Agenzia Rappresentanza Negoziale Pubbliche Amministrazioni

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lunedì 30 dicembre 2019

L’anno che verrà




    L’anno che si sta concludendo non lascia molte certezze per il domani. Le inquietudini che sta vivendo il secondo governo Conte non potranno essere spazzate via nell’anno nuovo con un colpo di vento. La crisi che sta vivendo il M5Stelle, aggravata dalle dimissioni del ministro dell’istruzione Fioramonti, rendono incerta la tenuta del movimento di Grillo, che improvvisamente si trova senza una strategia condivisa, che lo possa mettere al riparo dalla perdita di altri parlamentari o da una paventata scissione. Il nodo è venuto finalmente al pettine. Una forza politica non si può reggere alla lunga senza un ambizioso progetto politico che ne definisca la sua identità. I grillini pensavano che bastasse dichiararsi  né di destra né di sinistra e cavalcare l’onda del populismo dell’antipolitica per mantenere il consenso e la fiducia che gli elettori gli avevano tributato. Ma così non è stato ed ora il movimento rischia di rimanere spiaggiato con il ritrarsi di quell’onda. Il paese vuole essere governato con risultati apprezzabili in un momento di stagnazione economica e nel perdurare di crisi internazionali, dalla Libia alla Siria, dall’incognita rappresentata dall’imperversare dei twitter di Trump mentre Russia e Cina si stanno attrezzando per inserirsi in quel vuoto, che la tradizione politica delle alleanze occidentali sembra voler lasciare.  
    Ma le inquietudini dei 5Stelle non sono le sole a dover preoccupare il premier Conte perché la rivalità concorrenziale sta agitando anche il campo delle tradizionali forze di centrosinistra. Il partito di Renzi non manca nel pungolare il governo su provvedimenti non di facile composizione come il problema della gestione delle autostrade dopo la caduta del ponte Morandi, come la giustizia con l’intenzione del ministro Bonafede di non arretrare rispetto alla sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio e poi c’è la questione della scuola sollevata dalle polemiche dimissioni di Fioramonti. Sono molte le mine che Conte dovrà dissinnescare e certamente il Pd di Zingaretti non potrà fare il pompiere per molto a lungo, pena la perdita della sua credibilità di partito, che vanta un ruolo di aggregazione di una larga forza alternativa al populismo sovranista di Salvini. Medesime considerazioni si possono fare per quanto riguarda la nostra regione. Anche sull’Umbria si agitano incertezze ed inquietudini. La giunta Tesei da poco insediatasi si è profusa in promesse ed annunci, ma al di là di un vagheggiato cambiamento non è dato capire come il centrodestra vincitore delle elezioni dello scorso ottobre intenda muoversi perché non sono state indicate precise misure  per  far uscire la regione da quella stagnazione che dura da troppo tempo, né ha precisato o formulato provvedimenti per superare quelle emergenze del tessuto economico e sociale regionale, che sono state evidenziate anche nei dati diffusi dalla Banca d’Italia e dagli istituti di ricerca, che hanno fotografato come in Umbria ancora ci siano sacche di povertà per nulla scalfite dal tanto sbandierato reddito di cittadinanza. La vera povertà, che colpisce soprattutto nuclei familiari con la presenza di minori, non la si sconfigge senza una rete di solidarietà sociale, che solo gli enti locali e le associazioni di volontariato, che operano nel territorio, possono mettere in campo e gestire. E poi c’è la questione lavoro, ci sono crisi aziendali non risolte, c’è la ricostruzione post-terremoto che stenta a prendere il via e nel campo della sanità non è dato conoscere come intenda muoversi il nuovo assessore  giunto dal Veneto. Anche in questo caso la parola cambiamento è quella più usata dal centrodestra, ma cambiamento come e perché ?La sanità umbra è una delle migliori dell’Italia e cambiare può anche diventare pericoloso se significa arretramento rispetto a quella rete di servizi pubblici diffusa sul territorio ,con punte significative di eccellenza in alcuni presidi ospedalieri , che fino ad ora il centrosinistra ha saputo assicurare agli umbri. Anche nel sociale in Umbria non siamo all’anno zero. Queste cose debbono essere ricordate ai nuovi governanti della regione, perché a forza di annunci e vaghe promesse senza precisare strumenti ed obbiettivi si può diffondere maggiore incertezza ed inquietudine. Ma l’affacciarsi di un nuovo anno deve sempre indulgere a pensieri positivi. Per questo nonostante tutto vogliamo formulare ai nostri lettori un caloroso augurio di un buon anno 2020.

