collegio la circostanza che l’unico presidente si sposti dall’una all’altra delle commissioni); iii) il tempo dedicato alla correzione non è stato sufficientemente adeguato, anche in quanto quasi la metà degli elaborati complessivi risulterebbe corretto nelle ultime quattro settimane; iv) impossibilità di associare le schede valutative agli elaborati; v) l’apposizione «su ciascuna busta di un post-it indicante il numero corrispondente all’elenco alfabetico del candidato; successivamente i post.-it sono stati rimossi per essere sostituiti con un codice a barra buste contenente le due prove scritte a loro volto imbustate», il che consentirebbe «di identificare il nome del candidato semplicemente facendo riferimento a tale codice a barre, con meccanismi tecnici facilmente reperibili (dalle penne con lettore ottico ai moderni smartphone) »; vi) «la totale assenza di segni di valutazione», il che «implica, in concreto, l’impossibilità di comprendere le modalità adottate dalle commissioni esaminatrice nella valutazione delle prove».
In relazione al terzo gruppo, si è dedotta: i) l’incompatibilità di taluni membri della commissione in ragione di incarichi politici da essi rivestiti; ii) l’inosservanza delle prescrizioni che impongono che tra i componenti della commissione devono essere presenti «esperti di organizzazione pubblica» (in particolare privi di tale requisito sarebbero il dott. Agresta e il prof. Bianchi).
3.– Si è costituita nei detti giudizi l’Amministrazione statale rilevando, in via preliminare: i) l’inammissibilità di taluni ricorsi perché proposti in forma collettiva nonostante la presenza di posizioni confliggenti; ii) il mancato rispetto delle regole del contraddittorio, per l’omessa evocazione in giudizio di coloro che avevano superato la prova scritta, nonché di coloro che avevano superato anche la prova orale.
4.– Il Tribunale amministrativo ha disposto, con ordinanze istruttorie, l’acquisizione delle buste contenenti gli elaborati, che sono state depositate in data 10 luglio 2012.
Il primo giudice, con sentenza in forma semplificata, 18 luglio 2012, n. 2035, dopo avere riuniti i ricorsi, ha ritenuto prive di fondamento le eccezioni sopra indicate, in quanto: i) i ricorrenti sono titolari di posizioni omogenee, perseguendo il fine comune di ottenere, attraverso l’annullamento della procedura concorsuale, il rinnovo della relativa fase procedurale; ii) i candidati che hanno superato le prove, sopra indicate, non sono ancora controinteressati in senso processuale.
Nel merito, si è dedotto che «alla camera di consiglio del 17 luglio 2012, alla presenza dei difensori di tutte le parti del presente contenzioso, si è proceduto alla verifica del materiale depositato in data 10 luglio 2012 dall’amministrazione resistente (…).Dall’esame svolto, è emerso nitidamente che il contenuto del cartoncino, contenente i dati anagrafici dei candidati, risulta agevolmente leggibile, se posto in controluce, anche all’interno della busta bianca piccola in cui il predetto cartoncino è stato posto dallo stesso candidato. Ciò avviene a causa del colore bianco, della consistenza molto modesta – al limite della trasparenza – dello spessore della carta utilizzata per realizzare la busta piccola, che deve contenere il cartoncino, e dall’assenza di un ulteriore rivestimento interno alla stessa, come solitamente dovrebbe avvenire con riguardo a tutte le buste destinate ad essere utilizzate in sede concorsuale». Per queste ragioni il primo giudice ha annullato gli atti relativi allo svolgimento delle prove scritte.
Si è, inoltre, affermato quanto segue: «al fine di conformare la successiva azione dell’Amministrazione resistente, in sede di eventuale riedizione della procedura concorsuale, va altresì sottolineato che il procedimento di correzione degli elaborati scritti da parte della Commissione (rectius, Sottocommissione, come da verbale n. 16 del 9 gennaio 2012), deve avvenire necessariamente alla presenza di tutti i componenti della stessa – che è un collegio perfetto – dovendosi procedere congiuntamente sia alle operazioni di lettura e di correzione degli elaborati, che di valutazione vera e propria, atteso che il momento valutativo non può essere scisso dalle attività alle stesse direttamente prodromiche, quali la lettura e la correzione dell’elaborato».
5.– Ha proposto appello il Ministero, deducendo che le buste e i cartoncini «si presentano di conformazione tale da non essere, né far apparire, ictu oculi, alcuna possibile violazione del loro contenuto e quindi del principio di riservatezza e di anonimato delle prove». Ciò sarebbe confermato, da un lato, dal fatto che l’acquisito delle buste è avvenuto tramite la Consip, dall’altro, che «in sede di esame nessun commissario, nessun componente del comitato di vigilanza o addetto alla vigilanza d’aula e soprattutto nessun candidato (…)ha rilevato o contestato alcunché».
Infine, si assume che l’asserita irregolarità non avrebbe avuto «ricadute effettive sulla tutela dell’anonimato», in quanto dai verbali della commissione risulterebbe che «le buste piccole contenenti i cartoncini con i nominativi dei candidati sono state separate dalle buste con i compiti e numerate progressivamente in parallelo con queste ultime, per essere associate agli elaborati solo alla fine di tutte le sedute di correzione».
5.1.– Le parti qui indicate in epigrafe hanno proposto appello incidentale autonomo, rilevando, sul piano processuale, l’erroneità della sentenza in quanto: i) non è stato correttamente instaurato il contraddittorio, atteso che per uno dei ricorsi, recante il n. 1596 del 2012, non era stata depositata la cartolina di ricevimento con riferimento a tre dei controinteressati; ii) mancavano i presupposti per l’adozione di una sentenza in forma semplificata essendo incompleto, per le ragioni indicate, sia il contraddittorio sia l’istruttoria; iii) è stata disposta, supplendo, tra l’altro ad una carenza istruttoria dei ricorrenti, una «verificazione domestica» e non invece una verificazione avente i requisiti indicati dall’art. 66 Cod. proc. amm., il che avrebbe consentito di individuare un autonomo organismo con possibilità di formulare i quesiti da sottoporgli; iv) non è stata proposta querela di falso.
Nel merito, oltre a contestare la trasparenza delle buste, si assume che: i) le stanze dove si è svolta la correzione sono «delle stanze prive di finestre e comunque dotate di una scarsa illuminazione naturale», essendo presenti solo «dei lucernai, peraltro di vetro opaco, di modestissime dimensioni che fanno da cornice alle porte, senza volere trascurare poi il fatto che le porte danno su un cortile interno buio»; ii) la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato che l’accertamento deve essere svolto in concreto e non in astratto (si cita Cons. Stato, V, 1 ottobre 2002, n. 5132, relativo all’apposizione di segni di riconoscimento e Cons. Stato, IV, 6 luglio 2004, n. 5017, relativo allo “scollamento” di buste, ritenuto non invalidante per mancanza di intenzionalità del candidato di farsi riconoscere); iii) la leggibilità dei nominativi presupporre un comportamento «fraudolento» della commissione.
5.2.– Le parti indicate in epigrafe hanno proposto intervento ad adiuvandum, ribadendo le tesi difensive contenute nell’atto di appello.
5.3.– Le parti indicate in epigrafe hanno proposto opposizione di terzo, rilevando la tardività del ricorso di primo grado nella parte in cui è stata contestata la violazione del principio dell’anonimato, in quanto «l’astratta possibilità, foriera della lesione immediata ed attuale del principio dell’anonimato, esisteva già al momento della consegna delle buste ai candidati». Le stesse parti hanno anche dedotto la mancata impugnazione della graduatoria definitiva. Nel merito si ribadiscono le argomentazioni difensive contenute negli appelli e negli interventi proposti.
6.– Le parti ricorrenti in primo grado si sono costituite in giudizio.
In via preliminare, si assume l’inammissibilità dell’appello per non essere stato notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado. Nel merito si contesta la fondatezza degli appelli e delle opposizioni e si ripropongono i motivi, sopra indicati, non esaminati dal primo giudice.
7.– Con decreto cautelare monocratico 3 agosto 2012, n. 3218 il Presidente della Sezione ha affermato quanto segue: «stante l’imminenza dell’inizio dell’anno scolastico, appaiono sussistere i presupposti della gravità e urgenza richiesti per la pronuncia del decreto decisorio, limitatamente all’effettuazione degli adempimenti preparatori delle nomine e con esclusione di queste ultime; l’Amministrazione provvederà a dare notizia agli interessati che detti adempimenti sono eseguiti in attuazione degli effetti cautelari del presente decreto e che l’eventuale adozione dei provvedimenti di nomina resta subordinata all’esito dell’esame collegiale della controversia da parte della Sezione».
8.– Con ordinanza 28 agosto 2012, n. 3295 la Sezione ha rigettato la domanda cautelare, ritenendo, all’esito di una sommaria delibazione, che «le buste contenenti i nominativi dei candidati hanno natura tale da rendere astrattamente leggibili i nominativi stessi» e che «tale circostanza risulta dalla verifica diretta delle buste prodotte agli atti del giudizio».
Con la stessa ordinanza è stata fissata, per la trattazione nel merito della controversia, l’udienza pubblica del 20 novembre 2012.
9.– In vista della predetta udienza il Ministero appellante ha depositato una relazione tecnica, redatta da una commissione perizia su carte valori presso l’Istituto poligrafico dello Stato. Nella relazione si conclude affermando che «in condizioni di luce riflessa le scritte compilate sui cartoncini racchiusi all’interno delle buste sono risultati non leggibili a colpo d’occhio». Si aggiunge che «in assenza di strumentazione l’unica possibilità per leggere le scritte risulta l’esposizione delle buste a luce solare direttamente sul retro della busta (luce trasmessa) nonché l’uso di una lampada da tavolo utilizzata come piano visore (luce trasmessa) ». La commissione ritiene che «queste due modalità non possono essere definite “ictu oculi ».
10.– All’esito della predetta udienza, la Sezione, anche al fine di verificare l’attendibilità delle conclusioni contenute nella predetta relazione, ha disposto, con ordinanza 26 novembre 2012, n. 5959, una verificazione tecnica volta: «a) ad accertare, mediante un’indagine tecnica sulla composizione e sulle caratteristiche materiali delle buste, la loro natura e consistenza; b) a verificare se e con quali modalità siano leggibili i nominativi dei canditati posti all’interno delle buste». A tale fine, è stato nominato «il Direttore del Dipartimento di scienze merceologiche dell’Università La Sapienza di Roma». La causa è stata rinviata al 15 gennaio 2013 ed è stato disposto che il verificatore dovesse depositare la relazione entro il 4 gennaio.
10.1.– Con atto depositato il 14 dicembre 2012 il verificatore ha rinunciato all’incarico, facendo presente di non avere «a disposizione le attrezzature necessarie per svolgere la verifica tecnica».
10.2.– All’esito dell’udienza del 15 gennaio 2013, pertanto, questa Sezione ha, con ordinanza depositata il successivo 21 gennaio, nominato, quale nuovo verificatore, il prof. Teodoro Valente, Direttore del Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Con questa ordinanza sono stati posti gli stessi quesiti della precedente ordinanza, assegnando al verificatore termine sino al 1° marzo 2013 per il deposito della relazione tecnica. La causa è stata, pertanto, rinviata all’udienza pubblica del 22 marzo 2013.
10.3.– Il verificatore ha, poi, depositato, il 21 febbraio 2013, una istanza volta ad ottenere una proroga di trenta giorni per il deposito della relazione che, con ordinanza 11 marzo 2013, è stata concessa, rinviando la causa al 30 aprile 2013.
10.4.– La relazione tecnica è stata depositata l’11 aprile 2013. Con istanza depositata in pari data la difesa dell’Amministrazione ha chiesto lo spostamento dell’udienza già fissata ad altra data, al fine di potere avere un tempo adeguato per esaminare il contenuto della relazione tecnica e depositare una memoria difensiva. All’udienza pubblica del 30 aprile la causa è stata, pertanto, differita al 4 giugno.
11.– All’udienza del 4 giugno la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.– La questione posta all’esame del Collegio attiene alla legittimità della procedura concorsuale, indetta con decreto del Direttore generale per il personale scolastico del 13 luglio 2011 e descritta nella parte in fatto (punto 1), per il reclutamento di dirigenti scolastici nella Regione Lombardia.
2.– In via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità e di (parziale) irricevibilità del ricorso di primo grado sollevate dagli appellanti e dagli opponenti.
2.1.– Con una prima eccezione è stata dedotta la violazione delle regole che presiedono all’instaurazione del contraddittorio, in quanto non è stata assicurata la partecipazione al giudizio di tutti coloro che, al momento della proposizione del ricorso, avevano già superato la prova scritta. Gli appellanti incidentali hanno aggiunto che, per uno dei ricorsi proposti, i ricorrenti non hanno dimostrato, in relazione a taluni controinteressati, il perfezionamento della notificazione.
Le eccezioni non sono fondate.
La qualifica di controinteressato in senso processuale richiede un requisito formale, costituito dalla presenza del nominativo nel provvedimento amministrativo, e un requisito sostanziale, costituito dalla sussistenza di un interesse contrario al mantenimento della situazione attuale, definita dal provvedimento stesso (v. art. 41 Cod. proc. amm.).
Nel caso delle procedure concorsuali, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, da cui non vi è motivo di discostarsi, ha affermato che quando sono in corso di espletamento, «non essendo ancora stata stilata la graduatoria definitiva, vi è ancora incertezza riguardo ai nominativi dei vincitori, non sono ravvisabili posizioni di controinteresse in senso tecnico giuridico in sede di impugnazione del provvedimento di esclusione di taluno dei candidati, posto che non risulta sufficientemente differenziata la posizione degli altri partecipanti, non ancora utilmente selezionati» (Cons. Stato, VI, 24 novembre 2011, n. 6206; 26 gennaio 2009, n. 348; 15 dicembre 2009, n. 7945; e Cons. giust. amm. sicil. 25 maggio 2009, n. 477, che ha affermato il principio sopra riportato con riferimento al concorso per dirigenti scolastici che si è espletato nel 2004 in Sicilia).
Da quanto esposto consegue che l’eventuale mancato perfezionamento della notificazione nei confronti di taluno dei controinteressati non costituisce causa di invalidità della sentenza adottata.
2.2.– Con una seconda eccezione è stata dedotta l’inammissibilità dei ricorsi collettivi, attesa la posizione disomogenea dei ricorrenti.
L’eccezione non è fondata.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che il ricorso collettivo è ammissibile nel solo caso in cui, oltre a sussistere «una situazione di identità sostanziale e processuale in rapporto a domande giudiziali fondate sulle stesse ragioni difensive», manchi un conflitto di interessi tra le parti (ex multis, Cons. Stato, IV, 29 dicembre 2011, n. 6990).
