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lunedì 30 dicembre 2019

L’anno che verrà




    L’anno che si sta concludendo non lascia molte certezze per il domani. Le inquietudini che sta vivendo il secondo governo Conte non potranno essere spazzate via nell’anno nuovo con un colpo di vento. La crisi che sta vivendo il M5Stelle, aggravata dalle dimissioni del ministro dell’istruzione Fioramonti, rendono incerta la tenuta del movimento di Grillo, che improvvisamente si trova senza una strategia condivisa, che lo possa mettere al riparo dalla perdita di altri parlamentari o da una paventata scissione. Il nodo è venuto finalmente al pettine. Una forza politica non si può reggere alla lunga senza un ambizioso progetto politico che ne definisca la sua identità. I grillini pensavano che bastasse dichiararsi  né di destra né di sinistra e cavalcare l’onda del populismo dell’antipolitica per mantenere il consenso e la fiducia che gli elettori gli avevano tributato. Ma così non è stato ed ora il movimento rischia di rimanere spiaggiato con il ritrarsi di quell’onda. Il paese vuole essere governato con risultati apprezzabili in un momento di stagnazione economica e nel perdurare di crisi internazionali, dalla Libia alla Siria, dall’incognita rappresentata dall’imperversare dei twitter di Trump mentre Russia e Cina si stanno attrezzando per inserirsi in quel vuoto, che la tradizione politica delle alleanze occidentali sembra voler lasciare.  
    Ma le inquietudini dei 5Stelle non sono le sole a dover preoccupare il premier Conte perché la rivalità concorrenziale sta agitando anche il campo delle tradizionali forze di centrosinistra. Il partito di Renzi non manca nel pungolare il governo su provvedimenti non di facile composizione come il problema della gestione delle autostrade dopo la caduta del ponte Morandi, come la giustizia con l’intenzione del ministro Bonafede di non arretrare rispetto alla sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio e poi c’è la questione della scuola sollevata dalle polemiche dimissioni di Fioramonti. Sono molte le mine che Conte dovrà dissinnescare e certamente il Pd di Zingaretti non potrà fare il pompiere per molto a lungo, pena la perdita della sua credibilità di partito, che vanta un ruolo di aggregazione di una larga forza alternativa al populismo sovranista di Salvini. Medesime considerazioni si possono fare per quanto riguarda la nostra regione. Anche sull’Umbria si agitano incertezze ed inquietudini. La giunta Tesei da poco insediatasi si è profusa in promesse ed annunci, ma al di là di un vagheggiato cambiamento non è dato capire come il centrodestra vincitore delle elezioni dello scorso ottobre intenda muoversi perché non sono state indicate precise misure  per  far uscire la regione da quella stagnazione che dura da troppo tempo, né ha precisato o formulato provvedimenti per superare quelle emergenze del tessuto economico e sociale regionale, che sono state evidenziate anche nei dati diffusi dalla Banca d’Italia e dagli istituti di ricerca, che hanno fotografato come in Umbria ancora ci siano sacche di povertà per nulla scalfite dal tanto sbandierato reddito di cittadinanza. La vera povertà, che colpisce soprattutto nuclei familiari con la presenza di minori, non la si sconfigge senza una rete di solidarietà sociale, che solo gli enti locali e le associazioni di volontariato, che operano nel territorio, possono mettere in campo e gestire. E poi c’è la questione lavoro, ci sono crisi aziendali non risolte, c’è la ricostruzione post-terremoto che stenta a prendere il via e nel campo della sanità non è dato conoscere come intenda muoversi il nuovo assessore  giunto dal Veneto. Anche in questo caso la parola cambiamento è quella più usata dal centrodestra, ma cambiamento come e perché ?La sanità umbra è una delle migliori dell’Italia e cambiare può anche diventare pericoloso se significa arretramento rispetto a quella rete di servizi pubblici diffusa sul territorio ,con punte significative di eccellenza in alcuni presidi ospedalieri , che fino ad ora il centrosinistra ha saputo assicurare agli umbri. Anche nel sociale in Umbria non siamo all’anno zero. Queste cose debbono essere ricordate ai nuovi governanti della regione, perché a forza di annunci e vaghe promesse senza precisare strumenti ed obbiettivi si può diffondere maggiore incertezza ed inquietudine. Ma l’affacciarsi di un nuovo anno deve sempre indulgere a pensieri positivi. Per questo nonostante tutto vogliamo formulare ai nostri lettori un caloroso augurio di un buon anno 2020.

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