    venerdì 27 dicembre 2019

    Attività istituzionale dell'Agenzia ARAN


    Attività negoziale
    Sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro dell’Area Sanità per il triennio 2016-2018

    Il 19 dicembre 2019, Aran e sindacati rappresentativi hanno sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro per il triennio 2016-2018, per i circa 130.000 dirigenti medici, veterinari, sanitari e delle professioni sanitarie confluiti nella nuova Area dirigenziale della Sanità.
    La firma del contratto giunge al termine di una complessa trattativa che ha visto impegnate le parti per un lungo periodo.
    Il nuovo testo contrattuale regola in modo esaustivo i principali istituti contrattuali, molti dei quali adeguati ai numerosi interventi legislativi che si sono susseguiti negli ultimi anni. In particolare, è stata riformulata in modo completo la parte che riguarda le relazioni sindacali, anche partecipative, con una regolazione semplificata ed unitaria della materia. Si è proceduto anche all’attualizzazione ed alla riscrittura, in armonia con le nuove norme di legge, delle disposizioni concernenti la responsabilità disciplinare. Sono state, infine, ampliate ed innovate alcune tutele, ad esempio quelle concernenti le gravi patologie che necessitano di terapie salvavita, le misure in favore delle donne vittime di violenza, le ferie e i riposi solidali per i dirigenti che debbano assistere figli minori bisognosi di cure.
    Il contratto si qualifica anche per l’attenzione riservata alla specialità di questa dirigenza, manifestatasi in modo più evidente nel nuovo sistema degli incarichi, volto a valorizzare la carriera dirigenziale, anche professionale, e nel relativo sistema di verifica e valutazione.
    Sotto il profilo economico, il contratto riconosce incrementi a regime del 3,48%, corrispondenti ad un beneficio medio complessivo di poco più di 190 Euro/mese, distribuito in modo equilibrato per la rivalutazione della parte fissa della retribuzione e delle risorse utilizzate in sede locale per la remunerazione delle condizioni di lavoro, dei risultati raggiunti e degli incarichi dirigenziali. In tale ambito, è stata operata una rivalutazione degli stipendi tabellari a regime di 125 Euro mese per tredici mensilità a cui si aggiungono gli ulteriori incrementi che hanno interessato la parte accessoria del salario, con una particolare attenzione agli istituti retributivi più direttamente correlati alla erogazione dei servizi (guardie mediche e retribuzione di risultato).
    In attuazione del mandato negoziale ricevuto, il contratto realizza, infine, una ridefinizione strutturale del sistema dei fondi riducendoli a tre e semplificandone le modalità di costituzione ed utilizzo.


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    Consiglio comunale del 27 dicembre 2019

    lunedì 23 dicembre 2019

    Di Maio, Conte e Salvini. Ecco le personalità di questi tempi. Che opinione ne hai?