Nella fattispecie qui in esame, i ricorrenti di primo grado hanno fatto valere, tra l’altro, illegittimità derivanti dalle violazioni dei principi sull’anonimato, circostanza che esclude la presenza di situazioni confliggenti: l’accoglimento del ricorso, infatti, determinerebbe un’utilità per tutte le parti ricorrenti.
2.3.– Con una terza eccezione è stato dedotto che il ricorso di primo grado avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per omessa impugnazione della graduatoria finale.
L’eccezione non è fondata.
Il ricorso di primo grado è stato proposto e la sentenza è stata adottata prima dell’approvazione della graduatoria. Il decreto monocratico di questa Sezione n. 3218 del 2012 ha espressamente autorizzato gli adempimenti preparatori alle nomine, puntualizzando che gli stessi sono eseguiti in attuazione degli effetti cautelari del decreto stesso e che l’eventuale adozione di provvedimenti di nomina restava subordinata all’esame collegiale della controversia da parte della Sezione. Non può, pertanto, ritenersi che sussista un atto di approvazione di graduatoria, dotato di propria autonomia precettiva, che occorresse impugnare.
2.4.– Con una quarta eccezione è stato affermato che non sussistevano i presupposti per l’adozione di una sentenza in forma semplificata in ragione dell’incompletezza del contraddittorio e dell’istruttoria, con conseguente obbligo di annullare la sentenza e rinviare l’esame della controversia al primo giudice.
L’eccezione non è fondata.
I presupposti per l’adozione della sentenza impugnata, contemplati dall’art. 60 Cod. proc. amm., erano presenti, in quanto: i) il contraddittorio era completo per le ragioni sopra esposte in ordine alla ritualità delle notificazioni; ii) l’istruttoria, svolta nel modo già illustrato (punto 4 della parte in fatto) è stata ritenuta anch’essa completa dal primo giudice.
2.5.– Con una quinta eccezione gli appellanti incidentali deducono che l’accertamento in ordine alla natura delle buste avrebbe presupposto la proposizione della querela di falso.
L’eccezione non è fondata.
Le parti appellate non hanno contestato, in ragione della peculiare natura della violazione contestata, la verbalizzazione di determinate operazioni da parte dei commissari. Ne consegue che l’accertamento giudiziale, richiesto in questa sede, non è impedito da tale omessa proposizione di querela.
2.6.– Infine, gli opponenti hanno rilevato la tardività del ricorso di primo grado nella parte in cui è stata contestata la violazione del principio dell’anonimato, in quanto «l’astratta possibilità, foriera della lesione immediata ed attuale del principio dell’anonimato, esisteva già al momento della consegna delle buste ai candidati».
L’eccezione non è fondata.
Nelle procedure concorsuali l’interesse a ricorrere sorge nel momento in cui vengono adottati i provvedimenti finali di esclusione dal concorso per mancato superamento della prova scritta. Non esiste, pertanto, un onere di impugnazione immediata dei verbali della commissione e comunque degli atti aventi valenza endoprocedimentale.
3.– Gli appelli e le opposizioni di terzo proposte, a prescindere dalle questioni preliminari poste dalle parti appellate, non sono fondati.
4.– In via preliminare non è inutile rammentare, su un piano generale, le previsioni costituzionali rilevanti in tema di concorso pubblico così come considerate dalla Corte costituzionale, oltre che, sul piano specifico, le norme di legge e regolamentari poste a garanzia del principio dell’anonimato.
4.1.– In generale, va sottolineato che l’art. 97, terzo comma, della Costituzione prevede che, salvo i casi stabiliti dalla legge, «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso». Ciò significa che la «forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni» (Corte cost., 9 novembre 2006, n. 363) è rappresentata «da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito e aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente e obiettivamente definiti» (Corte cost., 13 novembre 2009, n. 293).
La giurisprudenza costituzionale ha rilevato la stretta correlazione a questa norma costituzionale degli articoli 3, 51 e 97, primo comma, Cost.
Il concorso pubblico, infatti: i) consente «ai cittadini di accedere ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza» (artt. 3 e 51); ii) garantisce il rispetto del principio del buon andamento (art. 97, primo comma), in quanto «il reclutamento dei dipendenti in base al merito si riflette, migliorandolo, sul rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle prestazioni da queste rese ai cittadini» (Corte cost. n. 293 del 2009, cit.); iii) assicura il rispetto del principio di imparzialità, in quanto «impedisce che il reclutamento dei pubblici impiegati avvenga in base a criteri di appartenenza politica e garantisce, in tal modo, un certo grado di distinzione fra l’azione del governo, normalmente legata agli interessi di una parte politica, e quella dell’amministrazione, vincolata invece ad agire senza distinzioni di parti politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate nell’ordinamento; sotto tale profilo il concorso rappresenta, pertanto, il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di imparzialità e al servizio esclusivo della Nazione» (Corte cost. n. 293 del 2009, cit. e 15 ottobre 1990, n. 453).
Da tutto quanto esposto è dato trarre la considerazione che la pratica effettiva dell’anonimato per le prove scritte d’esame dei concorsi pubblici – come in generale per tutti gli esami scritti a rilievo pubblico – realizza in termini pratici principi e regole di dignità costituzionale. Dal che la sua indefettibilità in concreto.
4.2.– Nello specifico poi, l’art. 14 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi) disciplina gli adempimenti dei concorrenti e della commissione al termine della prova scritta (analoghe disposizioni sono contenute nel d.P.R, 3 maggio 1957, n. 686, recante «Norme di esecuzione del testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3»).
In particolare, la commissione è tenuta a:
- consegnare al candidato in ciascuno dei giorni di esame due buste di eguale colore: una grande munita di linguetta staccabile ed una piccola contenente un cartoncino bianco (comma 1);
- il presidente della commissione o del comitato di vigilanza, o chi ne fa le veci, appone trasversalmente sulla busta, in modo che vi resti compreso il lembo della chiusura e la restante parte della busta stessa, la propria firma e l'indicazione della data della consegna (comma 2, ultimo inciso);
- al termine di ogni giorno di esame è assegnato alla busta contenente l’elaborato di ciascun concorrente lo stesso numero da apporsi sulla linguetta staccabile, in modo da poter riunire, esclusivamente attraverso la numerazione, le buste appartenenti allo stesso candidato (comma 3);
- successivamente alla conclusione dell’ultima prova di esame e comunque non oltre le ventiquattro ore si procede alla riunione delle buste aventi lo stesso numero in un unica busta, dopo aver staccata la relativa linguetta numerata; tale operazione è effettuata dalla commissione esaminatrice o dal comitato di vigilanza con l’intervento di almeno due componenti della commissione stessa nel luogo, nel giorno e nell’ora di cui è data comunicazione orale ai candidati presenti in aula all'ultima prova di esame, con l'avvertimento che alcuni di essi, in numero non superiore alle dieci unità, potranno assistere alle anzidette operazioni (comma 4);
- i pieghi sono aperti alla presenza della commissione esaminatrice quando essa deve procedere all'esame dei lavori relativi a ciascuna prova di esame (comma 5);
- il riconoscimento deve essere fatto a conclusione dell’esame e del giudizio di tutti gli elaborati dei concorrenti (comma 6).
Il candidato è tenuto:
- dopo aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, né altro contrassegno, a mettere il foglio o i fogli nella busta grande; a scrivere il proprio nome e cognome, la data e il luogo di nascita nel cartoncino, chiudendolo nella busta piccola; a porre, quindi, anche la busta piccola nella grande che richiude e a consegnare il tutto al presidente della commissione o del comitato di vigilanza o a chi ne fa le veci (comma 2, primo inciso).
Sul piano funzionale, va considerato il dato essenziale che l’ordinamento, con queste norme, intende assicurare il rispetto effettivo del principio dell’anonimato - vale a dire della non riconoscibilità, anche ipotetica, dell’autore - degli scritti concorsuali, che costituisce «garanzia ineludibile di serietà della selezione e dello stesso funzionamento del meccanismo meritocratico» (Cons. Stato, VI, 6 aprile 2010, n. 1928) e rappresenta «il diretto portato del criterio generale di imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi, anche soltanto potenziali, di condizionamenti esterni» (Cons. Stato, V, 5 dicembre 2006, n. 7116; Cons. Stato, V, 1 marzo 2000, n. 1071).
Sul piano strutturale, per perseguire nella realtà pratica un tale obiettivo, l’ordinamento prevede norme cogenti che, in rapporto ai suddetti principi costituzionali, configurano regole di condotte tipizzate, riconducibili all’amministrazione e ai candidati, che indefettibilmente vanno osservate nelle procedure concorsuali. La violazione di tali norme comporta un’illegittimità da pericolo astratto e presunto: solo con una siffatta rigorosa precauzione generale, infatti, è ragionevolmente garantita l’effettività dell’anonimato nei casi singoli. Con queste cautele, elevate a inderogabili norma di condotta, la soglia dell’illegittimità rilevante viene anticipata all’accertamento della sussistenza di una condotta concreta non riconducibile a quella tipizzata. L’ordinamento non chiede dunque che il giudice accerti di volta in volta che la violazione delle regole di condotta abbia portato a conoscere effettivamente il nome del candidato. Se fosse richiesto un tale, concreto, accertamento, lo stesso - oltre ad essere di evidente disfunzionale onerosità - si risolverebbe, con inversione dell’onere della prova, in una sorta di probatio diabolica che contrasterebbe con l’esigenza organizzativa e giuridica di assicurare senz’altro e per tutti il rispetto delle indicate regole, di rilevanza costituzionale, sul pubblico concorso.
4.2.1.– Riguardo alla casistica ad oggi formatasi sui comportamenti dei candidati, il caso più ricorrente riguarda l’apposizione di segni di riconoscimento sugli elaborati scritti: a tale proposito, si è affermato che «ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore dell’elaborato mediante un segno a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta idoneità del segno a fungere da elemento di identificazione» (da ultimo, Cons. Stato, V, 11 gennaio 2013, n. 102; VI, 26 marzo 2012, n. 1740; si v. anche V, 29 settembre 1999, n. 1208). Più in dettaglio, la casistica stessa varia poi in relazione all’identificazione della nozione di “segno” astrattamente riconoscibile.
Con riferimento ai comportamenti dell’amministrazione, i casi indicati riguardano l’apposizione sui lembi di chiusura delle buste contenenti gli elaborati delle sigle dei membri della commissione. A tal proposito, si è affermato che è sufficiente che tali sigle «siano apposte in maniera macroscopicamente diversa da busta a busta ovvero che su alcune di esse sia stata marcata la data con la sola indicazione del giorno e del mese mentre su altre vi si legge il giorno, il mese e l'anno» per considerare leso il principio dell’anonimato. E’ stato ritenuto sufficiente, anche in questo caso, la violazione della regola di condotta tipica descritta dalle norme «senza che sia necessario (…)ricostruire a posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli elaborati da parte dei soggetti chiamati a valutarli» (Cons. Stato, VI, n. 1928 del 2010, cit.).
5.– Ciò rammentato, si può qui passare ad analizzare i motivi dedotti dagli appellanti e opponenti, che possono essere suddivisi in due gruppi.
Con un primo gruppo si assume che: i) i ricorrenti in primo grado non hanno dimostrato la trasparenza delle buste e, in ogni caso, esse avrebbero natura tale non fare risultare, ictu oculi, leggibili i nominativi, come sarebbe dimostrato dal fatto che i.1) tali buste sono state acquistate tramite la Consip e che i. 2) nessun candidato o commissario abbia mai contestato la natura delle buste.
5.1.– I motivi non sono fondati.
Viene qui in rilievo il comportamento dell’amministrazione che ha fornito ai singoli candidati le buste contenenti il cartoncino su cui apporre i propri dati anagrafici.
L’art. 14 del d.P.R. n. 487 del 1994 prevede, come già sottolineato, che la commissione consegni ai singoli candidati una busta piccola contenente un cartoncino bianco su cui indicare i propri dati anagrafici.
Questa busta deve avere natura e consistenza tale da non consentire la lettura dei predetti dati.
Occorre allora qui accertare se la condotta concreta posta in essere dall’amministrazione sia o meno riconducibile alla condotta tipica voluta dall’ordinamento.
Questa verifica ha presupposto, in primo luogo, l’acquisizione, disposta dal primo giudice, della documentazione costituita dalle buste nella disponibilità dell’amministrazione. Sul punto non può, pertanto, ritenersi che i ricorrenti in primo grado non abbiamo fornito la prova dei fatti dedotti.
In secondo luogo, la verifica ha richiesto un accertamento tecnico che, anche per la varietà dei contesti ambientali nel cui ambito esso deve essere svolto, il Collegio ha demandato a un verificatore.
Il verificatore ha depositato la relazione tecnica in data 11 aprile 2013.
La relazione ha premesso che la tipologia di tecniche e strumenti potenzialmente utilizzabili per la lettura dei «dati identificativi» è assai ampia. In particolare, ha ritenuto che la modalità guida sulla base della quale selezionare le tecniche di indagine debba essere quella «ictu oculi» affiancata da determinazioni strumentali sul grado di bianco e da misure di opacità. Sono state, pertanto, escluse tecniche sofisticate da laboratorio, quale la video-comparazione, la digitalizzazione di immagini e la loro elaborazioni con software dedicati, l’uso di sistemi di microscopia equipaggiati con lenti di ingrandimento e software di analisi, gestione ed elaborazione di immagini. Il verificatore ha, inoltre, dichiarato di avere «provveduto alla eliminazione dello strato d’aria tra busta e cartoncino mediante pressione meccanica esercitata con le dita, simulando una operazione di stiraggio ancorata ai lembi laterali delle buste».
Il verificatore ha concluso ritenendo che la misura del grado di bianco è compatibile con i valori medi e la misura di opacità «è considerato congruo rispetto al segreto epistolare di tipo comune».
Per quanto attiene alle valutazioni ictu-oculi, ha effettuato una serie di accertamenti, valutando tutte le possibili condizioni ambientali nella fase di correzione degli elaborati.
In particolare, egli ha accertato quanto segue.
