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sabato 28 gennaio 2017

Blocco Perequazione anni 2012 e 2013 – Regione Sicilia

Di - 26 gennaio 2017
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Sulla materia di legittimazione e giurisdizione riguardante il blocco sulla perequazione è stato chiamato a sollevare una nuova questione il Giudice Amministrativo in riferimento alla legittimità costituzionale dell’art. 1 del D.L n. 65/15 così come risultante dalla conversione, per contrasto con gli artt. 2,3,36 comma 1,38,136,137 e 117 Cost
di  Agostino Curiale*
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sez. Terza Quater si è espresso sulla materia con sentenza n. 12832/16 dichiarando inammissibile il ricorso. Vediamo adesso quali sono stati i motivi per i quali il TAR Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato i ricorrenti a rifondere sia all’Inps che alla Presidenza del Consiglio le spese di lite.
I ricorrenti hanno ricorso sull’illegittimità degli atti gravati derivanti in primo luogo dall’art. 1 del D.L n. 65/2015 conv. dalla legge n. 107/2015, cui gli stessi danno applicazione e hanno quindi sollecitato il Giudice a sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del D.L n. 65/15 così come risultante dalla conversione, per contrasto con gli artt. 2,3,36 comma 1,38,136,137 e 117 Cost.
-I ricorrenti hanno chiesto al Giudice Amministrativo il risarcimento del danno loro derivato dalla mancata esecuzione , ad opera del legislatore, della sentenza costituzionale n. 70 del 2015, condannando altresì le amministrazioni resistenti a procedere a tale esecuzione.
-L’INPS, in difesa ha eccepito il difetto di legittimazione attiva e di interesse ad agire in capo ai ricorrenti, i quali non avrebbero provato la loro condizione di pensionati, nonché l’assoluta infondatezza dell’impugnativa.
Costituitosi in giudizio anche il Ministero del Lavoro delle Politiche Sociali e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, quest’ultima, in particolare ha eccepito in via pregiudiziale, oltre la carenza di interesse ad agire in capo ai ricorrenti in assenza della previa instaurazione di un procedimento amministrativo di rimborso anche;
l’inammissibilità dell’impugnativa della circolare e del messaggio Inps, privi di lesività diretta nei confronti dei ricorrenti;
l’inammissibilità dell’impugnativa della deliberazione del Consiglio dei Ministri n. 64 /2015 trattandosi di atto politico;
l’inammissibilità della qualifica per difetto di incidentalità e di rilevanza e, quindi, per fittizietà del giudizio;
il difetto assoluto di giurisdizione nella misura in cui l’impugnativa implica il sindacato sul modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane;
il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo appartenendo la controversia, incidente direttamente sul diritto al rapporto esclusivo pensionistico, e quindi alla giurisdizione del Giudice Ordinario o Contabile.
Dal punto prettamente giurisprudenziale trovano rilievo le eccezioni sollevati dallo Stato, il Giudice ha infatti dichiarato il difetto di giurisdizione con riguardo all’impugnativa della deliberazione del Consiglio dei Ministri n. 64/15 la quale, assumendo valore di Atto Politico, non risulta in alcun modo giustiziabile.
Col riguardo invece, alla circolare Inps n.125 del 25.06.2015 e al messaggio Inps n. 4993 del 27.07.2015, pure gravati col ricorso, il Giudice amministrativo ha accolto l’eccezione di difetto di giurisdizione, formulata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto eccepisce la controversia appartenente alla giurisdizione del Giudice Contabile ovvero del Giudice ordinario.Il Rapporto pensionistico dei ricorrenti assume comunque un ruolo di elemento identificativo del petitum sostanziale nella misura in cui essi lamentano l’incidenza diretta degli atti gravati, peraltro riconosciuti come puramente applicativi di norme di legge ritenute affette da illegittimità costituzionale.
Il Blocco della perequazione del trattamento pensionistico dei pensionati ricorrenti, in rapporto a secondo delle fasce di importo e la richiesta della corresponsione degli arretrati maturati in forza della predetta sentenza n. 70/15 è normale e legittima da ogni punto di vista, tuttavia, non ci può essere, aldilà di ogni procedura legale il non riconoscere tale diritto. La rivalutazione automatica della perequazione spetta di diritto a tutti i pensionati compreso gli adeguamenti futuri spettanti, che a causa del blocco, purtroppo, hanno subito anche ripercussione negli anni a seguire.
Secondo le norme, la cognizione sui diritti soggettivi connessi ai trattamenti pensionistici riguardanti il personale in regime previdenziale pubblico, spettano in via esclusiva alla giurisdizione della Corte dei Conti, a norma degli artt. 3, comma 3,13 e 62 del r.d. n. 1214 del 1934 – oggi art. 1, comma 2, del D.lgs 26 agosto 2016, n. 174, come infatti ad essa, appartengono tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione del pubblici dipendenti, il pagamento della rivalutazione monetaria e gli interessi sui ratei di ogni trattamento pensionistico. (Sezione UU. 9 giugno 2016 n. 11849)Diversamente invece, per quanto riguarda la cognizione sui diritti soggettivi connessi ai trattamenti pensionistici riguardanti il personale in regime previdenziale privato, gestito da INPS, la competenza è rivolta in via esclusiva al Giudice Ordinario della Sez. Lavoro.
*Presidente A.E.C.I. Regione Sicilia

venerdì 13 gennaio 2017

CSRC CENTRO SOCIO RICREATIVO CULTURALE PER ANZIANI "TULIPANO"

Il Centro Sociale Ricreativo "TULIPANO" è nato nel 1998 da un piccolo gruppo di persone, non più giovanissime, per stare insieme e socializzare. Col tempo è cresciuto e a tutt'oggi conta 600 soci.