    Per orientarsi nella crisi di governo di questi giorni non si può trovare una traccia in una delle altre della storia repubblicana. Questo spiega Emanuele Macaluso, che pure di crisi di governo ne ha viste e vissute tante: da dirigente comunista, da sindacale, da direttore dell’Unità. A marzo ha festeggiato – anche qui sul manifesto – i suoi 95 anni. Ma, «una crisi così prima non poteva succedere», ragiona. E il motivo è semplice: prima «c’erano i partiti, le personalità politiche».
    Di Maio, Conte e Salvini. Ecco le personalità di questi tempi. Che opinione ne hai?
    Di Maio sembra uno che ha vinto la lotteria: vicepresidente del consiglio e due ministeri. E crede di sapere i numeri. Diciamo le cose come stanno: è un ignorantello, non ha cultura, né generale né politica, non ha storia, non esiste al mondo una persona che passa da quello che ha fatto, cioè niente, a vicepresidente del consiglio. Già questo dice cosa è stato questo governo. Non ha mai letto un libro, non so neanche se prima leggeva i giornali.
    Inadeguato.
    Diciamo le cose come stanno: sono stati loro. È stato Di Maio a costruire le fortune di Salvini. Che è arrivato al 36 per cento grazie a Di Maio. E a Conte. Gli hanno fatto fare quello che voleva. Gli hanno approvato tutte le leggi. Il cosiddetto ministro dei trasporti (Toninelli, ndr) gli ha chiuso i porti. Il presidente del consiglio, che costituzionalmente è il responsabile della politica del governo, non ha detto mai una parola su questo. Come se non ci fosse. Ha consentito che Salvini non facesse il ministro: non andava al Viminale, cambiava casacche, un giorno poliziotto, poi pompiere, poi finanziere. E Conte muto. Salvini è stato costruito dall’impotenza, dall’incapacità, dalla miseria politica dei grillini. Solo oggi che Salvini li messi fuori se ne sono accorti.
    Conte in queste ore rivendica il suo ruolo. I 5 stelle sono emendabili, redimibili?
    Conte si è accorto di essere presidente del consiglio da poco. Sono emendabili? Bisogna vedere come andrà il voto. Se diventano un partito marginale forse si innescherà un processo politico.
    Il Pd, con altre forze di centrosinistra – +Europa, Leu, altre – tutti insieme potrebbero superare il 30 per cento. A quel punto il sistema tornerà ad essere destra, estrema, contro centrosinistra. Anche con quelli che oggi pensano che ci voglia un partito centrista: ma un partito non si inventa a tavolino, o c’è o non c’è.
    In quel caso c’è qualcosa da recuperare nei 5 stelle?
    C’è una destra estrema molto pericolosa. Il problema centrale è la battaglia per la democrazia e le libertà, perché oggi questo è in discussione. E la questione sociale si è innervata con quella della libertà e della democrazia. Dunque i 5 stelle sono emendabili? Non lo so, se saranno un partito minore, se sparisce Di Maio e torna a fare quello che faceva – cioè niente -, se si sganciano da Rousseau e dalla dipendenza da Casaleggio. Forse la sconfitta può innescare processi che ora non possiamo rivedere.
    Dicevi che la destra nazionalista è pericolosa. Questa legislatura ci lascia istituzioni indebolite, come ha detto Rino Formica a questo giornale?
    In questa legislatura il parlamento non ha contato niente, tranne che per fare le leggi che servivano a Salvini. L’occupazione dell’informazione pubblica è sfacciata, basta guardare il Tg2. Ci sono le minacce ai giornalisti. Davanti al cronista di Repubblica (Lo Muzio, che ha ripreso il figlio di Salvini su una moto d’acqua della polizia, ndr) Salvini poteva chiedere scusa. E invece no, ha voluto dare un segnale: per i giornalisti che non sono servi c’è il disprezzo, il tentativo di ammutolirli. Questi miserabili dei grillini hanno tentato di uccidere Radio Radicale, il manifesto, l’Avvenire, i giornali locali. Quello che è avvenuto in questa legislatura è la premessa a possibili sviluppi peggiori.
    Ora Salvini chiede agli elettori: «Datemi pieni poteri». Cosa vuol dire questa frase?
    Ecco, l’altro problema, che per me è il principale del sistema democratico italiano, è un pauroso abbassamento della cultura politica di massa. Un bracciante siciliano dei miei tempi aveva più cultura politica di quanta ne abbia Conte o Di Maio.
    La tanto criticata educazione politica dei vecchi partiti non erano le Frattocchie, era il rapporto con le masse popolari, che ora si chiama ‘il territorio’. C’erano i giornali delle forze politiche, le riviste, le sezioni, si parlava con le persone. Tutto questo è finito, non da oggi, da trent’anni.
     Oggi i politici parlano alla pancia perché alla testa non parla nessuno. Oggi non si conosce e non si riflette su cosa succede nel resto mondo.
    Sulla «situazione internazionale», come si diceva ai tempi del Pci?