A) I nominati dei candidati sono leggibili in condizioni «di luce media con cielo privo di nubi e con irraggiamento indiretto all’interno di un locale non illuminato artificialmente» (pag. 12 rel.). Si è puntualizzato che «in base ai risultati ottenuto non si è ritenuto necessario procedere ad una valutazione nella condizione di luce solare trasmessa per irraggiamento diretto, con diffusione attraverso vetro, e nella condizione di luce solare trasmessa per irraggiamento diretto senza diffusione attraverso vetro (la cosiddetta condizione di “controluce”), in quanto la sola luce solare trasmessa e diffusa attraverso una finestra nelle condizioni di verifica già consente la lettura dei nominativi sui cartoncini» (pag. 19 rel.).
B) I nominativi dei candidati sono leggibili in «condizioni di luce media del giorno a cielo coperto all’interno di un locale non illuminato artificialmente» (pag. 20 rel.) in caso di «cartoncino inserito lato intestazione o lato chiusura busta con osservazione diretta sullo stesso lato» (pag. 22 rel.).
C) I nominati dei candidati sono leggibili mediante «impiego di lampada da tavolo da 28W in trasmissione come piano visore» (pag. 26 rel.).
I dati identificativi non sono leggibili mediante impiego: a) di lampada da tavolo in condizione di riflessione (pagg. 23-24 rel.); b) di lampada da soffitto in condizione di trasmissione e di riflessione (pagg. 25-28).
Il Collegio, ritiene, con riferimento alle valutazioni preliminari, che la scelta tecnica, basata sull’accertamento ictu oculi, effettuata dal verificatore sia corretta, in quanto risulta compatibile con la natura del procedimento e dell’accertamento giudiziale richiesto. Inoltre, l’eliminazione dello strato d’aria, essendo effettuata con le modalità sopra indicate, risponde al normale impiego manuale delle buste.
Con riferimento alle valutazioni finali, il Collegio ritiene che le stesse correttamente conducano a ritenere che non sono state rispettate le norme di disciplina del settore.
Le rammentate regole di condotta tipiche impongono infatti che le buste utilizzate non debbano consentire, in qualunque possibile condizione ambientale, che siano “leggibili” i nominativi.
Le pratiche di condotta rilevate in concreto hanno però dimostrato che, in presenza di una luce naturale o artificiale del tipo sopra indicato, era in realtà possibile leggere i nominativi dei candidati e così identificarli, in evidente lesione della inderogabile garanzia di anonimato e dunque di eguaglianza.
Una volta perciò dimostrato, come così è avvenuto, che le buste permettono di poter conoscere i dati identificativi, non assumono rilevanza la circostanza che il Ministero abbia acquisito le buste mediante una fornitura Consip e che in sede di prova d’esame nessuno abbia specificamente contestato la consistenza della buste.
6.– Con un secondo ordine di motivi, strettamente connessi, si assume che, anche qualora le buste abbiano una consistenza tale da rendere astrattamente leggibili i nominativi, in ogni caso: i) le buste contenenti i nominativi non erano nella disponibilità della commissione; ii) i luoghi ove sono stati corretti gli elaborati non avevano, per mancanza di finestre, una luce naturale sufficiente; iii) è mancato l’accertamento in concreto della violazione delle regole dell’anonimato (come richiesto dalle decisioni 1 ottobre 2002, n. 5132 e 6 luglio 2004, n. 5017 della V e VI Sezione del Consiglio di Stato); iv) la violazione delle regole dell’anonimato presupporrebbe un comportamento “fraudolento” della commissione.
6.1.– I motivi non sono fondati.
In relazione al primo aspetto, dai verbali del concorso e, più in generale, dagli atti acquisiti al processo risulta che la busta piccola era nella “disponibilità” della commissione. Infatti, gli elaborati di ciascuna delle due prove scritte erano inseriti in una busta bianca unitamente alla busta piccola. Le due buste bianche sono state poi inserite in un’unica busta gialla. Al momento della correzione, la commissione ha proceduto ad assegnare un numero progressivo alla busta gialla e alle due buste bianche in quella contenute, per poi procedere all’apertura di una delle due buste bianche, assegnando un numero progressivo alla busta piccola e procedure alla correzione dell’elaborato. Appare evidente, pertanto che, contrariamente a quanto affermato dagli appellanti, la busta piccola sia stata nella disponibilità della commissione al momento della valutazione dei temi.
In relazione al secondo aspetto: i) non è possibile individuare con certezza un luogo unico di correzione che abbia le caratteristiche indicate; ii) erano, comunque, presenti, come ammettono le parti stesse, dei “lucernai”; iii) la leggibilità poteva avvenire, come sopra rilevato, sia in assenza di luce solare sia mediante luce artificiale.
In relazione al terzo aspetto non è necessaria la prova dell’effettiva lettura dei nominativi. Come già sottolineato è sufficiente un accertamento astratto e non concreto della violazione (si v. punto 4.2.1.). La decisione n. 5132 del 2002, sopra richiamata, non si discosta da questo principio, essendosi limitata a disporre una verifica “concreta” con riguardo alla tipologia di segni di riconoscimento apposti dai candidati. La decisione n. 5017 del 2004, anch’essa richiamata, ha riguardato una fattispecie particolare relativa alla scollatura di alcune buste consegnate a un numero ridotto di candidati. In tale decisione si è affermato che non poteva farsi ricadere sui candidati un rischio non addebitabile a un loro condotta finalizzata a farsi riconoscere, specificando che questo caso è diverso da quello in cui vengono consegnati a tutti i candidati buste che consentono la leggibilità dei nominati. In tale ipotesi, si è disposto, l’intera procedura dovrà essere «ripetuta, con rispetto della par condicio».
Infine, si deve rilevare come non sia necessario, per la lettura dei nominativi, un comportamento effettivamente “fraudolento” della commissione, in quanto, come già sottolineato, è sufficiente un impiego “ordinario” delle buste affinché si possa venire a conoscenza dei nominativi dei candidati.
7.– Si può adesso passare ad esaminare i motivi, riproposti in sede di appello dalle parti resistenti.
In particolare, sono stati fatti valere motivi che possono essere inseriti in tre gruppi relativi: i) alle modalità di svolgimento delle prove; ii) alle modalità di correzione degli elaborati; iii) alla composizione della commissione.
8.– I motivi inclusi nel primo gruppo, a prescindere dalla loro ammissibilità perché dedotti con ricorsi cumulativi, non sono fondati.
8.1.– Con un primo motivo si assume che l’elaborazione delle tracce sarebbe di competenza dell’amministrazione statale e non di quella regionale.
Il motivo non è fondato.
L’articolo 2 del bando di concorso prevede che la procedura concorsuale si svolga, in tutte le sue fasi, a livello regionale. La formulazione ampia consente che siano le singole commissioni, istituite presso le sedi regionali, ad elaborare le tracce per coloro che intendono partecipare al concorso in quel determinato territorio. Il bando prevede che soltanto la prova preselettiva sia unica a livello nazionale (art. 8).
In definitiva, in presenza di una formulazione così ampia del bando e in assenza di violazioni di legge, deve ritenersi che questa fase della procedura sia esente dai vizi denunciati.
8.2.– Con un secondo motivo si assume che i criteri di valutazione risultano redatti nella riunione del 9 gennaio 2012, successivamente all’effettuazione degli scritti; inoltre, nel predetto verbale si afferma che il documento di valutazione era stata già predisposto dalla commissione «e successivamente rielaborato» nel corso della predetta riunione. In particolare, si assume che i candidati avrebbero dovuto sapere che l’elaborato avrebbe dovuto essere redatto «in modo conciso ma compiuto».
Il motivo non è fondato.
I criteri di valutazione vanno predeterminati prima dell’inizio delle correzioni degli elaborati in modo da potere assegnare a ciascun tema un punteggio numerico alla luce dei criteri stessi. La loro funzione è, infatti, di consentire la comprensione dell’iter logico giuridico seguito dalla commissione nell’assegnazione di un determinato punteggio (es. Cons. Stato, II, 26 febbraio 2012, n. 5536).
La circostanza che, nella specie, i criteri siano stati definitivamente elaborati dopo le prove scritte, in assenza di deduzioni specifiche addotte in relazione al singolo elaborato, non può avere valenza invalidante.
8.3.– Con un terzo motivo si assume che i predetti criteri non sarebbero congrui nella parte in cui fanno riferimento, per la valutazione della prima traccia, alla «originalità critica» (che sarebbe sproporzionata rispetto alla finalità perseguita) e alla «competenza negoziale e relazionale» (che non sarebbe valutabile in sede di correzione di un elaborato scritto.
Il motivo non è fondato.
In via preliminare si deve rilevare che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è costante nel ritenere che «nei concorsi pubblici la predeterminazione dei criteri di valutazione delle prove si connota di un'ampia discrezionalità, sicché gli stessi sfuggono al sindacato giurisdizionale, salvi i casi di manifesta illogicità o irrazionalità» (da ultimo, Cons. Stato, IV, 28 maggio 2012, n. 3165).
Nella fattispecie in esame, la commissione, nel corso della riunione del 9 gennaio 2012, ha redatto i seguenti criteri con riferimento alla prima prova scritta: i) chiarezza espressiva e capacità di analisi; ii) pertinenza argomentativa; iii) attinenza alla traccia ed esaustività della trattazione; iv) originalità critica; v) uso corretto dei riferimenti normativi ed informativi; vi) competenza negoziale e relazionale.
Con riferimento alla seconda traccia sono stati individuati gli stessi criteri, con la sola sostituzione del criterio sub v) con il seguente: efficacia del riferimento al contesto professionale specifico.
Inseriti in tale contesto complessivo, i due criteri, oggetto di censure, sono immuni dai vizi denunciati in quanto la loro elaborazione rientra nella sfera di discrezionalità dell’amministrazione, la quale, nella specie, la ha esercitata in modo conforme al principio di ragionevolezza. Un sindacato su tale aspetto implicherebbe una non consentita sostituzione del giudice all’amministrazione.
8.4.– Con un quarto motivo si assume che la prima traccia, oltre ad essere generica, prescriveva di elaborare una «offerta formativa» facendo riferimento ad un «grado e ordine di scuola più confacente alla propria esperienza», il che vanificherebbe le garanzie dell’anonimato.
Il motivo non è fondato.
La prima traccia ha il seguente contenuto «il candidato, dopo avere eseguito una disamina dei documenti europei degli ultimi anni e avere stabilito un collegamento con le normative inerenti le riforme del sistema scolastico italiano, scelga un grado e ordine di scuola più confacente alla propria esperienza ed elabori un’offerta formativa operando tutte le necessarie ipotesi legislative, amministrative, organizzative, gestionali, sindacali, ecc.e quelle relative al contesto territoriale in cui la scuola si trova».
La possibilità di fare riferimento ad una scuola, per la genericità del riferimento stesso, non è idonea di per sé a costituire un segno di riconoscimento degli elaborati, con violazione del principio dell’anonimato (si v. i precedenti di cui al punto 4.2.1.) L’elaborazione della traccia, sopra riportata, in assenza di deduzioni specifiche relative ai singoli elaborati, costituisce, pertanto, espressione di discrezionalità tecnica non irragionevole.
9.– Le censure relative al secondo e terzo gruppo (relative, rispettivamente, alle modalità di correzione degli elaborati e alla composizione della commissione) possono non essere esaminate, in quanto la fase della procedura, nel cui ambito le illegittimità lamentate sarebbero state commesse, deve essere rinnovata in ragione della violazione delle regole dell’anonimato.
10.– L’art. 34, lettera e), Cod. proc. amm. prevede che il giudice, con la sentenza con cui definisce il giudizio di cognizione, «dispone le misure idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato».
Nel caso in esame l’attuazione del giudicato deve avvenire in modo da preservare, in rispetto del principio di economicità, la validità degli atti della procedura che non sono stati inficiati dall’illegittimità qui riscontrata. In questa prospettiva, non è necessario che venga ripetuto lo svolgimento delle prove scritte, in quanto lo stesso è avvenuto, per le ragioni indicate, nel rispetto delle relative norme.
Il Ministero dell’istruzione, pertanto, dovrà affidare a un dirigente di prima fascia incardinato da almeno un anno presso gli uffici centrali ministeriali e ad altri due dirigenti di analoga collocazione, estranei alla vicenda amministrativa in esame, il compito di procedere alla sostituzione delle buste, oggetto di contestazione in questo giudizio, con buste che assicurino l’assoluto rispetto del principio dell’anonimato, nonché all’effettuazione delle altre necessarie operazioni materiali. I dirigenti incaricati daranno adeguata pubblicità delle attività poste in essere indicando luogo, giorno e ora in cui si effettueranno tali operazioni, consentendo, se richiesto, ad un numero non superiore a dieci candidati, di assistervi.
Il Ministero, inoltre, provvederà a nominare una nuova commissione composta da soggetti aventi i prescritti requisiti legali, con il compito di procedere ad una nuova valutazione degli elaborati di tutti i candidati che hanno superato la prova preselettiva.
La commissione nominata procederà poi alla correzione degli elaborati nel rispetto di tutte le norme di legge e di quelle contenute nel bando di concorso.
11.– In sintesi dunque, le considerazioni di principio che qui vanno affermate sono le seguenti.
A) Nelle procedure concorsuali l’esigenza di assicurare il rispetto effettivo del principio costituzionale del pubblico concorso e la regola fondamentale dell’anonimato ad esso sottesa costituiscono la base di un dovere indefettibile per l’amministrazione che le impone di utilizzare, in conformità alla condotta tipica definita a livello normativo, buste, all’interno delle quali i concorrenti inseriscono i dati identificativi, materialmente tali da non consentire nemmeno astrattamente che la commissione o altri possano, in qualunque condizione ambientale, leggere i dati identificativi dei concorrenti stessi fino al momento procedimentale dedicato all’apertura delle buste.
B) L’attuazione della sentenza che dichiara l’illegittimità di una fase della procedura concorsuale deve avvenire, in ossequio al principio di economicità dell’azione amministrativa, in modo da preservare, ove possibile, le fasi della procedura stessa immuni dai vizi denunciati.
12.– La natura della controversia, che impone la rinnovazione della procedura concorsuale nel rispetto delle regole indicate, giustifica l’integrale compensazione tra tutte le parti delle spese del giudizio. Le spese della verificazione, che si stimano in euro 8.000,00 sono poste a carico del Ministero.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta gli appelli, principale e incidentali, e le opposizioni di terzo proposti con i ricorsi indicati in epigrafe;
b) dichiara integralmente compensate le spese del presente grado di giudizio, ponendo a carico del Ministero appellante soltanto il compenso da corrispondere al verificatore, che viene determinato in euro 8.000,00 (ottomila/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore




 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
 
 
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

lunedì 10 giugno 2013

Codice di comportamento dei dipendenti pubblici-Pubblicato il Decreto del Presidente della Repubblica



ECCO IL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 aprile 2013, n. 62

Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

Vigente al: 4-6-2013

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87, quinto comma, della Costituzione;

Visto l'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante "Norme

generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle

amministrazioni pubbliche";

Visto, in particolare, l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165

del 2001, come sostituito dall'articolo 1, comma 44, della legge 6

novembre 2012, n. 190, che prevede l'emanazione di un Codice di

comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine

di assicurare la qualita' dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di

corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza,

lealta', imparzialita' e servizio esclusivo alla cura dell'interesse

pubblico;

Visto il decreto del Ministro per la funzione pubblica 28 novembre

2000, recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche

amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 10

aprile 2001;

Vista l'intesa intervenuta in sede di Conferenza unificata di cui

all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nella

seduta del 7 febbraio 2013;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione

consultiva per gli atti normativi nell'Adunanza del 21 febbraio 2013;

Ritenuto di non poter accogliere le seguenti osservazioni contenute

nel citato parere del Consiglio di Stato con le quali si chiede: di

estendere, all'articolo 2, l'ambito soggettivo di applicazione del

presente Codice a tutti i pubblici dipendenti, in considerazione del

fatto che l'articolo 54 del decreto legislativo n. 165 del 2001, come

modificato dall'articolo 1, comma 44, della legge n. 190 del 2012,

trova applicazione soltanto ai pubblici dipendenti il cui rapporto di

lavoro e' regolato contrattualmente; di prevedere, all'articolo 5, la

valutazione, da parte dell'amministrazione, della compatibilita'

dell'adesione o dell'appartenenza del dipendente ad associazioni o ad

organizzazioni, in quanto, assolto l'obbligo di comunicazione da

parte del dipendente, l'amministrazione non appare legittimata, in

via preventiva e generale, a sindacare la scelta associativa; di

estendere l'obbligo di informazione di cui all'articolo 6, comma 1,

ai rapporti di collaborazione non retribuiti, in considerazione del

fatto che la finalita' della norma e' quella di far emergere solo i

rapporti intrattenuti dal dipendente con soggetti esterni che abbiano

risvolti di carattere economico; di eliminare, all'articolo 15, comma

2, il passaggio, agli uffici di disciplina, anche delle funzioni dei

comitati o uffici etici, in quanto uffici non piu' previsti dalla

vigente normativa;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione dell'8 marzo 2013;

Sulla proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la

semplificazione;

E m a n a

il seguente regolamento:

Art. 1

Disposizioni di carattere generale

1. Il presente codice di comportamento, di seguito denominato

"Codice", definisce, ai fini dell'articolo 54 del decreto legislativo

30 marzo 2001, n. 165, i doveri minimi di diligenza, lealta',

imparzialita' e buona condotta che i pubblici dipendenti sono tenuti

ad osservare.

2. Le previsioni del presente Codice sono integrate e specificate

dai codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni ai

sensi dell'articolo 54, comma 5, del citato decreto legislativo n.

165 del 2001.

Art. 2

Ambito di applicazione

1. Il presente codice si applica ai dipendenti delle pubbliche

amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il cui rapporto di lavoro e'

disciplinato in base all'articolo 2, commi 2 e 3, del medesimo

decreto.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54, comma 4, del

decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le norme contenute nel

presente codice costituiscono principi di comportamento per le

restanti categorie di personale di cui all'articolo 3 del citato

decreto n. 165 del 2001, in quanto compatibili con le disposizioni

dei rispettivi ordinamenti.

3. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del

decreto legislativo n. 165 del 2001 estendono, per quanto

compatibili, gli obblighi di condotta previsti dal presente codice a

tutti i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di

contratto o incarico e a qualsiasi titolo, ai titolari di organi e di

incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorita'

politiche, nonche' nei confronti dei collaboratori a qualsiasi titolo

di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in

favore dell'amministrazione. A tale fine, negli atti di incarico o

nei contratti di acquisizioni delle collaborazioni, delle consulenze

o dei servizi, le amministrazioni inseriscono apposite disposizioni o

clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di

violazione degli obblighi derivanti dal presente codice.

4. Le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni a

statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel

rispetto delle attribuzioni derivanti dagli statuti speciali e delle

relative norme di attuazione, in materia di organizzazione e

contrattazione collettiva del proprio personale, di quello dei loro

enti funzionali e di quello degli enti locali del rispettivo

territorio.

Art. 3

Principi generali

1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con

disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di

buon andamento e imparzialita' dell'azione amministrativa. Il

dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge,

perseguendo l'interesse pubblico senza abusare della posizione o dei

poteri di cui e' titolare.

2. Il dipendente rispetta altresi' i principi di integrita',

correttezza, buona fede, proporzionalita', obiettivita', trasparenza,

equita' e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e

imparzialita', astenendosi in caso di conflitto di interessi.

3. Il dipendente non usa a fini privati le informazioni di cui

dispone per ragioni di ufficio, evita situazioni e comportamenti che

possano ostacolare il corretto adempimento dei compiti o nuocere agli

interessi o all'immagine della pubblica amministrazione. Prerogative

e poteri pubblici sono esercitati unicamente per le finalita' di

interesse generale per le quali sono stati conferiti.

4. Il dipendente esercita i propri compiti orientando l'azione

amministrativa alla massima economicita', efficienza ed efficacia. La

gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle

attivita' amministrative deve seguire una logica di contenimento dei

costi, che non pregiudichi la qualita' dei risultati.

5. Nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa, il

dipendente assicura la piena parita' di trattamento a parita' di

condizioni, astenendosi, altresi', da azioni arbitrarie che abbiano

effetti negativi sui destinatari dell'azione amministrativa o che

comportino discriminazioni basate su sesso, nazionalita', origine

etnica, caratteristiche genetiche, lingua, religione o credo,

convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza

nazionale, disabilita', condizioni sociali o di salute, eta' e

orientamento sessuale o su altri diversi fattori.

6. Il dipendente dimostra la massima disponibilita' e

collaborazione nei rapporti con le altre pubbliche amministrazioni,

assicurando lo scambio e la trasmissione delle informazioni e dei

dati in qualsiasi forma anche telematica, nel rispetto della

normativa vigente.

Art. 4

Regali, compensi e altre utilita'

1. Il dipendente non chiede, ne' sollecita, per se' o per altri,

regali o altre utilita'.

2. Il dipendente non accetta, per se' o per altri, regali o altre

utilita', salvo quelli d'uso di modico valore effettuati

occasionalmente nell'ambito delle normali relazioni di cortesia e

nell'ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso,

indipendentemente dalla circostanza che il fatto costituisca reato,

il dipendente non chiede, per se' o per altri, regali o altre

utilita', neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per

compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti

che possano trarre benefici da decisioni o attivita' inerenti

all'ufficio, ne' da soggetti nei cui confronti e' o sta per essere

chiamato a svolgere o a esercitare attivita' o potesta' proprie

dell'ufficio ricoperto.

3. Il dipendente non accetta, per se' o per altri, da un proprio

subordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilita',

salvo quelli d'uso di modico valore. Il dipendente non offre,

direttamente o indirettamente, regali o altre utilita' a un proprio

sovraordinato, salvo quelli d'uso di modico valore.

4. I regali e le altre utilita' comunque ricevuti fuori dai casi

consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui

siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione

dell'Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini

istituzionali.

5. Ai fini del presente articolo, per regali o altre utilita' di

modico valore si intendono quelle di valore non superiore, in via

orientativa, a 150 euro, anche sotto forma di sconto. I codici di

comportamento adottati dalle singole amministrazioni possono

prevedere limiti inferiori, anche fino all'esclusione della

possibilita' di riceverli, in relazione alle caratteristiche

dell'ente e alla tipologia delle mansioni.

6. Il dipendente non accetta incarichi di collaborazione da

soggetti privati che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente,

un interesse economico significativo in decisioni o attivita'

inerenti all'ufficio di appartenenza.

7. Al fine di preservare il prestigio e l'imparzialita'

dell'amministrazione, il responsabile dell'ufficio vigila sulla

corretta applicazione del presente articolo.

Art. 5

Partecipazione ad associazioni e organizzazioni

1. Nel rispetto della disciplina vigente del diritto di

associazione, il dipendente comunica tempestivamente al responsabile

dell'ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad

associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere

riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con

lo svolgimento dell'attivita' dell'ufficio. Il presente comma non si

applica all'adesione a partiti politici o a sindacati.

2. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire

ad associazioni od organizzazioni, ne' esercita pressioni a tale

fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.

Art. 6

Comunicazione degli interessi finanziari

e conflitti d'interesse

1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o

regolamenti, il dipendente, all'atto dell'assegnazione all'ufficio,

informa per iscritto il dirigente dell'ufficio di tutti i rapporti,

diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in

qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli

ultimi tre anni, precisando:

a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo

grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari

con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di

collaborazione;

b) se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti

che abbiano interessi in attivita' o decisioni inerenti all'ufficio,

limitatamente alle pratiche a lui affidate.

2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere

attivita' inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto,

anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge,

di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il

conflitto puo' riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non

patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare

pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.

Art. 7

Obbligo di astensione

1. Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di

decisioni o ad attivita' che possano coinvolgere interessi propri,

ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o

di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di

frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con

cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o

rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od

organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente,

ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati,

societa' o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o

dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui

esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il

responsabile dell'ufficio di appartenenza.

Art. 8

Prevenzione della corruzione

1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione

degli illeciti nell'amministrazione. In particolare, il dipendente

rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della

corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della

prevenzione della corruzione e, fermo restando l'obbligo di denuncia

all'autorita' giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico

eventuali situazioni di illecito nell'amministrazione di cui sia

venuto a conoscenza.

Art. 9

Trasparenza e tracciabilita'

1. Il dipendente assicura l'adempimento degli obblighi di

trasparenza previsti in capo alle pubbliche amministrazioni secondo

le disposizioni normative vigenti, prestando la massima

collaborazione nell'elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati

sottoposti all'obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.

2. La tracciabilita' dei processi decisionali adottati dai

dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un

adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la

replicabilita'.

Art. 10

Comportamento nei rapporti privati

1. Nei rapporti privati, comprese le relazioni extralavorative con

pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni, il dipendente

non sfrutta, ne' menziona la posizione che ricopre

nell'amministrazione per ottenere utilita' che non gli spettino e non

assume nessun altro comportamento che possa nuocere all'immagine

dell'amministrazione.

Art. 11

Comportamento in servizio

1. Fermo restando il rispetto dei termini del procedimento

amministrativo, il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda

ne' adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il

compimento di attivita' o l'adozione di decisioni di propria

spettanza.

2. Il dipendente utilizza i permessi di astensione dal lavoro,

comunque denominati, nel rispetto delle condizioni previste dalla

legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi.

3. Il dipendente utilizza il materiale o le attrezzature di cui

dispone per ragioni di ufficio e i servizi telematici e telefonici

dell'ufficio nel rispetto dei vincoli posti dall'amministrazione. Il

dipendente utilizza i mezzi di trasporto dell'amministrazione a sua

disposizione soltanto per lo svolgimento dei compiti d'ufficio,

astenendosi dal trasportare terzi, se non per motivi d'ufficio.

Art. 12

Rapporti con il pubblico

1. Il dipendente in rapporto con il pubblico si fa riconoscere

attraverso l'esposizione in modo visibile del badge od altro supporto

identificativo messo a disposizione dall'amministrazione, salvo

diverse disposizioni di servizio, anche in considerazione della

sicurezza dei dipendenti, opera con spirito di servizio, correttezza,

cortesia e disponibilita' e, nel rispondere alla corrispondenza, a

chiamate telefoniche e ai messaggi di posta elettronica, opera nella

maniera piu' completa e accurata possibile. Qualora non sia

competente per posizione rivestita o per materia, indirizza

l'interessato al funzionario o ufficio competente della medesima

amministrazione. Il dipendente, fatte salve le norme sul segreto

d'ufficio, fornisce le spiegazioni che gli siano richieste in ordine

al comportamento proprio e di altri dipendenti dell'ufficio dei quali

ha la responsabilita' od il coordinamento. Nelle operazioni da

svolgersi e nella trattazione delle pratiche il dipendente rispetta,

salvo diverse esigenze di servizio o diverso ordine di priorita'

stabilito dall'amministrazione, l'ordine cronologico e non rifiuta

prestazioni a cui sia tenuto con motivazioni generiche. Il dipendente

rispetta gli appuntamenti con i cittadini e risponde senza ritardo ai

loro reclami.

2. Salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere

informazioni a tutela dei diritti sindacali, il dipendente si astiene

da dichiarazioni pubbliche offensive nei confronti

dell'amministrazione.

3. Il dipendente che svolge la sua attivita' lavorativa in

un'amministrazione che fornisce servizi al pubblico cura il rispetto

degli standard di qualita' e di quantita' fissati

dall'amministrazione anche nelle apposite carte dei servizi. Il

dipendente opera al fine di assicurare la continuita' del servizio,

di consentire agli utenti la scelta tra i diversi erogatori e di

fornire loro informazioni sulle modalita' di prestazione del servizio

e sui livelli di qualita'.

4. Il dipendente non assume impegni ne' anticipa l'esito di

decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all'ufficio, al di fuori

dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti

od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi

previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di

accesso, informando sempre gli interessati della possibilita' di

avvalersi anche dell'Ufficio per le relazioni con il pubblico.

Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua

competenza, con le modalita' stabilite dalle norme in materia di

accesso e dai regolamenti della propria amministrazione.

5. Il dipendente osserva il segreto d'ufficio e la normativa in

materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia

richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non

accessibili tutelati dal segreto d'ufficio o dalle disposizioni in

materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che

ostano all'accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a

provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle

disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all'ufficio

competente della medesima amministrazione.

Art. 13

Disposizioni particolari per i dirigenti

1. Ferma restando l'applicazione delle altre disposizioni del

Codice, le norme del presente articolo si applicano ai dirigenti, ivi

compresi i titolari di incarico ai sensi dell'articolo 19, comma 6,

del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 110 del

decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ai soggetti che svolgono

funzioni equiparate ai dirigenti operanti negli uffici di diretta

collaborazione delle autorita' politiche, nonche' ai funzionari

responsabili di posizione organizzativa negli enti privi di

dirigenza.

2. Il dirigente svolge con diligenza le funzioni ad esso spettanti

in base all'atto di conferimento dell'incarico, persegue gli

obiettivi assegnati e adotta un comportamento organizzativo adeguato

per l'assolvimento dell'incarico.

3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica

all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi

finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la

funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro

il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita'

politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti

frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti

nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente

fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale e le

dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi

delle persone fisiche previste dalla legge.

4. Il dirigente assume atteggiamenti leali e trasparenti e adotta

un comportamento esemplare e imparziale nei rapporti con i colleghi,

i collaboratori e i destinatari dell'azione amministrativa. Il

dirigente cura, altresi', che le risorse assegnate al suo ufficio

siano utilizzate per finalita' esclusivamente istituzionali e, in

nessun caso, per esigenze personali.

5. Il dirigente cura, compatibilmente con le risorse disponibili,

il benessere organizzativo nella struttura a cui e' preposto,

favorendo l'instaurarsi di rapporti cordiali e rispettosi tra i

collaboratori, assume iniziative finalizzate alla circolazione delle

informazioni, alla formazione e all'aggiornamento del personale,

all'inclusione e alla valorizzazione delle differenze di genere, di

eta' e di condizioni personali.