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mercoledì 11 gennaio 2017

Il paradosso della trasparenza in Italia: dell'arte di rendere oscure le cose semplici

Ci siamo. Da pochi mesi è entrato in vigore il d.lgs. 97/16, che introduce il “diritto alle informazioni amministrative” per tutti i cittadini italiani  (o Freedom of Information Act, per dirla con l’anglicismo oggi in voga), ed è già esploso lo “Zibaldone di pensieri” e interpretazioni. La riforma muove dall’insoddisfazione generale per la trasparenza ottenuta mediante la pubblicazione obbligatoria sui siti internet istituzionali (d.lgs. 33/13), e viene ad affermare il diritto/libertà di chiunque di ottenere tutti i dati a disposizione della pubblica amministrazione (salvo quelli espressamente esclusi) mediante un accesso civico individuale esercitabile uti cives. Tutto a tutti, insomma: l’effetto “trasparenza totale” si realizza grazie a semplici istanze di accesso presentate dai cittadini in assenza di motivazione o di legittimazione specifiche, con l’unico scopo di esercitare un controllo generalizzato sull’operato delle amministrazioni e partecipare alle scelte pubbliche. Una riforma utile e necessaria, dunque. Nel fare questa scelta coraggiosa e introdurre anche nel nostro paese l’accesso civico propriamente detto (modello F.O.I.A.), tuttavia, il decreto lascia in vita le altre tipologie di accesso già presenti nel nostro ordinamento – documentale (1990) e civico (2013) – e viene ad aggiungere ad esse un nuovo strumento di trasparenza, che consente al cittadino di ottenere le informazioni pubbliche a cui è realmente interessato. Un’operazione di stratificazione, che non semplifica né razionalizza l’esistente. Affinché il livello generale di trasparenza pubblica possa aumentare, infatti, la convivenza tra strumenti diversi dovrebbe arricchire le opportunità di conoscenza, non generare promiscuità o confusione. Da questo punto di vista, la scelta di operare sull’impianto normativo già esistente, innestando su di esso il “nuovo accesso civico”, è fallimentare in partenza: al netto di un innegabile miglioramento in termini di conoscibilità dei dati pubblici, ciò che si ottiene emendando il vecchio d.lgs. 33/13 è soprattutto sovrapposizione tra gli istituti, incertezza sugli obblighi, indeterminatezza dei limiti. In parte la responsabilità di questa situazione risale direttamente al Parlamento, poiché la legge delega (legge n. 124 del 2015, cd. Madia) autorizza il Governo ad intervenire adottando «entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» (art. 7). In parte, tuttavia, il legislatore delegato avrebbe potuto adottare soluzioni più lineari per il «riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso», evitando di creare una commistione di concetti così profonda da pregiudicare la stessa fruibilità delle nuove opportunità di conoscenza e controllo. Se è vero che il legislatore italiano non ha brillato per perspicuità e limpidezza nella formulazione delle regole sulla trasparenza, è altrettanto certo che esegeti e commentatori, forse per un eccesso di competenze giuridiche che contraddistingue il nostro paese, stanno riuscendo a complicare ulteriormente ciò che, almeno nelle intenzioni, doveva essere chiaro. Anzi, trasparente. Le linee guida Anac, recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti del “nuovo” accesso civico, hanno cercato per quanto possibile di evitare sovrapposizioni tra istituti e colmare qualche lacuna, ma non è pensabile che strumenti soft law possano fornire la soluzione ultima ad un problema che è essenzialmente legato all’impianto normativo. Così, tra norme astruse e interpretazioni altrettanto complicate, i cittadini italiani hanno assistito alla nascita per gemmazione della nuova nozione - una e trina - di accesso: civico, civico generalizzato, documentale (o difensivo). L’utilità di questa ripartizione sfugge ai diretti interessati, amministrati e amministrazioni, ma l’impatto estetico è notevole. C’è solo un problema: la distinzione, così articolata, rischia di essere non soltanto inutile ma controproducente, se il legislatore non si attiverà per precisare meglio il perimetro e le finalità delle molteplici forme di accesso attualmente in vigore nel nostro ordinamento... (segue)

martedì 10 gennaio 2017

Campagna CONSENSO INFORMATO


 Comunicato n° 2  - 8 gennaio 2016           
                  IUniScuoLa Senior

   Via Olona n.19-20123 Milano Info 3883641614 o 3466872531

                          Email anzianiipiazza@libero.it

 

                             COMUNICATO STAMPA

Campagna CONSENSO INFORMATO promossa da IUniScuoLa Senior,per prevenire i conflitti nei CENTRI SOCIO RICREATIVI PER ANZIANI e affrontare i problemi.


In data 16/12/2016 su richiesta n° 2136 della Direzione Politiche Sociali la giunta ha deliberato la proposta n°2562 di concessione di contributi per attività continuativa 2016 alle Associazioni di Promozione Sociale di Anziani, incaricate di gestire i Centri Socio Ricreativi Culturali sul territorio comunale. Importo complessivo € 198.650,00 (Identico a quello del 2015).

 

Presso la sede dell'associazione I.U.S. sita in Via Olona n.19 è attivo il nuovo Sportello Antistalking sportello.antistalking@gmail.com, al quale possono accedere i cittadini anziani per la compilazione della  richiesta di accesso civico come prevista dalla nuova normativa “che non necessita di alcuna limitazione e cosa più importate e che la legittimazione soggettiva del richiedente non deve essere motivata, è inoltre gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione , che dovrà poi pronunciarsi sulla stessa istanza”.

                                       

  IL PRESIDENTE

 

IUniScuola SENIOR

                                  

Leonardo Donofrio

 

Milano 8 gennaio 2017

ALLEGATO