    Perché si sapeva che c’era un rapporto con la realtà che vivevi. Ecco, un’altra istituzione in pericolo è in Europa. Non so se Salvini pensa all’uscita dell’Italia dall’Unione, ma ha già annunciato che la conflittualità antieuropea sarà durissima. Ho letto sul Corriere l’intervista a Bannon. Rivela i rapporti con l’estrema destra americana e con Putin. Tutte forze antieuropee.
    Salvini è eterodiretto?
    Non dico questo, ma ha un’ispirazione politica nelle forze di estrema destra in America. E con Putin, che vuole fottere l’Europa.
    Tu sei amico di un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, considerato molto interventista. L’attuale presidente Mattarella ha un altro stile. Ma credi che ci sia bisogno di una sua azione più esplicita?
    Conosco bene Mattarella. È un democratico, uno su cui il paese può fare affidamento. Forse non è riuscito ad avere uno staff all’altezza. E in una situazione del genere, glielo dico con grande amicizia, il presidente della Repubblica deve usare le sue competenze costituzionali fino in fondo. Se è vero quello che penso sui pericoli che corre il paese, certo al presiedente si pongono problemi seri e nuovi. La garanzia di alcune istituzioni, compreso ruolo del parlamento, si porrà in maniera più acuta. Ma ho fiducia che lui possa affrontare questi temi con energia. Non è un pavido, nel 1990 non esitò a dimettersi da ministro (contro la legge Mammì, ndr).
    E siamo arrivati al Pd. 
    Ma la storia comincia con il Pds e i Ds. L’obiettivo del governo era un problema importante per gli eredi di un partito, il Pci, che era stato sempre fuori dal governo, tranne che subito dopo la Liberazione e poi con Moro, nell’area di governo. Ma non poteva essere l’unico obiettivo: quei dirigenti non hanno più posto attenzione ai processi sociali, culturali e sociali. Altrimenti non si spiega che sia avanzata questa destra, anche nel Mezzogiorno dove la Lega tifava per l’Etna e il Vesuvio. È avvenuto un processo in cui le generazioni che c’erano e quelle che sono venute dopo hanno perso le fondamenta di una forza democratica di sinistra. È stata spazzata via la presenza nel territorio, il rapporto personale, nei quartieri, nelle fabbriche, nella scuola. Oggi c’è la rete, ma non basta. Obama faceva comizi, anche piccoli. Così Sanders e i democratici. Comizi in camicia come li facevamo noi negli anni 50 e 60. Salvini l’ha capito, infatti è l’unico che fa ancora comizi.
    Il segretario Zingaretti intanto fa appello all’unità del partito. Renzi riuscirà ad accettarlo?
    Lo spero. Con lui non ho mai parlato. Non nego che abbia delle qualità. Ma da come interviene si capisce che non ha esaminato autocriticamente le ragioni della sua caduta. Continua a dare le responsabilità agli altri, non vede il suo eccessivo personalismo. Da questo punto di vista non ha riflettuto. Invece dovrebbe. Potrebbe avere un avvenire politico, ma dentro una forza politica. Così si faceva nella Dc, visto che viene da lì. I ‘cavalli di razza’ si alternavano, Moro, Fanfani, De Mita. Fra loro c’è stata competizione, a momenti anche molto dura, ma avevano capito che se si spaccavano finivano. Dopo il ’ 68 Moro, che era stato presidente del consiglio, fu messo fuori dai dorotei; lui fece una corrente e al congresso prese il 7 per cento. Poi però diventò presidente del consiglio e capo del partito fino a quando fu rapito e ucciso. Questa è la dialettica.
    Non so se l’ha capito Renzi: se spacca, darà certo un colpo al Pd ma anche lui conterà niente. Se ne è capace, deve reggere una dialettica: competa, il futuro non lo sa nessuno.
    Zingaretti ha i numeri per questa fase così delicata? 
    Oggi in tutto il mondo politico non c’è più il meglio: i grandi partiti, i Togliatti, i De Gasperi, i Moro e i Nenni. Siamo in piena crisi della politica, altrimenti non avremmo i Di Maio e i Salvini. E la sinistra vive in questa crisi. Quindi bisogna stare attenti a quello che c’è, valutare quello che è possibile. Zingaretti è il meno peggio che oggi il Pd possa esprimere. Ha equilibro, sensibilità, un minimo di cultura politica, ha fatto il parlamentare europeo, ha fatto bene presidente di regione. Io non sono iscritto al Pd, ho scritto un libro che si intitola «Al capolinea» e per me il Pd soffre il modo com’è nato. Ma siccome ora non c’è altro – ripeto: non c’è altro – dico a tutti che demolirlo significa rafforzare la destra. Quindi bisogna semmai dare argomenti, suggerire temi, mettere in campo questioni, anche fuori dal partito. E bisogna avere la capacità di cogliere quello che di positivo c’è fuori dal partito. Avere molta attenzione a l mondo sindacale: il Pd, e non solo Renzi, ha la responsabilità di non averlo capito. E in Italia la questione sociale si intreccia alla questione dell’immigrazione. Perché la questione sociale resta sempre essenziale per una forza di sinistra.


