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domenica 30 novembre 2014

Intervento del Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini in occasione della “Conferenza Euro-Mediterranea sull’Agricoltura”

Caro Presidente della Regione Siciliana,
Caro Ministro Martina,
Cari Colleghi Ministri, Rappresentanti della Commissione Europea e Capi Delegazione,
Signore e Signori,
Desidero, anzitutto e in particolare, ringraziare l’amico e collega Ministro Maurizio Martina per aver sollecitato l‘insolita o, quanto meno, non scontata, presenza di un Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in questo consesso.
Si tratta, a parer mio di un segnale straordinario, che sottolinea quanto profonda e diffusa sia la percezione che, qualunque sia l’ambito tematico di applicazione (industria, servizi, pubblica amministrazione o agricoltura), solo dalla ricerca e dalla sua traduzione in innovazione si possa generare l’energia necessaria per una crescita vigorosa e sostenibile nel tempo che comporti anche un rilancio dell’occupazione, in particolare di quella giovanile.
Altrettanto significativo mi pare che questo si verifichi in un incontro che ha un profilo geo-politico definito, quello del Mediterraneo, e che si svolge in una collocazione baricentrica per quest’area vitale, quella di Palermo e della Sicilia, una città e una regione in cui il tema della ripresa dell’economia e dei livelli occupazionali è certamente avvertito come priorità assoluta.

Il Mediterraneo sta occupando – e non poteva essere diversamente per la collocazione geografica dell’Italia nell’ambito dell’Unione – un posto di elezione nei programmi del semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea e, consentitemelo, lo occupa anche nella mia sensibilità personale di studiosa, prima ancora che di Ministro della Repubblica. Pagina 2 di 7

Con l’attitudine che mi viene da una vita di studi su questi temi, di fronte agli impegni che, come Governo (ricorderete che la prima missione all’estero del Presidente del Consiglio è stata in Tunisia) e poi come Presidenza dell’Unione, stiamo assumendo nel Mediterraneo con una prospettiva di medio-lungo termine, mi sono posta un primo quesito: il Mediterraneo è realmente un’area culturale?
E’ cioè definibile come un territorio geografico ben delimitato nello spazio, caratterizzato da disomogeneità interna (come somma e aggregazione di tratti diversi che si intersecano) e da tratti (patterns) simili, ripetitivi, determinati dall’ambiente e ben riconoscibili all’esterno?
Tre famiglie linguistiche insistono sul bacino, a partire almeno dalle grandi migrazioni che si diramarono dal Caucaso agli albori del V millennio: l’indoeuropeo sulla sponda Nord (dai Balcani alla Penisola Iberica), il semitico sulla sponda Sud (dal Medioriente al Maghreb) e il turco nella penisola anatolica, a cerniera naturale e culturale fra le due e come ponte naturale con l’Asia centrale e con l’Oriente.
Tre famiglie linguistiche e altrettanti modelli culturali, in cui già si riconoscono, tuttavia, alcuni tratti costanti, ripetuti e comuni.
Nella società: la centralità della famiglia fondata sul nesso honour and shame.
Nei sistemi di governo politico e religioso: l’affermazione delle grandi religioni monoteiste come perno dell’organizzazione sociale, nelle forme distinte e differenziate dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam.
Infine, anche nell’economia e nell’ecosistema originario - e qui m’immergo nei temi di questa Conferenza - emergono tratti comuni estremamente significativi: il carattere agricolo dominante e la produzione delle due fondamentali colture dell’olio e del vino.
Le vicende di contatto e di conflitto, che hanno segnato con continuità la storia del bacino e il suo sviluppo (dalla conquista araba del sud d’Italia e Spagna, all’espansione ottomana dentro e fuori i confini europei), sono ben note.
Le stesse tormentate vicende di contatto e conflitto, etnico, politico e religioso, ci consegnano il Mediterraneo di oggi, questo originale “mosaico a geometria Pagina 3 di 7