6. Il dirigente assegna l'istruttoria delle pratiche sulla base di

un'equa ripartizione del carico di lavoro, tenendo conto delle

capacita', delle attitudini e della professionalita' del personale a

sua disposizione. Il dirigente affida gli incarichi aggiuntivi in

base alla professionalita' e, per quanto possibile, secondo criteri

di rotazione.

7. Il dirigente svolge la valutazione del personale assegnato alla

struttura cui e' preposto con imparzialita' e rispettando le

indicazioni ed i tempi prescritti.

8. Il dirigente intraprende con tempestivita' le iniziative

necessarie ove venga a conoscenza di un illecito, attiva e conclude,

se competente, il procedimento disciplinare, ovvero segnala

tempestivamente l'illecito all'autorita' disciplinare, prestando ove

richiesta la propria collaborazione e provvede ad inoltrare

tempestiva denuncia all'autorita' giudiziaria penale o segnalazione

alla corte dei conti per le rispettive competenze. Nel caso in cui

riceva segnalazione di un illecito da parte di un dipendente, adotta

ogni cautela di legge affinche' sia tutelato il segnalante e non sia

indebitamente rilevata la sua identita' nel procedimento

disciplinare, ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto legislativo

n. 165 del 2001.

9. Il dirigente, nei limiti delle sue possibilita', evita che

notizie non rispondenti al vero quanto all'organizzazione,

all'attivita' e ai dipendenti pubblici possano diffondersi. Favorisce

la diffusione della conoscenza di buone prassi e buoni esempi al fine

di rafforzare il senso di fiducia nei confronti dell'amministrazione.

Art. 14

Contratti ed altri atti negoziali

1. Nella conclusione di accordi e negozi e nella stipulazione di

contratti per conto dell'amministrazione, nonche' nella fase di

esecuzione degli stessi, il dipendente non ricorre a mediazione di

terzi, ne' corrisponde o promette ad alcuno utilita' a titolo di

intermediazione, ne' per facilitare o aver facilitato la conclusione

o l'esecuzione del contratto. Il presente comma non si applica ai

casi in cui l'amministrazione abbia deciso di ricorrere all'attivita'

di intermediazione professionale.

2. Il dipendente non conclude, per conto dell'amministrazione,

contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento o

assicurazione con imprese con le quali abbia stipulato contratti a

titolo privato o ricevuto altre utilita' nel biennio precedente, ad

eccezione di quelli conclusi ai sensi dell'articolo 1342 del codice

civile. Nel caso in cui l'amministrazione concluda contratti di

appalto, fornitura, servizio, finanziamento o assicurazione, con

imprese con le quali il dipendente abbia concluso contratti a titolo

privato o ricevuto altre utilita' nel biennio precedente, questi si

astiene dal partecipare all'adozione delle decisioni ed alle

attivita' relative all'esecuzione del contratto, redigendo verbale

scritto di tale astensione da conservare agli atti dell'ufficio.

3. Il dipendente che conclude accordi o negozi ovvero stipula

contratti a titolo privato, ad eccezione di quelli conclusi ai sensi

dell'articolo 1342 del codice civile, con persone fisiche o

giuridiche private con le quali abbia concluso, nel biennio

precedente, contratti di appalto, fornitura, servizio, finanziamento

ed assicurazione, per conto dell'amministrazione, ne informa per

iscritto il dirigente dell'ufficio.

4. Se nelle situazioni di cui ai commi 2 e 3 si trova il dirigente,

questi informa per iscritto il dirigente apicale responsabile della

gestione del personale.

5. Il dipendente che riceva, da persone fisiche o giuridiche

partecipanti a procedure negoziali nelle quali sia parte

l'amministrazione, rimostranze orali o scritte sull'operato

dell'ufficio o su quello dei propri collaboratori, ne informa

immediatamente, di regola per iscritto, il proprio superiore

gerarchico o funzionale.

Art. 15

Vigilanza, monitoraggio e attivita' formative

1. Ai sensi dell'articolo 54, comma 6, del decreto legislativo 30

marzo 2001, n. 165, vigilano sull'applicazione del presente Codice e

dei codici di comportamento adottati dalle singole amministrazioni, i

dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di

controllo interno e gli uffici etici e di disciplina.

2. Ai fini dell'attivita' di vigilanza e monitoraggio prevista dal

presente articolo, le amministrazioni si avvalgono dell'ufficio

procedimenti disciplinari istituito ai sensi dell'articolo 55-bis,

comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che svolge,

altresi', le funzioni dei comitati o uffici etici eventualmente gia'

istituiti.

3. Le attivita' svolte ai sensi del presente articolo dall'ufficio

procedimenti disciplinari si conformano alle eventuali previsioni

contenute nei piani di prevenzione della corruzione adottati dalle

amministrazioni ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 6

novembre 2012, n. 190. L'ufficio procedimenti disciplinari, oltre

alle funzioni disciplinari di cui all'articolo 55-bis e seguenti del

decreto legislativo n. 165 del 2001, cura l'aggiornamento del codice

di comportamento dell'amministrazione, l'esame delle segnalazioni di

violazione dei codici di comportamento, la raccolta delle condotte

illecite accertate e sanzionate, assicurando le garanzie di cui

all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il

responsabile della prevenzione della corruzione cura la diffusione

della conoscenza dei codici di comportamento nell'amministrazione, il

monitoraggio annuale sulla loro attuazione, ai sensi dell'articolo

54, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la

pubblicazione sul sito istituzionale e della comunicazione

all'Autorita' nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1, comma

2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dei risultati del

monitoraggio. Ai fini dello svolgimento delle attivita' previste dal

presente articolo, l'ufficio procedimenti disciplinari opera in

raccordo con il responsabile della prevenzione di cui all'articolo 1,

comma 7, della legge n. 190 del 2012.

4. Ai fini dell'attivazione del procedimento disciplinare per

violazione dei codici di comportamento, l'ufficio procedimenti

disciplinari puo' chiedere all'Autorita' nazionale anticorruzione

parere facoltativo secondo quanto stabilito dall'articolo 1, comma 2,

lettera d), della legge n. 190 del 2012.

5. Al personale delle pubbliche amministrazioni sono rivolte

attivita' formative in materia di trasparenza e integrita', che

consentano ai dipendenti di conseguire una piena conoscenza dei

contenuti del codice di comportamento, nonche' un aggiornamento

annuale e sistematico sulle misure e sulle disposizioni applicabili

in tali ambiti.

6. Le Regioni e gli enti locali, definiscono, nell'ambito della

propria autonomia organizzativa, le linee guida necessarie per

l'attuazione dei principi di cui al presente articolo.

7. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non

devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza

pubblica. Le amministrazioni provvedono agli adempimenti previsti

nell'ambito delle risorse umane, finanziarie, e strumentali

disponibili a legislazione vigente.

Art. 16

Responsabilita' conseguente alla violazione

dei doveri del codice

1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice

integra comportamenti contrari ai doveri d'ufficio. Ferme restando le

ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel

presente Codice, nonche' dei doveri e degli obblighi previsti dal

piano di prevenzione della corruzione, da' luogo anche a

responsabilita' penale, civile, amministrativa o contabile del

pubblico dipendente, essa e' fonte di responsabilita' disciplinare

accertata all'esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei

principi di gradualita' e proporzionalita' delle sanzioni.

2. Ai fini della determinazione del tipo e dell'entita' della

sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione e'

valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravita' del

comportamento eall'entita' del pregiudizio, anche morale, derivatone

al decoro o al prestigio dell'amministrazione di appartenenza. Le

sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai

regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsiveche

possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in

relazione alla gravita', di violazione delle disposizioni di cui agli

articoli 4, qualora concorrano la non modicita' del valore del regalo

o delle altre utilita' e l'immediata correlazione di questi ultimi

con il compimento di un atto o di un'attivita' tipici dell'ufficio,

5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo

periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica

altresi' nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4,

comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13,

comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere

ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in

relazione alle tipologie di violazione del presente codice.

3. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso

per i casi gia' previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti

collettivi.

4. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di

responsabilita' disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da

norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.

Art. 17

Disposizioni finali e abrogazioni

1. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione al presente

decreto, pubblicandolo sul proprio sito internet istituzionale e

nella rete intranet, nonche' trasmettendolo tramite e-mail a tutti i

propri dipendenti e ai titolari di contratti di consulenza o

collaborazione a qualsiasi titolo, anche professionale, ai titolari

di organi e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione dei

vertici politici dell'amministrazione, nonche' ai collaboratori a

qualsiasi titolo, anche professionale, di imprese fornitrici di

servizi in favore dell'amministrazione. L'amministrazione,

contestualmente alla sottoscrizione del contratto di lavoro o, in

mancanza, all'atto di conferimento dell'incarico, consegna e fa

sottoscrivere ai nuovi assunti, con rapporti comunque denominati,

copia del codice di comportamento.

2. Le amministrazioni danno la piu' ampia diffusione ai codici di

comportamento da ciascuna definiti ai sensi dell'articolo 54, comma

5, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001 secondo le medesime

modalita' previste dal comma 1 del presente articolo.

3. Il decreto del Ministro per la funzione pubblica in data 28

novembre 2000 recante "Codice di comportamento dei dipendenti delle

pubbliche amministrazioni", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 84

del 10 aprile 2001, e' abrogato.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito

nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica

italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo

osservare.

Dato a Roma addi', 16 aprile 2013

NAPOLITANO

Monti, Presidente del Consiglio dei

Ministri

Patroni Griffi, Ministro per la

pubblica amministrazione e la

semplificazione

Visto, il Guardasigilli: Severino

Registrato alla Corte dei conti il 23 maggio 2013

Registro n. 4, foglio n. 300

lunedì 29 aprile 2013

Bocciata la chiamata diretta degli insegnanti in Lombardia



     
ECCO LA Sentenza 76/2013
Giudizio
Presidente MAZZELLA - Redattore MATTARELLA
Udienza Pubblica del 13/03/2013 Decisione del 22/04/2013
Deposito del 24/04/2013 Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:Art. 8 della legge della Regione Lombardia 18/04/2012, n. 7.
Massime:
Atti decisi:ric. 98/2012


SENTENZA N. 76 ANNO 2013

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Luigi MAZZELLA; Giudici : Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-21 giugno 2012, depositato in cancelleria il 22 giugno 2012 ed iscritto al n. 98 del registro ricorsi 2012.
Visto l’atto di costituzione della Regione Lombardia;
udito nell’udienza pubblica del 13 marzo 2013 il Giudice relatore Sergio Mattarella;
uditi l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Fabio Cintioli per la Regione Lombardia.


Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso spedito per la notifica il 19 giugno 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 22 giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere g), m) ed n), e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), che ha modificato in parte l’art. 3 della legge della Regione Lombardia 6 agosto 2007, n. 19 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia).
Il testo della disposizione impugnata è il seguente:
«1. Alla L.R. 19/2007 è apportata la seguente modifica:
a) dopo il comma 2 dell’articolo 3 sono aggiunti i seguenti:
“2-bis. Al fine di realizzare l’incrocio diretto tra la domanda delle istituzioni scolastiche autonome e l’offerta professionale dei docenti, a titolo sperimentale, nell’ambito delle norme generali o di specifici accordi con lo Stato, per un triennio a partire dall’anno scolastico successivo alla stipula, le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali e di favorire la continuità didattica.
2-ter. È ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento.
2-quater. Le modalità di espletamento del bando di concorso sono definite, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità, con deliberazione della Giunta regionale, sulla base dell’intesa di cui al comma 2-bis.
2-quinquies. La Giunta regionale relaziona semestralmente sulla sperimentazione alla commissione consiliare competente”».
2.— Tale disposizione, consentendo alle istituzioni scolastiche, sia pure a titolo sperimentale, di procedere all’organizzazione di concorsi ed al reclutamento del personale docente «nell’ambito delle norme generali o di specifici accordi con lo Stato», oltrepasserebbe i limiti della potestà normativa della Regione, ponendosi in evidente contrasto con una cospicua serie di norme statali, soprattutto nella parte in cui, con formulazione poco chiara, consente che tali concorsi si svolgano anche in assenza di un accordo tra lo Stato e la Regione.
In particolare, il censurato art. 8 sarebbe in contrasto con l’art. 138, lettera b), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59), secondo cui la determinazione delle dotazioni organiche della rete scolastica è di competenza esclusiva dello Stato; con gli artt. 399, 400 e 401 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), in base ai quali l’assunzione del personale docente avviene tramite concorsi indetti dal Ministero della pubblica istruzione e gestiti dai singoli uffici scolatici regionali quali articolazioni periferiche del Ministero medesimo; nonché con l’art. 4, commi 1, 2 e 3, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), il quale prevede, in caso di impossibilità di conferimento delle cattedre a personale di ruolo, l’obbligo di provvedere all’assegnazione di supplenze annuali o temporanee tramite le c.d. graduatorie permanenti (oggi graduatorie ad esaurimento).
La norma regionale oggetto di ricorso, quindi, oltre ad essere in contrasto con i principi fondamentali in tema di istruzione, inciderebbe sui livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché il reclutamento del personale rientra nell’assetto organizzativo della scuola, ascrivibile nella citata categoria. Essa sarebbe, altresì, in contrasto con le norme generali sull’istruzione previste dall’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., poiché, alla luce della sentenza n. 200 del 2009 di questa Corte, le norme sul reclutamento degli insegnanti fanno parte di quelle «strutture portanti» del sistema nazionale dell’istruzione che richiedono un’applicazione unitaria sull’intero territorio nazionale; e violerebbe, infine, anche il richiamato art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., perché il reclutamento dei docenti attiene all’accesso al pubblico impiego, di competenza esclusiva dello Stato anche alla luce della sentenza n. 279 del 2005 di questa Corte.
3.— Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, chiedendo che la prospettata questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
3.1.— Rileva la Regione, in via preliminare, che la norma impugnata subordina l’avvio della sperimentazione relativa al reclutamento del personale docente al preventivo consenso dello Stato, da manifestarsi nella conclusione di appositi accordi. Ciò significa che la previsione non è operativa fino a quando non sia intervenuto tale accordo; il che comporta che l’odierna questione è inammissibile per carenza di interesse, alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha dichiarato inammissibili per mancanza di capacità lesiva alcune questioni di legittimità costituzionale di norme regionali, asseritamente lesive della competenza statale, in quanto le medesime prevedevano la necessità di una preventiva intesa con lo Stato (sentenze n. 134 del 2004, n. 429 del 2004 e n. 125 del 2010).
3.2.— Nel merito, la difesa regionale osserva che l’interpretazione della censurata disposizione compiuta nel ricorso introduttivo sarebbe errata; la norma regionale, infatti, richiama le norme generali sull’istruzione e gli accordi specifici che dovranno essere conclusi con lo Stato affinché il sistema di reclutamento possa diventare operativo (art. 8, comma 2-quater). Nella materia dell’istruzione si intrecciano tanto la competenza esclusiva dello Stato in tema di norme generali, quanto la competenza concorrente delle Regioni, da esercitare nell’ambito dei principi fondamentali dettati dalla legge statale; ne consegue che, data la complessità del riparto, lo strumento della leale collaborazione assume un ruolo fondamentale, per cui l’accordo previsto dalla disposizione impugnata «si pone come strumento di congiunzione e raccordo tra le competenze statali e regionali».
La giurisprudenza di questa Corte – osserva la Regione Lombardia – ha in più occasione tracciato il confine tra i rispettivi ambiti di competenza. Alla luce, in particolare, della sentenza n. 200 del 2009, le norme sul reclutamento dei docenti non coprono l’intero settore, lasciando aperti spazi all’autonomia regionale, da esercitare nell’ambito di specifici accordi. Tale pronuncia, infatti, ha ricompreso nella categoria delle norme generali sull’istruzione quelle disposizioni che sono destinate ad assicurare sull’intero territorio nazionale l’identità culturale del Paese; ne consegue che, se alle Regioni è attribuito il potere di stabilire la programmazione ed il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, dovrebbero rientrare nello stesso ambito anche le norme sull’assunzione dei docenti, facendo salvo il principio del pubblico concorso. D’altra parte, la sentenza n. 200 del 2009 ha sottolineato in più punti l’importanza di preservare l’autonomia delle istituzioni scolastiche, la quale si espleta proprio attraverso norme come quella in esame, destinate a promuovere forme di sperimentazione. La possibilità di introdurre forme di sperimentazione era prevista già, nel precedente assetto costituzionale, dall’art. 11 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 (Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59); e va, del resto, considerato che il potere che la norma in esame conferisce alle istituzioni scolastiche è limitato dalla previsione per cui a tali procedure possono partecipare solo i docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e solo in relazione ad incarichi annuali di insegnamento, in conformità con la previsione dell’art. 15 del d.P.R. n. 275 del 1999, che escludeva dalle attribuzioni delle istituzioni scolastiche le sole funzioni in tema di reclutamento del personale docente a tempo indeterminato.
Non vi sarebbe, pertanto, alcuna lesione della competenza esclusiva dello Stato in tema di norme generali sull’istruzione.
Non sussiste neppure, secondo la Regione, una lesione della competenza concorrente in materia di istruzione (art. 117, terzo comma, Cost.), perché l’art. 8 della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012 «rispetta il principio di merito e opera all’interno delle norme generali sull’istruzione che valorizzano l’autonomia scolastica».
3.3.— La Regione Lombardia osserva, inoltre, che sarebbe da respingere anche la censura prospettata nel ricorso per presunta lesione dei livelli essenziali delle prestazioni, i quali riguardano «il versante strettamente “contenutistico” della materia» e non attengono alla «definizione dell’assetto organizzativo e gestorio del servizio». Sotto questo aspetto, anzi, la norma regionale non lede i livelli essenziali «ma anzi contribuisce a migliorare il livello di offerta, in quanto consente di selezionare i migliori docenti e di garantire la continuità didattica, elemento fondamentale di qualità dell’offerta formativa».
Infondata sarebbe infine la questione, secondo la Regione, anche sotto il profilo della lesione della competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.; nella memoria si richiama, al riguardo, la sentenza n. 279 del 2005 di questa Corte, la quale non avrebbe stabilito che il reclutamento dei docenti sia di competenza statale, limitandosi ad affermare, invece, che la definizione dei compiti e dell’orario di lavoro del personale docente rientra in tale materia in quanto attinente al rapporto di lavoro del personale statale. La disciplina del reclutamento – rileva la Regione Lombardia – è strettamente connessa con la disciplina dell’organizzazione scolastica, che rientra proprio nella competenza regionale sull’istruzione, sicché la norma impugnata non avrebbe fatto altro che seguire la linea indicata da questa Corte, subordinando l’operatività della disposizione alla preventiva conclusione di intese con lo Stato e valorizzando l’autonomia delle istituzioni scolastiche.


Considerato in diritto
1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere g), m) ed n), e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), che ha modificato in parte l’art. 3 della legge della Regione Lombardia 6 agosto 2007, n. 19 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia).
Secondo il ricorrente la censurata disposizione – nella parte in cui consente alle istituzioni scolastiche, nell’ambito delle norme generali sull’istruzione o di specifici accordi con lo Stato, di organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali – sarebbe in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettere g), m) ed n), e terzo comma, della Costituzione.
Ciò quanto all’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., perché il reclutamento del personale docente rientrerebbe tra le norme generali sull’istruzione, di competenza esclusiva dello Stato, facendo parte di quelle «strutture portanti» del sistema nazionale dell’istruzione che richiedono un’applicazione unitaria sull’intero territorio nazionale; risulterebbe violato, inoltre, l’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., perché il reclutamento dei docenti attiene all’accesso al pubblico impiego, di competenza esclusiva dello Stato anche alla luce della sentenza n. 279 del 2005 di questa Corte; e sarebbero in tal modo lesi, infine, i livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., perché il reclutamento del personale rientra nell’assetto organizzativo della scuola, da inserire nella menzionata categoria.
2.— La Regione Lombardia ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità della questione.
Secondo tale difesa, infatti, la censurata disposizione sarebbe strutturata in modo tale da prevedere necessariamente un’intesa tra lo Stato e la Regione, senza della quale il sistema ivi delineato non potrebbe funzionare. A questa conclusione la Regione perviene osservando che – in base al comma 2-quater della norma in esame – le modalità di espletamento del bando di concorso sono definite con deliberazione della Giunta regionale sulla base dell’intesa di cui al comma 2-bis. Simile previsione toglierebbe ogni sostanziale interesse alla questione, perché allo Stato sarebbe sufficiente non dare corso all’intesa per bloccare ogni iniziativa della Regione.
2.1.— L’eccezione non è fondata.
Rileva questa Corte che il testo della disposizione in esame presenta un certo margine di ambiguità. Infatti, mentre nel comma 2-bis dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 19 del 2007, modificato dall’impugnato art. 8 della legge reg. Lombardia n. 7 del 2012, la possibilità di istituire i concorsi si colloca «nell’ambito delle norme generali o di specifici accordi con lo Stato», il successivo comma 2-quater del medesimo art. 3 afferma che le modalità di espletamento del bando di concorso sono definite «con deliberazione della Giunta regionale, sulla base dell’intesa di cui al comma 2-bis»; non è ben chiaro, quindi, se l’intesa sia prevista come assolutamente necessaria o meno, perché la congiunzione disgiuntiva “o” di cui al comma 2-bis non permette un’interpretazione chiara in un senso o nell’altro.
Anche indipendentemente da simile ambiguità lessicale, tuttavia, l’eccezione è da ritenere comunque priva di fondamento per il fatto che – come questa Corte ha avuto modo di affermare più volte – le forme di collaborazione e coordinamento, pure auspicabili, tra apparati statali, regionali e di enti locali, che coinvolgano compiti e attribuzioni di organi dello Stato, non possono essere «disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle Regioni, nemmeno nell’esercizio della loro potestà legislativa», ma devono «trovare il loro fondamento o presupposto in leggi statali che le prevedano o consentano, o in accordi tra gli enti interessati» (sentenza n. 104 del 2010). Ne consegue che una Regione non può invocare a salvezza di una propria normativa il fatto che la medesima necessiti, per la concreta operatività, di forme di collaborazione con lo Stato che non siano state oggetto di precedenti forme di accordo, e tanto in conformità al principio della leale collaborazione che deve animare l’intero quadro dei rapporti Stato-Regioni.
3.— Nel merito, la questione è fondata.
La norma impugnata consente alle istituzioni scolastiche – secondo quanto riportato in precedenza – di «organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali e di favorire la continuità didattica»; a tali selezioni è ammesso a partecipare – in base al comma 2-ter dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 19 del 2007, modificato dalla norma oggi in esame – soltanto «il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento». In base al sistema così creato, quindi, ciascun istituto scolastico statale ha la possibilità, alle condizioni indicate, di bandire i concorsi per il reclutamento dei docenti precari con incarico annuale.
È evidente, però, che in tal modo la Regione dispone in merito all’assunzione di una categoria di personale, appunto quello docente, che è inserito nel pubblico impiego statale. Come questa Corte ha avuto modo di rilevare, infatti, con le sentenze n. 37 del 2005 e n. 147 del 2012 – l’una in riferimento al c.d. personale ATA e l’altra in rapporto alla diversa posizione dei dirigenti scolastici – nell’attuale quadro normativo il personale scolastico è alle dipendenze dello Stato e non delle singole Regioni. Ne consegue che ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della competenza legislativa esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., trattandosi di norme che attengono alla materia dell’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato.
La disposizione in esame si inserisce nel corpo dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 19 del 2007, norma titolata «Valorizzazione dell’autonomia scolastica». Ora, il fatto che la previsione di concorsi per l’assunzione del personale docente sia inserita in tale ambito non muta i termini della questione, perché la valorizzazione dell’autonomia non può spingersi fino al punto di consentire ai singoli istituti scolastici di scegliere il proprio personale docente con concorsi locali. Né a diversa conclusione può pervenirsi per il fatto che la legge regionale in esame limita la possibilità di assunzione del personale docente – scelto nell’ambito delle graduatorie provinciali ad esaurimento – ai soli incarichi annuali, avendo come obiettivo quello di favorire la continuità didattica; anche il personale docente assunto con contratto a tempo determinato fa ugualmente parte del pubblico impiego.
La previsione della possibilità di reclutare tale personale con modalità stabilite da una legge regionale, quindi, oltre ad essere del tutto eccentrica rispetto all’ordinamento nel suo complesso, è in evidente contrasto con il menzionato parametro costituzionale.
4.— Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2012, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.
Gli ulteriori parametri costituzionali richiamati rimangono assorbiti.