    Bonus famiglia 2020, novità e agevolazioni in Legge di Bilancio



    Tante le agevolazioni confermate per le famiglie in Legge di Bilancio, come il bonus asilo e bebè. Tra le novità della Manovra c’è il bonus latte artificiale e l’istituzione del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia.
    Bonus famiglia 2020, tante le novità introdotte con la Legge di Bilancio a sostegno del nucleo familiare.
    Il testo della Manovra ha ottenuto l’approvazione del Senato il 16 dicembre, e considerando che l’ok della Camera deve arrivare entro il 31, appare plausibile ipotizzare che non ci saranno ulteriori modifiche.
    È possibile quindi mettere dei punti fermi per quanto riguarda le agevolazioni per le famiglie.
    Il secondo Governo Conte si è detto fin da subito l’Esecutivo degli asili nido e non della flat tax, e con questa Legge di Bilancio ha provato a mantenere le promesse fatte.
    Tra gli incentivi confermati per il prossimo anno troviamo il bonus mamme domani, il bonus bebè e asilo nido.
    La novità assoluta di questa Manovra è senza dubbio il bonus latte artificiale, un contributo di 400 euro annui a sostegno delle mamme che non possono allattare in modo naturale a causa di patologie accertate.
    Inoltre, è stato istituito il “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia” dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal quale verranno erogati i bonus e le agevolazioni a partire dal 2021.
    Il “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia” ha in dotazione 1.044 milioni di euro per l’anno 2021 e 1.244 milioni di euro per il 2022.
    Tra le novità del prossimo anno c’è anche il bonus seggiolino, di importo pari a 30 euro per l’acquisto dei nuovi dispositivi.
    Analizziamo di seguito tutti i bonus famiglia previsti nel 2020.
    Bonus famiglia 2020, novità e agevolazioni
    Bonus famiglia, contributo asilo nido 2020
    Il bonus nido è stato rivisto e corretto in base a nuove fasce ISEE. In particolare, verrà erogato:
    • un bonus di fino a 3.000 euro ai nuclei familiari con ISEE fino a 25.000 euro;
    • un bonus di 2.500 ai nuclei familiari con ISEE compreso tra 25.001 e 40.000 euro.
    Alle famiglie con redditi alti il contributo sarà comunque riconosciuto, fino ad un massimo di 1.500 euro, che è l’importo base del bonus asilo nido.
    Bonus famiglia, assegno di natalità per i nuovi nati 2020
    Anche per il bonus bebè 2020 è previsto un potenziamento.
    Aumenta, infatti, la platea dei beneficiari del bonus bebè, visto che la Legge di Bilancio ha eliminato il requisito ISEE ha cambiato l’importo dell’assegno di natalità riconosciuto ai figli nati o adottati dal 1° gennaio 2020.
    Il modello ISEE per il bonus bebè servirà esclusivamente a calcolare l’importo riconosciuto: l’aumento arriverà fino a 1.920 euro per le famiglie con redditi bassi, ma la base dell’assegno sarà pari a 80 euro per tutti.
    Per fare domanda è necessario attendere la circolare dell’INPS.
    Bonus famiglia, il bonus mamma domani 2020
    Il bonus mamme domani fa parte delle agevolazioni che in un primo momento sembravano sulla strada dell’abolizione.
    Confermato invece anche per il 2020 il bonus di 800 euro erogato dall’INPS come premio nascita.
    Spetta sia alle donne in gravidanza, superato il settimo mese, sia alle famiglie che adottano o accolgono un bambino o una bambina in affidamento.
    Il bonus latte 2020 tra le novità per le famiglie
    Il bonus latte 2020 è una novità assoluta della Legge di Bilancio. Consiste in un contributo di 400 euro annui, erogato per i primi sei mesi di vita del bambino.
    Si tratta di un’agevolazione pensata a sostegno delle mamme che per problemi di salute accertati non possono allattare in modo naturale.
    Sarà un decreto del Ministero della Salute entro marzo a stabilire i requisiti economici e a individuare le patologie per l’accesso al bonus.
    Il bonus seggiolini 2020 tra le novità per le famiglie
    L’altra novità assoluta del 2020 è il seggiolino antiabbandono, diventato obbligatorio a sorpresa dal 7 novembre 2019 per i bambini con età inferiore a 4 anni.
    Le sanzioni, però, non inizieranno fino al 6 marzo 2020.
    Per il 2019 e per il 2020 sarà riconosciuto un bonus 2020 di importo pari a 30 euro per l’acquisto dei nuovi dispositivi.
    È il Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2020 a fissare le regole dell’agevolazione.
    Pacchetto Sanità e novità dei bonus famiglia 2020
    La Legge di Bilancio 2020 ha abolito il superticket, ma la disposizione entrerà in vigore dal 1° settembre 2020.
    Le risorse messe a disposizione per l’abolizione del superticket ammontano a 185 milioni per il 2020.
    Dovrà aspettare, a quanto pare, la riforma del sistema del ticket sanitario.
    Dal 2020 sarà istituito anche il “Fondo per i disabili e le persone non autosufficienti”, per il quale sono stati stanziati 59 milioni di euro per il 2020, 200 milioni per il 2021 e 300 milioni annui a partire dal 2022.
    Le altre agevolazioni previste nel bonus famiglia 2020
    Tra le agevolazioni previste per il 2020, confermata la Carta Famiglia, che ha una validità di due anni.
    Farà parte dei bonus famiglia 2020 anche il bonus 18 anni, cioè l’incentivo di 500 euro introdotto con la Legge di Stabilità 2016.
    Introdotto dal Governo Renzi, è un contributo economico ai ragazzi e alle ragazze che compiono 18 anni nel 2020 e che potranno spendere questi soldi in attività legate alla cultura: visite a mostre, musei, aree archeologiche, ma anche biglietti per cinema e teatro, libri (non solo scolastici).
    Fondamentali per l’economia delle famiglie e non solo anche i bonus casa 2020.
    La Legge di Bilancio ha confermato sia il bonus ristrutturazioni che l’ecobonus per i lavori di riqualificazione energetica come l’installazione di pannelli solari e pareti isolanti.
    Confermati sia il bonus mobili, che consente una detrazione IRPEF del 50% della spesa fino a 10.000 euro per l’acquisto di arredi ed elettrodomestici, che il bonus verde, con cui si potrà detrarre fino a un massimo di 5.000 euro dalle spese sostenute per la realizzazione, manutenzione ordinaria o ristrutturazione di giardini, aree verdi scoperte, recinzioni, impianti di irrigazione e pozzi.
    Tra le novità più attese per il 2020 c’è anche il bonus facciate 2020, che consiste nella detrazione del 90% delle spese sostenute per la ristrutturazione delle facciate esterne dei condomini.
    Bonus famiglia: ulteriori novità nel 2021
    Dal 2021 il panorama dei bonus famiglia dovrebbe cambiare nuovamente, poiché come anticipato è prevista l’istituzione del “Fondo assegno universale e servizi alla famiglia”, da cui verranno erogati il bonus bebè e il bonus asilo nido.
    A disposizione del Fondo sarà stanziato più di un miliardo di euro per il 2021 e più di 1,2 miliardi di euro per il 2022.
    L’obiettivo è quello di valorizzare le famiglie, oltre che mettere ordine tra le politiche a sostegno dei nuclei familiari che si sono susseguite negli anni
    FONTE
    https://www.money.it/bonus-famiglia-2020-agevolazioni-novita-legge-di-bilancio