variabile” (la definizione è di Michael Frendo), che rende ormai intuitiva, accettabile e, mi pare, accettata l’idea di un’unità geopolitica e culturale che va dall’Anatolia al Portogallo.
Lo stereotipo di un “Sud” emotivo e imprevedibile, contrapposto a un “Nord” cognitivo e strutturato, tanto caro anche al Freud dei ripetuti viaggi in Italia, sembra finalmente tramontato.
Indubbiamente è superato nelle sue sfumature più romantiche e mitologiche (il Mediterraneo terra di sostrato alle grandi civiltà di epoca storica), nella nuova visione che sta alla base dei moderni processi di integrazione politica e istituzionale - i lavori di questa Conferenza ne sono prova - ma anche economica, scientifica e culturale.
E come non citare a questo proposito la creazione, per iniziativa francese, di un organismo specifico come l’Union pour la Mediterranée, che ha rilanciato nel 2008 il partenariato regionale, col coinvolgimento di 16 stati del vicinato europeo orientale e meridionale, accanto agli allora 27 stati membri dell’UE?
Altrettanto importante è ricordare il riferimento al patrimonio di valori che la Dichiarazione di Barcellona ha recuperato dal passato e proiettato nel futuro: pace, stabilità, sicurezza, pieno rispetto dei diritti umani e promozione del dialogo interculturale, a fondamento della moderna regione Euro-Mediterranea.

In direzione di un “partenariato” sempre più stretto e convinto per un’iniziativa comune e forte sui temi che rappresentano le maggiori sfide per la Regione hanno spinto, dopo le Presidenze francese e spagnola, quella cipriota e, nel primo semestre di quest’anno quella greca, dalla quale abbiamo, con piacere, raccolto il testimone.
In questi mesi, cercando di superare non poche difficoltà, cercando di instaurare un clima di reciproca fiducia, anche con i paesi membri dell’Unione che geograficamente si trovano fuori dalla Regione, abbiamo esercitato il nostro ruolo di presidenti di turno per portare in primo piano le priorità legate a quest’area, ispirandoci al modello di quel “potere morbido e intelligente” che l’allora Segretario di Stato Hillary Rodham Clinton indicava come riferimento della politica estera del suo paese. Pagina 4 di 7

Soft power significa anche esercizio di una capacità di attrazione verso l’esterno, basata sulla cultura, sui valori e sul modello politico.
Ne sono strumenti privilegiati la diplomazia, gli aiuti economici, le comunicazioni e, vorrei dire soprattutto, il sistema dell’istruzione, dell’alta formazione e della ricerca, nel più ampio contesto della diplomazia culturale.
L’Italia si è impegnata, si sta impegnando e continuerà naturalmente anche dopo la fine del suo semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione, a creare nuove sensibilità e terapie di intervento nei settori scottanti per tutti: povertà e inclusione sociale, salute e cambiamento demografico, energia e ambiente, e, naturalmente, risorse idriche e alimentari sane e sicure per tutti.
Le nostre Università e i nostri Enti Pubblici di Ricerca, come quelli di tutti i vostri Paesi, incarnano con generoso impegno, pur in tempi di gravi difficoltà economiche, questa missione che coniuga, a livello internazionale, programmazione e progettazione congiunta nella ricerca e nell’alta formazione, che trasforma in capitale sociale il capitale umano dei nostri paesi e contribuisce alla loro crescita e al loro sviluppo sostenibile e inclusivo.
In questo contesto, mi fa particolarmente piacere citare un esempio concreto di “progetti di sistema”, ad oggi in fase di avanzata elaborazione: l’iniziativa del Marocco di creare un’Università Euro-Mediterranea e quella egiziana per realizzare un’università italo-egiziana.
Si tratta di progetti strategici che possono, insieme a quelli analoghi condotti da altri paesi, contribuire al consolidamento di un sistema educativo nell’area Euro-Mediterranea, in cui le università partner forniscono docenza, competenze scientifiche, know-how tecnologico.
Si tratta anche di un modello riproducibile, efficace soprattutto in aree geo-politicamente e storicamente contigue, come quella mediterranea.

Illustri Colleghi, caro Maurizio, nel corso del mio intervento ho fatto spesso riferimento all’importanza della diplomazia culturale e della cooperazione interuniversitaria, nel moderno paradigma della “prossimità” e della politica di partenariato. Pagina 5 di 7