per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 2013.
F.to:
Luigi MAZZELLA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI





venerdì 12 aprile 2013

Presentato il rapporto semestrale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici

Il Presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini, ha presentato oggi alla stampa il Rapporto sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, la pubblicazione semestrale dell’Aran che fa il punto sull’andamento delle retribuzioni dei pubblici dipendenti. Il Rapporto analizza gli ultimi dati disponibili sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici e sulla spesa complessiva per le retribuzioni sostenuta dalle pubbliche amministrazioni. Si conferma il quadro complessivo, già messo in luce dai precedenti numeri del Rapporto, caratterizzato da retribuzioni sostanzialmente ferme e perfino in leggera diminuzione (il 2011 fa segnare, su tutto il pubblico impiego, -0,8%).
Le prime anticipazioni sui dati 2012 tendono a confermare questo quadro.

Rapporto semestrale


Slides di presentazione


Comunicato Aran
 

sabato 23 marzo 2013

Dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2013/2014

POSTI ORGANICO DI DIRITTO : 600.839.
NEL DETTAGLIO:
INFANZIA: 81.352;
PRIMARIA: 198.850;
SECONDARIA DI I° grado 131.761;
SECONDARIA DI II° grado 188.876

ECCO LA CIRCOLARE n.10 del 21 marzo 2013 del  Ministero dell’Istruzione, Università e della Ricerca- Dipartimento per l’istruzione -AOODPIT Prot. n. 727
Ai Direttori Generali
degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
e p.c. al Gabinetto del Ministro
SEDE
Oggetto: Dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2013/2014 - Trasmissione schema di Decreto Interministeriale.

Come è noto alle SS.LL., la determinazione e l’assegnazione delle dotazioni organiche del personale docente costituiscono adempimento preliminare di fondamentale importanza rispetto alla gestione delle operazioni e delle fasi relative alla mobilità, alle utilizzazioni e alle assunzioni del personale scolastico e, più in generale, rispetto al puntuale e ordinato inizio dell’anno scolastico. Ciò premesso, codesti Uffici procederanno, con la massima sollecitudine, alla definizione dell’incombenza di propria competenza sulla base delle istruzioni ed indicazioni della presente circolare e dell’allegato schema di decreto, sottoscritto dal Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca da inviare per il prescritto concerto con il Ministro dell’Economia e delle
Finanze, recante disposizioni, per l’anno scolastico 2013/2014, in ordine alla rilevazione delle dotazioni di organico del personale docente, alla relativa quantificazione a livello nazionale e regionale, ai criteri di ripartizione da adottare con riferimento alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche.
Si richiama la particolare attenzione delle SS. LL. e degli Uffici dipendenti sull’esigenza che le Regioni e gli Enti locali siano opportunamente coinvolti e sensibilizzati in sede di elaborazione del piano di assegnazione delle risorse di organico alle singole province, anche nell’ottica di una
funzionale coerenza tra le previsioni del piano regionale di dimensionamento e localizzazione delle istituzioni scolastiche e l’attribuzione delle risorse. Analoga attenzione le SS.LL. vorranno riservare ai rapporti con le OO.SS..
I criteri e i parametri per la formazione delle classi sono fissati dal Regolamento approvato con D.P.R. del 20 marzo 2009, n. 81, sul dimensionamento della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, che ha sostituito integralmente il D.M. 24 luglio 1998, n. 331 e successive modifiche ed integrazioni e il D.M. 3 giugno 1999 n. 141 per quel che concerne le classi che accolgono gli alunni disabili.
(…Omissis…)
Com’ è noto, con l’anno scolastico 2011/2012, si è concluso il triennio di contenimento delle consistenze di organico previsto dall'articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Per gli anni successivi, il decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito dalla legge 15 luglio 2011, n.111 all’art. 19, comma 7 ha previsto che “A decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell'articolo 64 citato.”
Non fissando, la citata legge n.111/2011, altre misure di contenimento le dotazioni organiche relativa all’ anno scolastico 2013/2014 sono state determinate non superando, a livello nazionale, la consistenza delle dotazioni fissate per l’anno 2011/2012.
Pertanto, fatta eccezione per la scuola dell’infanzia, la quantificazione e la ripartizione, tra le Regioni, delle dotazioni dei diversi ordini e gradi di istruzione è stata effettuata tenendo conto del numero degli alunni risultanti dall’organico di fatto dell’ a.s. 2012/2013, dell’entità previsionale della popolazione scolastica riferita all’anno 2013/14, dell’andamento delle serie storiche della scolarità degli ultimi anni, nonché delle situazioni di cui all’art. 2, commi 2 e 3 del DPR n. 81/2009.
(…Omissis…)
Al fine di garantire la corretta funzionalità del servizio scolastico, anche in considerazione dell’incremento del numero degli alunni, le SS.LL. valuteranno la possibilità di consentire di incrementare l’organico di diritto con quote di posti dell’organico di fatto, da recuperare nella fase di tale organico, comunque in misura non inferiore agli incrementi autorizzati nel precedente anno scolastico.
Si ricorda, fin d’ora, che il riordino del I e del II ciclo attuato in applicazione dell’art. 64, interesserà tutte le classi dell’istruzione primaria e le prime quattro classi dell’istruzione secondaria di secondo grado.
Ferme restando le istruzioni e le indicazioni di cui alla presente circolare, le SS. LL. porranno in essere autonomamente le azioni ritenute più funzionali e coerenti con gli specifici bisogni delle rispettive realtà territoriali, nonché, tenendo in debita considerazione le scelte delle scuole, valuteranno la possibilità di attivare ulteriori iniziative volte al raggiungimento delle finalità di razionalizzazione e di contenimento della spesa, nel rispetto della qualità dei servizi e dell’offerta formativa.
Un ruolo importante, ai fini della corretta e puntuale attuazione delle istruzioni e indicazioni di cui alla presente circolare, spetta alle istituzioni scolastiche e alla piena valorizzazione, da parte delle stesse, della quota di autonomia prevista dal D.P.R. n. 275/99 e successive modifiche e integrazioni (vedi i regolamenti concernenti il II ciclo). Sarà cura, pertanto, dell’istituzione scolastica, una volta avuta contezza delle proprie risorse di organico, articolare il tempo scuola secondo criteri e modalità che consentano il migliore impiego delle risorse, l’ampliamento del servizio e l’incremento dell’offerta formativa; il tutto valorizzando, le potenzialità proprie dall’autonomia organizzativa e didattica.
(…Omissis…)
E’ di tutta evidenza che il processo di determinazione degli organici non potrà prescindere dalla corretta e attenta formazione delle classi. In tale ottica è fatto divieto di effettuare in organico di diritto operazioni di mero frazionamento delle cattedre e di successiva ricomposizione delle stesse in organico di fatto.
Inoltre, al fine di evitare la costituzione di classi con un numero eccessivo di alunni, i dirigenti scolastici provvederanno alla relativa formazione secondo criteri di omogeneità, evitando squilibri numerici tra le stesse. A tale riguardo i dirigenti medesimi eviteranno di accogliere istanze di iscrizione che possano comportare la costituzione di classi con numeri di alunni superiori a quelli previsti dal DPR n. 81/2009, per i vari gradi di istruzione.
(…Omissis…)
Si confida nella sperimentata professionalità e nel senso di responsabilità delle SS.LL. e degli operatori dei rispettivi Uffici e si ringrazia per la fattiva collaborazione.
IL CAPO DIPARTIMENTO
f.to - Lucrezia Stellacci


ALLEGATI:
o CIRCOLARE n. 10/13

martedì 22 gennaio 2013

Online i modelli 730 e 770 2013 per la dichiarazione dei redditi

Pronti i modelli 730 e 770 definitivi, ecco le novità delle dichiarazioni dei redditi soprattutto in tema di IMU, detrazioni d'imposta per ristrutturazioni e riqualificazioni energetiche e deduzioni per lavoratori alla prima occupazione.
Online in versione definitiva i Modelli 730 e 770 2013 ordinario e semplificato - insieme alle relative istruzioni – per la dichiarazione dei redditi 2012, destinati a sostituti d’imposta (770) lavoratori dipendenti e pensionati (730). Rispetto alle bozze non presentano novità:


I nuovi modelli definitivi arrivano a pochi giorni dalla pubblicazione di quelli IVA/2013, che incamerano le novità fiscali e normative entrate in vigore quest’anno:

Modello 730/2013

Nel Modello 730, rispetto al passato, le novità riguardano invece lo spazio dedicato all’IMU, quello riservato alle detrazioni d’imposta per le ristrutturazioni edilizie e la riqualificazione energetica.
=> Leggi le novità del modello 730

Modello 770/2013

Il modello 770 semplificato è utilizzato dai sostituti d’imposta per dichiarare le ritenute 2012 sui redditi da lavoro dipendente, equiparati ed assimilati, indennità di fine rapporto, prestazioni in forma di capitale erogate da fondi pensione, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, oltre ai dati contributivi, previdenziali, assicurativi e per l’assistenza fiscale prestata nel 2012.
Nel nuovo 770/2013 trova posto l’aumento della deduzione per i contributi versati in caso di lavoratori alla loro prima occupazione e le novità introdotte dall’articolo 2, comma 6, del Dl 138/2011, che prevede l’unificazione della tassazione delle rendite finanziarie al 20%.
=> Leggi scadenza e modalità di compilazione del modello 770
Il 770 ordinario è per sostituti d’imposta, intermediari e altri soggetti che intervengono in operazioni fiscalmente rilevanti e tenuti a comunicare i dati delle ritenute su dividendi, proventi da partecipazioni e redditi di capitale erogati nel 2012. Tra le novità 2013, l’unificazione della tassazione delle rendite finanziarie al 20% (articolo 2, comma 6, del Dl 138/2011).
Per la precisione,i modelli definitivi approvati e resi pubblici sono: modelli 730, 730-1, 730-2 per il sostituto d’imposta, 730-2 per il C.A.F e per il professionista abilitato, 730-3, 730-4, 730-4 integrativo con relative istruzioni,
bolla per la consegna del modello 730-1 per la dichiarazione semplificata agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche per soggetti che si avvalgono dell’assistenza fiscale.
Scadenze
La scadenza per la presentazione del modello 730 è fissata al 30 aprile 2013, se effettuata grazie all’assistenza fiscale del proprio sostituto d’imposta, il 31 maggio altrimenti.
Per il 770 il termine è invece fissato telematicamente al 31 luglio 2013, sia per la versione semplificata che per quella ordinaria. (=> scarica il Modello 770/2013: semplificato e ordinario)
Fonte PMI