    lunedì 12 agosto 2019

    Intervista. Il dirigente comunista: la fortuna di Salvini è colpa dei 5s. Sono recuperabili? Se perdono

    Macaluso: «Una destra pericolosa, nessuno ora indebolisca il centrosinistra»


    Per orientarsi nella crisi di governo di questi giorni non si può trovare una traccia in una delle altre della storia repubblicana. Questo spiega Emanuele Macaluso, che pure di crisi di governo ne ha viste e vissute tante: da dirigente comunista, da sindacale, da direttore dell’Unità. A marzo ha festeggiato – anche qui sul manifesto – i suoi 95 anni. Ma, «una crisi così prima non poteva succedere», ragiona. E il motivo è semplice: prima «c’erano i partiti, le personalità politiche».
    Di Maio, Conte e Salvini. Ecco le personalità di questi tempi. Che opinione ne hai?
    Di Maio sembra uno che ha vinto la lotteria: vicepresidente del consiglio e due ministeri. E crede di sapere i numeri. Diciamo le cose come stanno: è un ignorantello, non ha cultura, né generale né politica, non ha storia, non esiste al mondo una persona che passa da quello che ha fatto, cioè niente, a vicepresidente del consiglio. Già questo dice cosa è stato questo governo. Non ha mai letto un libro, non so neanche se prima leggeva i giornali.