Una nuova prospettiva che stimola e impone la ricerca di codici e punti di vista comuni, per affrontare le emergenze ormai condivise da Nord a Sud, da Est a Ovest e certamente condivise tra i paesi della Regione Euro-Mediterranea.
Carenze alimentari, deficit educativo e sanitario, mancanza d’acqua e crisi energetica sono piaghe antiche per alcune regioni, ma stanno diventando mali incombenti per altre, sia pure in forme e misure differenziate.
E’ per questo che, sulla scia di idee lanciate quasi vent’anni orsono con il Comitato per il monitoraggio della cooperazione Euro-Mediterranea su ricerca, tecnologia e sviluppo e progressivamente affermatesi attraverso le tappe che ho ricordato in precedenza, l’Italia è oggi determinatissima a condurre in porto l’iniziativa per un “Partenariato per la Ricerca e l’Innovazione nell’Area Mediterranea”, iniziativa che probabilmente molti fra voi conoscono con l’acronimo PRIMA.
Il “Programma”, che nei prossimi giorni sarà oggetto di Conclusioni del Consiglio Competitività e sarà subito dopo formalmente presentato al Commissario Moedas, è frutto di un lungo e paziente lavoro. Un lavoro iniziato durante la presidenza cipriota, sviluppato e accelerato durante la presidenza greca e completato durante il semestre italiano, grazie al contributo di esperti dei Paesi partecipanti - Stati Membri e Partner mediterranei - coordinati dalla nostra squadra guidata dal Professor Angelo Riccaboni, Rettore dell’Università di Siena che oggi è qui con noi. Grazie Angelo per questo eccezionale lavoro!
E’ un Programma fondato su due pilastri, tra loro indissolubilmente collegati: “risorse idriche” e “sistemi alimentari”, coniugate principalmente nell’accezione relativa alla rispettiva sicurezza, salubrità e sostenibilità.
E’ un programma che, definito con chiarezza il proprio obiettivo di “sviluppare soluzioni innovative e promuovere la loro applicazione da parte degli utenti finali, in primo luogo gli agricoltori per migliorare l’efficienza e la sostenibilità delle produzioni alimentari e delle risorse idriche”, ha saputo raccogliere rapidamente un’impressionante massa critica: sono, infatti, 14 i paesi che si sono già impegnati anche finanziariamente a sostenere il Programma e l’Unione per il Mediterraneo ha già indicato la propria disponibilità ad ospitarne il Segretariato (Dedicated Implementing Structure). Pagina 6 di 7

E’ un programma che rappresenta un evidente valore aggiunto per la costruzione dello Spazio Europeo della Ricerca, contribuendo a ridurre la frammentazione in piccoli e spesso inefficaci programmi e a eliminare le duplicazioni nemiche dell’efficienza.
E’ un programma che vede nell’art. 185 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) la sua ottimale cornice giuridica, perché è l’unica che garantisce un impegno di lungo termine; l’unica che assicura un chiaro impegno politico di tutti i membri dell’Unione; l’unica che, con il coinvolgimento pieno del Parlamento Europeo, assicura al programma la forza necessaria per esercitare il ruolo che vogliamo attribuirle di potente strumento di science diplomacy.
E’, infine, un programma che può costituire la “prima pietra” di un rinnovato partenariato Euro-Mediterraneo, finalizzato a favorire una crescita sociale ed economica inclusiva e giusta nell’intera Area e, quindi, strumentale a un’ambiziosa politica di cooperazione Europea che possa efficacemente contribuire allo sviluppo della Regione in un clima di crescente pace e stabilità.

Cari Colleghi, lasciatemi dire, cari amici,
Lo sviluppo economico e sociale e la stabilità dell’area Mediterranea hanno storicamente rappresentato un interesse vitale per l’Italia, un “hub” che collega l’Europa all’Africa Settentrionale e al Medio Oriente, giocando un ruolo fondamentale per il dialogo e la cooperazione mediterranea.
Negli ultimi tre anni, la Regione ha sperimentato un’evoluzione drammatica e una trasformazione dello scenario politico e sociale. Abbiamo di fronte nuove sfide, ma anche nuove opportunità.
Il nostro obiettivo prioritario è creare una rinnovata relazione privilegiata, basata sui valori condivisi della democrazia e della dignità umana, sulla sicurezza e sulla stabilità, sullo sviluppo economico e sociale.
In questa prospettiva, l’Area Mediterranea rappresenta oggi un ideale “test bed” per una crescita “basata sulla ricerca” dove la scienza possa efficacemente Pagina 7 di 7

fornire un contributo per favorire l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e la valorizzazione del nostro unico patrimonio naturale e culturale.
C’è bisogno, indubbiamente, di una logica cooperativa per fronteggiare le emergenze e garantirsi un futuro di sviluppo.

C’è bisogno di quell’inclinazione naturale all’innovazione e al cambiamento che soprattutto nelle università - dallo Studium medioevale al campus urbano - ha trovato nella storia e continua a trovare nel presente condizioni ideali per alimentare lo sviluppo: curiosità intellettuale e libertà di pensiero al servizio dei nostri paesi e dell’Europa, in una società globale che conservi la persona umana e la sua dignità come stella polare che ne guidi la direzione.