    Inadeguato.
    Diciamo le cose come stanno: sono stati loro. È stato Di Maio a costruire le fortune di Salvini. Che è arrivato al 36 per cento grazie a Di Maio. E a Conte. Gli hanno fatto fare quello che voleva. Gli hanno approvato tutte le leggi. Il cosiddetto ministro dei trasporti (Toninelli, ndr) gli ha chiuso i porti. Il presidente del consiglio, che costituzionalmente è il responsabile della politica del governo, non ha detto mai una parola su questo. Come se non ci fosse. Ha consentito che Salvini non facesse il ministro: non andava al Viminale, cambiava casacche, un giorno poliziotto, poi pompiere, poi finanziere. E Conte muto. Salvini è stato costruito dall’impotenza, dall’incapacità, dalla miseria politica dei grillini. Solo oggi che Salvini li messi fuori se ne sono accorti.

    Conte in queste ore rivendica il suo ruolo. I 5 stelle sono emendabili, redimibili?
    Conte si è accorto di essere presidente del consiglio da poco. Sono emendabili? Bisogna vedere come andrà il voto. Se diventano un partito marginale forse si innescherà un processo politico.
    Il Pd, con altre forze di centrosinistra – +Europa, Leu, altre – tutti insieme potrebbero superare il 30 per cento. A quel punto il sistema tornerà ad essere destra, estrema, contro centrosinistra. Anche con quelli che oggi pensano che ci voglia un partito centrista: ma un partito non si inventa a tavolino, o c’è o non c’è.
    In quel caso c’è qualcosa da recuperare nei 5 stelle?
    C’è una destra estrema molto pericolosa. Il problema centrale è la battaglia per la democrazia e le libertà, perché oggi questo è in discussione. E la questione sociale si è innervata con quella della libertà e della democrazia. Dunque i 5 stelle sono emendabili? Non lo so, se saranno un partito minore, se sparisce Di Maio e torna a fare quello che faceva – cioè niente -, se si sganciano da Rousseau e dalla dipendenza da Casaleggio. Forse la sconfitta può innescare processi che ora non possiamo rivedere.

    Dicevi che la destra nazionalista è pericolosa. Questa legislatura ci lascia istituzioni indebolite, come ha detto Rino Formica a questo giornale?
    In questa legislatura il parlamento non ha contato niente, tranne che per fare le leggi che servivano a Salvini. L’occupazione dell’informazione pubblica è sfacciata, basta guardare il Tg2. Ci sono le minacce ai giornalisti. Davanti al cronista di Repubblica (Lo Muzio, che ha ripreso il figlio di Salvini su una moto d’acqua della polizia, ndr) Salvini poteva chiedere scusa. E invece no, ha voluto dare un segnale: per i giornalisti che non sono servi c’è il disprezzo, il tentativo di ammutolirli. Questi miserabili dei grillini hanno tentato di uccidere Radio Radicale, il manifesto, l’Avvenire, i giornali locali. Quello che è avvenuto in questa legislatura è la premessa a possibili sviluppi peggiori.

    Ora Salvini chiede agli elettori: «Datemi pieni poteri». Cosa vuol dire questa frase?
    Ecco, l’altro problema, che per me è il principale del sistema democratico italiano, è un pauroso abbassamento della cultura politica di massa. Un bracciante siciliano dei miei tempi aveva più cultura politica di quanta ne abbia Conte o Di Maio.

    La tanto criticata educazione politica dei vecchi partiti non erano le Frattocchie, era il rapporto con le masse popolari, che ora si chiama ‘il territorio’. C’erano i giornali delle forze politiche, le riviste, le sezioni, si parlava con le persone. Tutto questo è finito, non da oggi, da trent’anni.
     Oggi i politici parlano alla pancia perché alla testa non parla nessuno. Oggi non si conosce e non si riflette su cosa succede nel resto mondo.
    Sulla «situazione internazionale», come si diceva ai tempi del Pci?
    Perché si sapeva che c’era un rapporto con la realtà che vivevi. Ecco, un’altra istituzione in pericolo è in Europa. Non so se Salvini pensa all’uscita dell’Italia dall’Unione, ma ha già annunciato che la conflittualità antieuropea sarà durissima. Ho letto sul Corriere l’intervista a Bannon. Rivela i rapporti con l’estrema destra americana e con Putin. Tutte forze antieuropee.

    Salvini è eterodiretto?
    Non dico questo, ma ha un’ispirazione politica nelle forze di estrema destra in America. E con Putin, che vuole fottere l’Europa.

    Tu sei amico di un presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, considerato molto interventista. L’attuale presidente Mattarella ha un altro stile. Ma credi che ci sia bisogno di una sua azione più esplicita?
    Conosco bene Mattarella. È un democratico, uno su cui il paese può fare affidamento. Forse non è riuscito ad avere uno staff all’altezza. E in una situazione del genere, glielo dico con grande amicizia, il presidente della Repubblica deve usare le sue competenze costituzionali fino in fondo. Se è vero quello che penso sui pericoli che corre il paese, certo al presiedente si pongono problemi seri e nuovi. La garanzia di alcune istituzioni, compreso ruolo del parlamento, si porrà in maniera più acuta. Ma ho fiducia che lui possa affrontare questi temi con energia. Non è un pavido, nel 1990 non esitò a dimettersi da ministro (contro la legge Mammì, ndr).

    E siamo arrivati al Pd. 
    Ma la storia comincia con il Pds e i Ds. L’obiettivo del governo era un problema importante per gli eredi di un partito, il Pci, che era stato sempre fuori dal governo, tranne che subito dopo la Liberazione e poi con Moro, nell’area di governo. Ma non poteva essere l’unico obiettivo: quei dirigenti non hanno più posto attenzione ai processi sociali, culturali e sociali. Altrimenti non si spiega che sia avanzata questa destra, anche nel Mezzogiorno dove la Lega tifava per l’Etna e il Vesuvio. È avvenuto un processo in cui le generazioni che c’erano e quelle che sono venute dopo hanno perso le fondamenta di una forza democratica di sinistra. È stata spazzata via la presenza nel territorio, il rapporto personale, nei quartieri, nelle fabbriche, nella scuola. Oggi c’è la rete, ma non basta. Obama faceva comizi, anche piccoli. Così Sanders e i democratici. Comizi in camicia come li facevamo noi negli anni 50 e 60. Salvini l’ha capito, infatti è l’unico che fa ancora comizi.

    Il segretario Zingaretti intanto fa appello all’unità del partito. Renzi riuscirà ad accettarlo?
    Lo spero. Con lui non ho mai parlato. Non nego che abbia delle qualità. Ma da come interviene si capisce che non ha esaminato autocriticamente le ragioni della sua caduta. Continua a dare le responsabilità agli altri, non vede il suo eccessivo personalismo. Da questo punto di vista non ha riflettuto. Invece dovrebbe. Potrebbe avere un avvenire politico, ma dentro una forza politica. Così si faceva nella Dc, visto che viene da lì. I ‘cavalli di razza’ si alternavano, Moro, Fanfani, De Mita. Fra loro c’è stata competizione, a momenti anche molto dura, ma avevano capito che se si spaccavano finivano. Dopo il ’ 68 Moro, che era stato presidente del consiglio, fu messo fuori dai dorotei; lui fece una corrente e al congresso prese il 7 per cento. Poi però diventò presidente del consiglio e capo del partito fino a quando fu rapito e ucciso. Questa è la dialettica.

    Non so se l’ha capito Renzi: se spacca, darà certo un colpo al Pd ma anche lui conterà niente. Se ne è capace, deve reggere una dialettica: competa, il futuro non lo sa nessuno.
    Zingaretti ha i numeri per questa fase così delicata? 
    Oggi in tutto il mondo politico non c’è più il meglio: i grandi partiti, i Togliatti, i De Gasperi, i Moro e i Nenni. Siamo in piena crisi della politica, altrimenti non avremmo i Di Maio e i Salvini. E la sinistra vive in questa crisi. Quindi bisogna stare attenti a quello che c’è, valutare quello che è possibile. Zingaretti è il meno peggio che oggi il Pd possa esprimere. Ha equilibro, sensibilità, un minimo di cultura politica, ha fatto il parlamentare europeo, ha fatto bene presidente di regione. Io non sono iscritto al Pd, ho scritto un libro che si intitola «Al capolinea» e per me il Pd soffre il modo com’è nato. Ma siccome ora non c’è altro – ripeto: non c’è altro – dico a tutti che demolirlo significa rafforzare la destra. Quindi bisogna semmai dare argomenti, suggerire temi, mettere in campo questioni, anche fuori dal partito. E bisogna avere la capacità di cogliere quello che di positivo c’è fuori dal partito. Avere molta attenzione a l mondo sindacale: il Pd, e non solo Renzi, ha la responsabilità di non averlo capito. E in Italia la questione sociale si intreccia alla questione dell’immigrazione. Perché la questione sociale resta sempre essenziale per una forza di sinistra.